Voleva riposare per sempre insieme ai suoi compagni: Fidel Castro, Che Guevara e tutti gli altri. Finalmente la sua volontà sarà realizzata. Le ceneri di Gino Donè, partigiano italiano e unico europeo ad aver partecipato alla Rivoluzione cubana, verranno portate a L’Avana, dove sarà celebrato dalle più alte cariche dello Stato come un eroe. Una storia incredibile, quella di Gino Donè, morto nel 2008 a 84 anni. E poco conosciuta. Eppure, tra le fila della Resistenza contro i nazifascisti in Veneto e lo sbarco in terra cubana insieme agli altri 81 del Granma – la motonave divenuta iconica nella storia della Revolución – c’è tanto da raccontare su quello che Fidel chiamava “El italiano”. Una vita avventurosa, fatta di sacrifici, umiltà, lavoro. Ma anche di lotta e di viaggi, tra l’Europa e l’America Latina in particolare. Ora, grazie all’Associazione nazionale d’amicizia Italia-Cuba e alla sua famiglia, Gino Donè potrà attraversare per l’ultima volta l’Atlantico.
Dalla Resistenza alla Revolución- Nato a San Biagio di Callalta (Treviso) il 18 maggio 1924, Gino Donè crebbe in povertà. A tre anni si trasferì con la famiglia di braccianti nel Sandonatese, nord della provincia di Venezia. Dopo le scuole divenne militare. L’8 settembre 1943, data dell’armistizio, era a Pola, in Istria. Da lì tornò via mare a Venezia e si unì alla Resistenza con la Brigata partigiana Piave. Partecipò a diverse battaglie e quando arrivarono gli Alleati si unì alla missione Nelson, aiutando gli angloamericani a combattere e sconfiggere i nazifascisti in Veneto. Nel 1946, finita la guerra, Donè venne premiato con un encomio solenne da parte del generale in capo britannico Harold Alexander. L’anno dopo fu tra i fondatori della sezione provinciale di Venezia dell’Anpi. Poi, complice la disoccupazione, decise di girare il mondo. Prima in Europa: Francia, Belgio, Germania, dove lavorò come minatore, cameriere, muratore. Poi in America: si imbarcò su una nave mercantile e raggiunse il Canada. Da lì si spostò a Cuba. Nella capitale, L’Avana, dove lavorò come carpentiere, e poi a Santa Clara e a Trinidad, dove sposò Norma Turino Guerra.
Fu lì, grazie alla conoscenza di Aleida March de la Torre – amica di sua moglie e futura seconda moglie di Che Guevara – che Gino Donè entrò in contatto con il movimento clandestino “26 luglio”, guidato da Fidel Castro. A quella data, nel 1953, era infatti legato l’assalto alla caserma Moncada a Santiago, nell’Oriente cubano. Un attacco fallito, ma che segnò l’inizio della rivoluzione dei barbudos. Erano gli anni in cui Fulgencio Batista, con l’appoggio degli Stati Uniti, instaurava una dittatura nell’isola caraibica. Quando Fidel Castro, dopo l’arresto, l’amnistia e la fuga in Messico, venne a sapere che a Trinidad c’era un italiano che sapeva usare molto bene le armi e aveva combattuto durante la Liberazione in patria, lo fece mandare a chiamare in Messico (“Mandatemi l’italiano”). Donè, “bruciato” dai batistiani e costretto alla clandestinità, raggiunse i guerriglieri che preparavano una spedizione via mare, rendendosi utile nell’addestramento militare. Tra i suoi compagni, oltre a Fidel e Raúl Castro, c’erano Camilo Cienfuegos e l’argentino Ernesto Guevara, che alcuni già chiamavano Che.
