Forse è presto per dire che l’Italia sia tornata grande. Sicuramente non ci siamo sentiti grandi in quell’interminabile recupero, nella bolgia di Leverkusen, mentre l’arbitro Gil Manzano sceglieva di non andare nemmeno a rivedere al Var l’entrata in ritardo di Cristante che poteva costarci anche questa qualificazione. Ma oggi un pareggio vale d’oro. L’Italia esce indenne dalla sfida contro l’Ucraina: conquista lo 0-0 sul campo neutro in Germania, difende la vittoria di San Siro all’andata e il secondo posto nel girone. Gli azzurri campioni d’Europa in carica difenderanno il titolo ad Euro 2024.
La grande paura è passata. La nazionale di Spalletti non è mancata nella serata decisiva. Una partita dai ritmi altissimi ed emozioni folli, pur senza gol e vere grandi occasioni. Una finale. Anzi meglio, uno spareggio. Che gli azzurri hanno anche ben giocato, per almeno un tempo, e poi solo sofferto, quanto si doveva per la posta in palio. Una semplice qualificazione agli Europei. L’obiettivo minimo, che forse è anche quello massimo in questo momento per il nostro calcio.
Ancora una volta si sono visti tutti i limiti di una squadra con poco talento (quasi solo quello di Chiesa, unico faro azzurro, e Barella), e sulle spalle il peso delle disfatte recenti. Ma anche buone idee, il tentativo di giocare quasi a tre in fase di impostazione, con gli esterni alti larghissimi per esaltare i tagli di Dimarco, l’arma tattica di una nazionale con poche altre frecce al proprio arco. E poi soprattutto il coraggio. Lo stesso che ad esempio non è mancato a Spalletti per gettare nella mischia il semi-esordiente Buongiorno al centro della difesa: dopo un avvio difficile, e nonostante un cartellino giallo immediato, il centrale del Torino è stato perfetto insieme al compagno di reparto Acerbi. La retroguardia azzurra alla fine avrà concesso solo un paio tiri dalla distanza e uno svarione in mezzo all’area, creando molto di più. E allora perché tutta questa paura.
Perché nonostante una buona prestazione, quel risultato in bilico ha messo a rischio per davvero e fino all’ultimo una qualificazione che rischiava di farci precipitare un’altra volta nell’incubo degli spareggi. Di apprezzabile rimane comunque la voglia di giocare a calcio. L’Italia aveva due risultati su tre, l’Ucraina poteva solo vincere ma in campo non si è visto. Fino a quando hanno tenuto schemi tattici e mentali, sono stati gli azzurri a fare la partita. E gli avversari ad aspettare, puntando su recupero palla e ripartenza, sfruttando la velocità di Mudryk. L’Italia soffre all’inizio ma è brava a non farsi trascinare nella bolgia di Leverkusen e delle proprie paure. Prende il pallino e alla mezz’ora, sul primo strappo di Chiesa, costruisce la grande occasione di Frattesi, che arriva solo davanti al portiere ma si stampa su Trubin. Raspadori non manca di un soffio l’appuntamento con il cross del solito Chiesa. Ancora quasi di sfondamento, con l’esterno juventino, con Barella, gli azzurri si arrivano spesso in area. All’intervallo il vantaggio sarebbe più che meritato. Invece il punteggio è ancora pericolosamente in bilico.
Il cambio immediato di Scamacca per Raspadori non paga. Nella ripresa l’Italia in avanti perde la capacità di legare il gioco e non guadagna nulla. Più passano i minuti, più aumenta la tensione, l’ansia spasmodica del match. Si vede tutta nell’uscita a vuoto di Donnarumma su una semplice rimessa laterale: il portiere regala a Mudryk la palla buona e poi rimedia. Dopo un’assenza ingiustificata di quasi un’ora l’Ucraina ha ricominciato a spingere. Le pelle perse degli azzurri cominciano a moltiplicarsi, anche Chiesa – per distacco il migliore in campo – ha finito la benzina. Non resta che soffrire fino alla fine.
L’Italia in fondo non ha rischiato quasi nulla. Fino al recupero, quando Cristante entra in ritardo su Mudryk in piena area, e lo sfiora, lui si lascia andare. Le proteste degli ucraini cadono nel vuoto, l’arbitro Gil Manzano non va nemmeno al Var. L’Italia si qualifica anche così agli Europei. Quanta paura.