Una volta c’erano gli hooligans, ma i tifosi che passano il segno continuano a esserci. Un team di scienziati ha deciso di indagare con la risonanza magnetica sulla attività cerebrale dei tifosi ‘sfegatati’ di calcio durante la partita della squadra del cuore. I ricercatori hanno scoperto diversi modelli di attivazione durante la visione del match, che possono innescare emozioni e comportamenti positivi e negativi. Le implicazioni di questi risultati – sono convinti gli autori dello studio – potrebbero estendersi oltre lo sport, fornendo informazioni cruciali sul fanatismo in generale, quindi anche in altri settori, come la politica.

La ricerca è fra le protagoniste del meeting annuale della Radiological Society of North America (Rsna), in programma dal 26 novembre a Chicago. Obiettivo “far luce sui comportamenti e sulle dinamiche associate alla rivalità estrema, all’aggressività e all’affiliazione sociale all’interno e tra gruppi di fanatici”, illustra l’autore principale Francisco Zamorano Mendieta, ricercatore del Dipartimento di Imaging della Clínica Alemana de Santiago e professore associato dell’Universidad San Sebastián di Santiago, in Cile. Perché il calcio? Perché gli appassionati del pallone sono noti per la lealtà alla squadra e l’entusiasmo, in particolare in Europa e Sud America, fanno notare i ricercatori. Le rivalità sono profondamente radicate nella storia dello sport, continuano, e i tifosi possono essere molto protettivi nei confronti della squadra ‘di casa’ e dei loro giocatori preferiti, provano una vasta gamma di emozioni guardando la loro squadra avere successo o fallire nel corso di una partita, esultando quando segna, infuriandosi per gli errori.

“Il ‘fandom’ sportivo, l’universo dei fan, offre un’opportunità unica per analizzare come l’intensa devozione influisce sull’attività neurale in un contesto meno controverso” rispetto ad “altre arene” come quelle delle “posizioni politiche, della lealtà elettorale, dell’etnia o della spiritualità”, chiarisce Zamorano, e permette di “evidenziare in particolare il ruolo delle emozioni negative, i relativi meccanismi di controllo inibitorio e le possibili strategie adattative”

Per ottenere alcune informazioni sui meccanismi cerebrali dietro i comportamenti dei tifosi, Zamorano e colleghi hanno reclutato 43 volontari maschi sani, tifosi delle due squadre di calcio cilene più popolari, considerate super rivali fra loro. I partecipanti sono stati divisi in due gruppi, 22 sostenitori di una squadra e 21 della rivale. Tutti hanno completato un sondaggio per determinare un punteggio di ‘fanatismo calcistico’ e sono stati sottoposti a valutazioni psicologiche. A tutti è stata infine presentata una raccolta di partite contenenti 63 gol. Mentre i partecipanti guardavano i video, la loro attività cerebrale veniva misurata utilizzando la risonanza magnetica funzionale, tecnica di imaging non invasiva che rileva i cambiamenti nel flusso sanguigno del cervello.

Risultato: “Quando la squadra del cuore vince, viene attivato il sistema di ricompensa nel cervello – spiega Zamorano – Quando perde si può attivare invece la rete di mentalizzazione, che porta il tifoso in uno stato introspettivo. Ciò potrebbe mitigare parte del dolore della perdita. Abbiamo anche osservato l’inibizione dell’hub cerebrale che collega il sistema limbico con le cortecce frontali, ostacolando il meccanismo che regola il controllo cognitivo e aumentando la probabilità di cadere in comportamenti dirompenti o violenti”. Secondo Zamorano, i risultati potrebbero far luce sulle dinamiche che si verificano in tutte le posizioni sociali.

“Le persone – ragiona lo scienziato – desiderano intrinsecamente connessioni sociali, che sia attraverso l’appartenenza a un club di runner o alla partecipazione a un gruppo di discussione di libri o all’impegno in forum virtuali. Mentre questi legami sociali spesso si formano attorno a valori e interessi condivisi, può esserci anche un elemento di proselitismo persuasivo, o ‘pensiero di gruppo‘ che può dare origine a credenze irragionevoli e discordie sociali”. Zamorano ritiene che lo zelo riscontrato tra alcuni appassionati di sport possa servire da esempio valido di intenso investimento emotivo, comportamento aggressivo occasionale e razionalità compromessa. “Comprendere la psicologia dell’identificazione e della competizione di gruppo – evidenzia – può far luce sui processi decisionali e sulle dinamiche sociali, portando a una comprensione più completa di come funzionano le società”.

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