Quando si trattò di imbarcarsi sul piccolo Granma, il 25 novembre 1956, Fidel volle che a bordo ci fosse anche Donè: 82 membri, tutti cubani tranne un messicano, un dominicano, un argentino (il Che) e “l’italiano”. Da Tuxpan, in Messico, i ribelli raggiunsero Cuba naufragando a Playa Las Coloradas. Nel caos, Gino Donè aiutò Che Guevara, in preda a un attacco d’asma. Non fu un successo: l’esercito li scoprì e aprì il fuoco tre giorni dopo ad Alegría del Pío, mettendo in fuga i guerriglieri. Il resto è storia: dalle montagne della Sierra Maestra i ribelli si riorganizzarono, conquistando Cuba e mettendo in fuga Batista col sostegno della popolazione, fino al trionfo della Rivoluzione, il 1° gennaio 1959. Ma Gino Donè non partecipò all’avanzata trionfale: di lui si persero le tracce dalla fuga sulla Sierra Maestra. Si dice sia tornato clandestinamente a Trinidad, senza più combattere ma senza abbandonare il sostegno alla causa rivoluzionaria. Un mistero i decenni successivi, di cui si sa che Donè visse in Florida, risposandosi dopo la morte della prima moglie. Vari i tentativi di tornare a Cuba, ma senza successo per motivi burocratici.
“El italiano”: il ricordo e gli onori a Cuba- Quel che è certo è che tra gli anni ’90 e 2000 riuscì finalmente a tornare più volte nella sua amata Cuba, incontrando i vecchi compagni del Granma, da Ramiro Valdés a Fidel Castro. Un incontro, quest’ultimo, particolarmente emozionante per “l’italiano”, che alla vista del “Comandante” disse: “Io sarò con te fino alla mia ultima goccia di sangue”. “Ne è passato di tempo, ma finalmente eccoci qui”, rispose Fidel abbracciando calorosamente Gino Donè, decorato e ricordato anche nel Museo de la Revolución all’Avana, dove compare in un album ingiallito tra gli 82 del Granma, con un ritratto tondo e il suo nome. Tra i viaggi a Cuba degli ultimi anni, molti furono organizzati dall’Associazione Italia-Cuba, cui Donè si iscrisse una volta rientrato in Italia, a San Donà di Piave (Venezia), dalla famiglia. “Una persona molto riservata, schiva”, è il ricordo per Ilfattoquotidiano.it di Marco Papacci, presidente dell’associazione. “Lo cercammo subito e lui si mise a disposizione, partecipando a centinaia di incontri su tutto il territorio nazionale, finché è rimasto in vita”. Donè morì il 22 marzo 2008 a San Donà di Piave. In occasione del suo funerale furono recapitate due corone di rose rosse, una da parte di Fidel Castro e una dell’Ambasciata cubana in Italia.
È stata la famiglia di Donè, tramite il proprio avvocato, a contattare l’Associazione Italia-Cuba. “Gino aveva espresso la volontà di essere cremato e sepolto insieme ai suoi compagni granmisti, nel Pantheon delle forze armate cubane”, spiega Papacci. E così, tra varie procedure burocratiche interrotte dal Covid, le ceneri di Gino Donè sono state consegnate alla storica associazione di amicizia tra i due paesi, nata nel 1961 dopo l’invasione alla Baia dei porci fallita dai controrivoluzionari. Il 27 novembre una delegazione partirà dall’Italia portando l’urna contenente le ceneri di Donè. Il 2 dicembre, giorno delle forze armate cubane e anniversario dello sbarco del Granma, Donè verrà tumulato e celebrato alla presenza delle più alte cariche dello Stato. Forse dello stesso Raúl Castro, uno dei quattro granmisti ancora in vita. Un ultimo viaggio reso possibile anche grazie alla collaborazione dell’Ambasciata cubana in Italia e del circolo Vittorio Tommasi di Venezia, sezione locale dell’Associazione Italia-Cuba, dove Donè era iscritto. “C’è una fotografia storica che ritrae l’abbraccio tra Gino Donè e Fidel Castro – anticipa Marco Papacci – Questa sarà l’immagine della tessera dell’Associazione Italia-Cuba nel 2024”. Quando cadrà il centenario della nascita di Gino Donè.
Mondo
Le ceneri del partigiano italiano Gino Doné che partecipò alla rivoluzione cubana con Castro e Guevara in viaggio verso Cuba. La storia
Voleva riposare per sempre insieme ai suoi compagni: Fidel Castro, Che Guevara e tutti gli altri. Finalmente la sua volontà sarà realizzata. Le ceneri di Gino Donè, partigiano italiano e unico europeo ad aver partecipato alla Rivoluzione cubana, verranno portate a L’Avana, dove sarà celebrato dalle più alte cariche dello Stato come un eroe. Una storia incredibile, quella di Gino Donè, morto nel 2008 a 84 anni. E poco conosciuta. Eppure, tra le fila della Resistenza contro i nazifascisti in Veneto e lo sbarco in terra cubana insieme agli altri 81 del Granma – la motonave divenuta iconica nella storia della Revolución – c’è tanto da raccontare su quello che Fidel chiamava “El italiano”. Una vita avventurosa, fatta di sacrifici, umiltà, lavoro. Ma anche di lotta e di viaggi, tra l’Europa e l’America Latina in particolare. Ora, grazie all’Associazione nazionale d’amicizia Italia-Cuba e alla sua famiglia, Gino Donè potrà attraversare per l’ultima volta l’Atlantico.
Dalla Resistenza alla Revolución- Nato a San Biagio di Callalta (Treviso) il 18 maggio 1924, Gino Donè crebbe in povertà. A tre anni si trasferì con la famiglia di braccianti nel Sandonatese, nord della provincia di Venezia. Dopo le scuole divenne militare. L’8 settembre 1943, data dell’armistizio, era a Pola, in Istria. Da lì tornò via mare a Venezia e si unì alla Resistenza con la Brigata partigiana Piave. Partecipò a diverse battaglie e quando arrivarono gli Alleati si unì alla missione Nelson, aiutando gli angloamericani a combattere e sconfiggere i nazifascisti in Veneto. Nel 1946, finita la guerra, Donè venne premiato con un encomio solenne da parte del generale in capo britannico Harold Alexander. L’anno dopo fu tra i fondatori della sezione provinciale di Venezia dell’Anpi. Poi, complice la disoccupazione, decise di girare il mondo. Prima in Europa: Francia, Belgio, Germania, dove lavorò come minatore, cameriere, muratore. Poi in America: si imbarcò su una nave mercantile e raggiunse il Canada. Da lì si spostò a Cuba. Nella capitale, L’Avana, dove lavorò come carpentiere, e poi a Santa Clara e a Trinidad, dove sposò Norma Turino Guerra.
Fu lì, grazie alla conoscenza di Aleida March de la Torre – amica di sua moglie e futura seconda moglie di Che Guevara – che Gino Donè entrò in contatto con il movimento clandestino “26 luglio”, guidato da Fidel Castro. A quella data, nel 1953, era infatti legato l’assalto alla caserma Moncada a Santiago, nell’Oriente cubano. Un attacco fallito, ma che segnò l’inizio della rivoluzione dei barbudos. Erano gli anni in cui Fulgencio Batista, con l’appoggio degli Stati Uniti, instaurava una dittatura nell’isola caraibica. Quando Fidel Castro, dopo l’arresto, l’amnistia e la fuga in Messico, venne a sapere che a Trinidad c’era un italiano che sapeva usare molto bene le armi e aveva combattuto durante la Liberazione in patria, lo fece mandare a chiamare in Messico (“Mandatemi l’italiano”). Donè, “bruciato” dai batistiani e costretto alla clandestinità, raggiunse i guerriglieri che preparavano una spedizione via mare, rendendosi utile nell’addestramento militare. Tra i suoi compagni, oltre a Fidel e Raúl Castro, c’erano Camilo Cienfuegos e l’argentino Ernesto Guevara, che alcuni già chiamavano Che.
Quando si trattò di imbarcarsi sul piccolo Granma, il 25 novembre 1956, Fidel volle che a bordo ci fosse anche Donè: 82 membri, tutti cubani tranne un messicano, un dominicano, un argentino (il Che) e “l’italiano”. Da Tuxpan, in Messico, i ribelli raggiunsero Cuba naufragando a Playa Las Coloradas. Nel caos, Gino Donè aiutò Che Guevara, in preda a un attacco d’asma. Non fu un successo: l’esercito li scoprì e aprì il fuoco tre giorni dopo ad Alegría del Pío, mettendo in fuga i guerriglieri. Il resto è storia: dalle montagne della Sierra Maestra i ribelli si riorganizzarono, conquistando Cuba e mettendo in fuga Batista col sostegno della popolazione, fino al trionfo della Rivoluzione, il 1° gennaio 1959. Ma Gino Donè non partecipò all’avanzata trionfale: di lui si persero le tracce dalla fuga sulla Sierra Maestra. Si dice sia tornato clandestinamente a Trinidad, senza più combattere ma senza abbandonare il sostegno alla causa rivoluzionaria. Un mistero i decenni successivi, di cui si sa che Donè visse in Florida, risposandosi dopo la morte della prima moglie. Vari i tentativi di tornare a Cuba, ma senza successo per motivi burocratici.
“El italiano”: il ricordo e gli onori a Cuba- Quel che è certo è che tra gli anni ’90 e 2000 riuscì finalmente a tornare più volte nella sua amata Cuba, incontrando i vecchi compagni del Granma, da Ramiro Valdés a Fidel Castro. Un incontro, quest’ultimo, particolarmente emozionante per “l’italiano”, che alla vista del “Comandante” disse: “Io sarò con te fino alla mia ultima goccia di sangue”. “Ne è passato di tempo, ma finalmente eccoci qui”, rispose Fidel abbracciando calorosamente Gino Donè, decorato e ricordato anche nel Museo de la Revolución all’Avana, dove compare in un album ingiallito tra gli 82 del Granma, con un ritratto tondo e il suo nome. Tra i viaggi a Cuba degli ultimi anni, molti furono organizzati dall’Associazione Italia-Cuba, cui Donè si iscrisse una volta rientrato in Italia, a San Donà di Piave (Venezia), dalla famiglia. “Una persona molto riservata, schiva”, è il ricordo per Ilfattoquotidiano.it di Marco Papacci, presidente dell’associazione. “Lo cercammo subito e lui si mise a disposizione, partecipando a centinaia di incontri su tutto il territorio nazionale, finché è rimasto in vita”. Donè morì il 22 marzo 2008 a San Donà di Piave. In occasione del suo funerale furono recapitate due corone di rose rosse, una da parte di Fidel Castro e una dell’Ambasciata cubana in Italia.
È stata la famiglia di Donè, tramite il proprio avvocato, a contattare l’Associazione Italia-Cuba. “Gino aveva espresso la volontà di essere cremato e sepolto insieme ai suoi compagni granmisti, nel Pantheon delle forze armate cubane”, spiega Papacci. E così, tra varie procedure burocratiche interrotte dal Covid, le ceneri di Gino Donè sono state consegnate alla storica associazione di amicizia tra i due paesi, nata nel 1961 dopo l’invasione alla Baia dei porci fallita dai controrivoluzionari. Il 27 novembre una delegazione partirà dall’Italia portando l’urna contenente le ceneri di Donè. Il 2 dicembre, giorno delle forze armate cubane e anniversario dello sbarco del Granma, Donè verrà tumulato e celebrato alla presenza delle più alte cariche dello Stato. Forse dello stesso Raúl Castro, uno dei quattro granmisti ancora in vita. Un ultimo viaggio reso possibile anche grazie alla collaborazione dell’Ambasciata cubana in Italia e del circolo Vittorio Tommasi di Venezia, sezione locale dell’Associazione Italia-Cuba, dove Donè era iscritto. “C’è una fotografia storica che ritrae l’abbraccio tra Gino Donè e Fidel Castro – anticipa Marco Papacci – Questa sarà l’immagine della tessera dell’Associazione Italia-Cuba nel 2024”. Quando cadrà il centenario della nascita di Gino Donè.
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Milano, 12 feb. (Adnkronos) - Il conto in Olanda dove sono stati sequestrati i soldi versati da Massimo Moratti, nell'ambito di una truffa in cui è stato usato il nome del ministro della Difesa Massimo Crosetto, risulta intestato a più persone straniere su cui ora sono in corso gli accertamenti per verificarne l'esistenza e anche per capire eventuali collegamenti con altri soggetti. E' quanto si apprende da fonti investigative.
In particolare, da quanto emerge, sul conto olandese risultano versati i 980mila euro della truffa al presidente di Saras, soldi che il gruppo avrebbe tentato di spostare altrove, ma la tempistica non ha giocato a loro favore e il 'congelamento' del denaro è arrivato prima.
In attesa degli esiti delle rogatorie, si attendono già domani, in procura a Milano si continua a lavorare anche sui numeri telefonici usati per mettere a segno i plurimi tentativi di truffa - ora usando il nome del ministro o del suo staff - nei confronti del gotha dell'imprenditoria e della finanza.
Roma, 12 feb. (Adnkronos) - Sicurezza negli stadi, contrasto alla criminalità e prevenzione dei comportamenti illeciti. Sono le tematiche al centro del tavolo presieduto dai ministri dell’Interno e per lo Sport e i giovani, Matteo Piantedosi e Andrea Abodi che hanno incontrato i presidenti di Figc Gabriele Gravina, Lega serie A, Ezio Simonelli, Lega nazionale professionisti serie B, Paolo Bedin, Lega italiana calcio professionistico, Matteo Marani, Lega nazionale dilettanti, Giancarlo Abete. Presenti anche il sottosegretario all’Interno Nicola Molteni, il capo della Polizia, Vittorio Pisani e il presidente dell’Osservatorio sulle manifestazioni sportive, Mario Improta.
La riunione è stata l’occasione per proseguire il confronto già avviato su proposte e iniziative da mettere in campo congiuntamente. L’obiettivo rimane quello di tutelare le tifoserie sane e di individuare in maniera chirurgica coloro che vanno allo stadio per attuare comportamenti criminali e violenti, assicurando un ambiente più sicuro e vivibile per tutti gli appassionati. Il tavolo ha anche discusso di azioni concrete per contrastare le scommesse illegali e per arginare il fenomeno della pirateria audiovisiva, sanzionando i fruitori dei contenuti illegali. Prossimo incontro tra un mese. Così una nota congiunta dei ministri dell'Interno e per lo Sport e i giovani.
Londra, 12 feb. (Adnkronos) - Non sarà consentito l'alcol ai Mondiali del 2034 in Arabia Saudita. Lo ha dichiarato l'ambasciatore saudita nel Regno Unito, il principe Khalid bin Bandar Al Saud. I tifosi che assisteranno al torneo non potranno trovare bevande alcoliche negli hotel, nei ristoranti o negli stadi. L'Arabia Saudita è un paese differente dal Qatar, dove l'alcol era disponibile in alcuni posti durante i Mondiali del 2022, e non ci saranno eccezioni per questo torneo. "Al momento, non consentiamo l'alcol", ha detto Al Saud a LBC.
"Ci si può divertire molto senza alcol, non è necessario al 100% e se vuoi bere dopo essere andato via, sei il benvenuto, ma al momento non abbiamo alcol. Un po' come il nostro clima, è un paese secco". L'Arabia Saudita è stata confermata come paese ospitante della Coppa del Mondo a dicembre, nonostante le preoccupazioni sui diritti umani. Alla domanda se i tifosi gay di calcio sarebbero stati al sicuro nel paese, Al Saud ha aggiunto: "Daremo il benvenuto a tutti in Arabia Saudita. Non è un evento saudita, è un evento mondiale. E in larga misura, daremo il benvenuto a chiunque voglia venire".
Roma, 12 feb. (Adnkronos) - Le attiviste del Referendum Cittadinanza hanno lanciato un appello via social alle artiste e agli artisti che in questi giorni si esibiranno sul palco del Festival di Sanremo: dire Sì all’Italia che riconosce tutte le sue figlie e tutti i suoi figli direttamente dall’Ariston. La cantante Giorgia e Brunori Sas sono stati i primi a rispondere all'appello e, insieme alle attiviste di ActionAid Utibe Joseph e Kejsi Hodo, hanno cantato il celebre brano di Toto Cutugno L'Italiano.
Gli artisti, poi, hanno ricevuto in dono un ciuccio con un nastrino tricolore da portare con sé sul palco, come simbolo di tutti quei figli e figlie d'Italia che non hanno ancora il riconoscimento della cittadinanza. Il referendum cittadinanza ha ricevuto l'ok dalla Corte Costituzionale lo scorso 20 gennaio insieme agli altri 4 quesiti sul lavoro promossi dalla Cgil. Andrà al voto in primavera.
Dopo la bocciatura del quesito sull'Autonomia la sfida del quorum si fa più ardua, ed è per questo che i promotori partono proprio dal più popolare spettacolo televisivo italiano per richiamare l'attenzione del Paese sull'appuntamento referendario. Il referendum cittadinanza è stato promosso da +Europa, Possibile, Dalla Parte Giusta della Storia, ActionAid, Libera, Arci, Italiani senza Cittadinanza, Conngi, insieme a una grande rete di oltre 70 organizzazioni.
Milano, 12 feb. (Adnkronos) - La competenza territoriale si radica a Milano, da qualunque lato si inquadri la questione. Lo sostiene la Cassazione nelle motivazioni sul caso Visibilia che vede indagata, tra gli altri, la ministra del Turismo Daniela Santanchè con l'ipotesi di truffa aggravata all'Inps in relazione alla cassa integrazione nel periodo Covid. Nel provvedimento, che segue la decisione dello scorso 29 gennaio, si rigetta la richiesta della difesa di considerare singole ipotesi di truffa (e non una truffa continuata) e di radicare la competenza a Roma.
Per il collegio della seconda sezione penale presieduta da Anna Petruzzellis - chiamato a rispondere alla questione sollevata dalla giudice delle indagini preliminari di Milano Tiziana Gueli - dato che la procura meneghina ha rilevato che l'ultima erogazione dei contributi è stata pagata a un dipendente in una banca nel Milanese, "deve essere affermata la competenza territoriale del Tribunale di Milano". Nell'indagine, coordinata dai pubblici ministeri Maria Giuseppina Gravina e Luigi Luzi, risultano coinvolti 13 dipendenti delle due società indagate, Visibilia Concessionaria srl e Visibilia Editore spa, che sarebbero stati messi in cassa integrazione a zero ore senza saperlo (e quindi continuando a lavorare) causando un 'danno' di oltre 126 mila euro versati dall'Inps.
"La soluzione - si legge nella decisione della Cassazione - non cambia nel caso in cui si voglia ancorare la competenza territoriale al momento della richiesta della cassa integrazione, posto che dalla documentazione prodotta in atti risulta che la richiesta è stata inviata alla sede Inps di Milano e che sempre la sede Inps di Milano ha autorizzato la cassa integrazione". Infine, a rafforzare la competenza territoriale il fatto che "avendo le società sede a Milano, il delitto di truffa si è comunque consumato a Milano, al momento della acquisizione dell’ingiusto profitto da parte delle società, che si realizza in concomitanza con la percezione dei contributo da parte dei lavoratori". L'udienza preliminare sul caso Visibilia riprenderà come da calendario il 26 marzo prossimo.
Roma, 12 feb. (Adnkronos) - L'aula della Camera ha approvato la proposta di legge recante 'modifiche alla disciplina della Fondazione Ordine costantiniano di San Giorgio di Parma'. I voti favorevoli sono stati 140, 84 quelli contrari e 3 gli astenuti.
Roma, 12 feb. (Adnkronos) - "Ho visto Sanremo ieri sera, erano anni che non lo vedevo, ma sono rimasto sveglio fino alle 2 per vedermelo tutto. Mi è piaciuto per la qualità espressa, è una vetrina italiana vera. Come ha detto Jovanotti è un po’ come Natale, capodanno, carnevale". Filippo Ricci, direttore creativo della Stefano Ricci Spa, ha commentato così con l'Adnkronos la prima serata del 75esimo Festival di Sanremo e gli outfit del conduttore Carlo Conti creati dalla maison.
Che emozione è stata vedere Carlo Conti con i vostri abiti in apertura del 75esimo Festival della Canzone italiana?
"Siamo abituati a palcoscenici internazionali, ma è la prima volta che saliamo con rispetto sul palco dell'Ariston, tra l'altro con il conduttore e direttore, e quindi è stata una bella emozione. Ero un po' in apprensione che questo outfit gli tornasse bene addosso in una serata movimentata. E' fatto tutto al 100% in Italia, su misura per Carlo, e c'è stato dietro un lavoro di ricerca, insieme a lui, dei tessuti e della costruzione dei modelli in questi mesi, quindi è stato parte proattiva della ricerca e dello sviluppo degli outfit per queste cinque serate", ha spiegato Filippo Ricci.
Che idea avete avuto nello sviluppo degli outfit? Ne utilizzerà uno a serata?
"L'idea che abbiamo avuto, sin dall'inizio, è stata quella di fare un percorso di sartorialità. Noterete che sono tutti outfit abbastanza rigorosi, anche se la qualità dei tessuti conferisce un senso di morbidezza. L'idea era di dare un concetto di eleganza senza tempo perché Sanremo appartiene alla cultura del Paese. Poi ieri sera abbiamo giocato con il colore, il midnight blu, questo blu notte che è ben diverso dal classico nero, anche se ci saranno degli outfit scuri in seguito. Non conosco la sequenza, visto che la deciderà lui con il proprio staff ogni sera. Sono tutti pronti e a disposizione, con un nostro sarto dedicato dietro le quinte. Carlo ha più scelte, ma credo userà un outfit a serata perché da quello che ho visto ieri, nel movimento veloce tra uno spazio e l'altro credo che voglia mantenere un ritmo serrato per le tempistiche sceniche sue".
Quali emozioni ci sono state durante la prima serata del Festival?
"E' stato bello vedere Papa Francesco e ascoltare il suo messaggio, credo che sia la prima volta nella storia del Festival, quindi anche solo quella è stata un'immagine potente. Poi Jovanotti ha provocato una scarica d’energia positiva, da re dell'entertainment", ha spiegato il direttore creativo della Stefano Ricci Spa.
Carlo Conti era preoccupato di non riuscire a valorizzare la classe e la modernità degli smoking, ci è riuscito?
"Ci è riuscito assolutamente, ha un bel portamento, e gli ho detto 'sei proprio un bel modello'. E' un uomo che sa stare sul palcoscenico e vestire dei capi sartoriali. Quello di ieri non era un capo semplicissimo, è una giacca smoking in velluto blu, tra l'altro quello è un jersey di velluto, quindi più morbido, ma lo vestiva molto bene, con i tre pezzi, e sotto aveva un gilet in lana coordinato con il pantalone mohair. Abbiamo voluto fare proprio il tocco estremo di sartorialità con tutto il bordino in raso che è stato fatto su tutto il revere. L'idea era quella di rispettare un percorso abbastanza classico della sartorialità italiana e fiorentina, perché se si va a vedere la spalla, è una vecchia scuola fiorentina il modo di realizzarla in maniera morbida, quindi la giacca è molto leggera".
Queste sera la seconda serata con nuove sorprese?
"Gli abiti sono smoking oppure giacche da cocktail, quindi ci sarà un'alternanza dove Carlo ha possibilità di scelta anche tra cravatta o papillon. Ci hanno scritto in molti sui social, anche dall’estero a conferma di una vetrina internazionale come Sanremo, proprio per avere questa informazione, ed è molto divertente. La cosa interessante è che ci arrivano messaggi da tutto il mondo, perché è il Festival della canzone italiana, è italianissimo, ma lo guardano in America, lo guardano gli italo-americani, lo guardano in Sud America, lo guardano a Est, e comunque la visibilità internazionale è importante. Questo è un palcoscenico di italianità che richiama la musica italiana in generale ma non solo", ha spiegato Filippo Ricci la cui maison vende in tutto il mondo.
I nostri mercati principali?
"Noi produciamo tutto in Italia, ma in Italia vendiamo poco. Noi vendiamo a clienti in tutto il mondo, con le nostre 82 boutique e in Italia ne abbiamo due a Firenze dove è anche la sede dell'azienda, due a Milano, uno a Porto Cervo. Tra i mercati più importanti gli Stati Uniti, le capitali del continente europeo come Londra e Parigi, al Middle East, Dubai, fino alla Cina. A Carlo Conti abbiamo fornito tutto l'outfit, dalle scarpe, alle camicie, e abbiamo anche fatto diversi capi sportivi per le conferenze stampa e gli altri impegni del Festival. Dalle giacche in maglia sportive con le sneaker più casual e abbiamo lavorato insieme per fargli provare un po' di tessuti anche particolari"ha concluso Filippo Ricci. (di Emanuele Rizzi)