“Il colpo di spugna sul salario minimo con delega al governo è l’ennesimo abuso costituzionale, uno dei vari aspetti della morte del parlamentarismo”. Un’accusa senza mezzi termini, quella del giuslavorista Piergiovanni Alleva. Già docente di diritto del Lavoro a Bologna e Ancona, considera pericolosa la trovata della maggioranza che il 16 novembre, in commissione Lavoro alla Camera, ha definitivamente sterilizzato la proposta di legge delle opposizioni sul salario minimo legale, e affidato all’esecutivo il compito di assicurare retribuzioni “giuste ed eque” attraverso una serie di decreti. “L’intenzione è fissare come trattamento minimo quello del contratto collettivo più applicato nella categoria, un concetto fuorviante che consegna l’applicazione del contratto a una scelta datoriale e favorisce i contratti pirata”. Ma quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare e Alleva non si tira indietro: “Quel che Meloni e soci si sono scordati è che, messo alle strette, anche l’animale più indifeso morde”. In altre parole, “recenti sentenze della Cassazione hanno stabilito che la Costituzione vale più dei contratti collettivi, fornendo ai lavoratori uno strumento formidabile che è arrivato il momento di usare”.

Professor Alleva, cos’è accaduto alla Camera?
I decreti delegati sono consentiti dalla Costituzione solo in base a precise direttive, mentre qui il governo assume il ruolo del legislatore: lo si delega a fare alcune cose senza specificare bene come, con l’esame parlamentare ridotto alla ratifica. Tra decreti legge e delegati le leggi ordinarie, quelle discusse dal Parlamento, sono ormai una rarità. Sommato alle intenzioni sul premierato, il quadro è inquietante: ogni 5 anni eleggeremo un dittatore.

Veniamo alla delega, perché la considera pericolosa per i lavoratori?
Per ciascuna categoria, il testo individua come trattamento economico complessivo minimo quello del contratto più diffuso in base al numero delle imprese e dei dipendenti che lo applicano. Facciamo l’esempio del ricatto già visto tante volte: se il datore di lavoro sceglie di applicare il contratto collettivo del sindacato pirata X a tutti i lavoratori, della serie “o questo o niente”, nessuno glielo può impedire. Ed ecco che quel contratto può diventare quello “più applicato”, come dice il testo della delega. Al contrario, la proposta delle opposizioni parlava di contratto sottoscritto dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative.

La differenza?
È l’opposto. Quando parliamo di contratto collettivo, la maggiore rappresentatività rimanda alla reale adesione dei lavoratori a un sindacato. Viceversa, l’applicazione del contratto riflette le scelte del datore circa l’interlocutore sindacale che si sceglie, compresi quelli pirata ai quali la delega apre le porte. Marchionne riuscì a sbattere fuori la Fiom dalla Magneti Marelli, pretendendo di negare i diritti sindacali agli iscritti perché il sindacato non aveva firmato l’accordo. Venne censurato dalla Corte Costituzionale, che nella sentenza 231/2013 sancì come la maggiore rappresentatività riguarda il rapporto tra lavoratori e sindacati, non l’attività contrattuale del datore, perché quella può essere discriminatoria.

Pericolo che si corre con l’impostazione della maggioranza di governo?
Certo, torniamo implicitamente a una rappresentatività in funzione delle scelte dei datori che evidentemente si vogliono determinanti anche sul fronte del trattamento economico minimo.

Il salario minimo legale ce lo possiamo dimenticare?
Stando alle intenzioni dichiarate dalla maggioranza possiamo dire che non cambiano niente. E che il salario minimo resta quello definito dall’articolo 36 della Costituzione: proporzionato alla quantità e qualità del lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa. Ma devi andartelo a conquistare in tribunale.

I giudici potranno ancora metterci bocca se il governo fisserà il salario minimo al trattamento dei contratti più applicati?
Il punto è proprio questo. Per quanto applicato, un contratto collettivo non può imporre un importo retributivo orario non conforme all’articolo 36. Attenzione però: nemmeno la maggiore rappresentatività esime il contratto dal rispetto del dettato costituzionale. Per questo la proposta delle opposizioni fissava una cifra, perché non ci fossero salari incostituzionali come quelli dei 3,5 milioni di lavoratori che prendono meno di 9 euro lordi l’ora nonostante il contratto collettivo.

Ma la Costituzione non fissa alcuna cifra.
Il punto di svolta sono le recenti sentenze della Corte di Cassazione, come quella del 2 ottobre 2023 n. 27711 che stabilisce la superiorità dell’art. 36 su ogni altra norma e, in caso di retribuzione non conforme, il dovere del giudice di fissarne una più alta di quella prevista dal contratto, anche fosse sottoscritto dai sindacati maggiormente rappresentativi. Infine, pur non parlando espressamente dei 9 euro, cita la direttiva Ue 2041/2022 indicando al giudice un criterio: “almeno il 50% del salario medio”, che in Italia può essere calcolato coi dati Uniemens dell’Inps, esattamente ciò che è stato fatto nel progetto di legge delle opposizioni e infatti il risultato è 8,9 euro lordi l’ora.

Quindi già oggi non si dovrebbe guadagnare meno di 9 euro l’ora?
È quello che ci dice la Cassazione in sentenze di importanza storica. Che la Costituzione vale più dei contratti collettivi, non è difficile no?

Tanto vale fare la legge, no?
Qualunque sia il contratto, la Cassazione impone sempre il vaglio di dignità costituzionale, ma devi pur sempre rivolgerti al giudice. Con una legge come quella proposta dalle opposizioni, invece, scatta la possibilità dei recuperi in via amministrativa attraverso l’Ispettorato del lavoro o i nuclei dei Carabinieri.

Il governo è stato chiaro, sono contrari al salario minino fissato per legge.
Questo sarebbe il momento di fare un milione di cause, ora che hai già la Cassazione dalla tua parte. Così li metti subito in crisi.

Come si organizzano un milione di cause?
I sindacati, a livello locale e con le rsu nei luoghi di lavoro, affidano ai loro avvocati fiduciari di imbastire le cause. Un esempio? Le organizzazioni che si occupano del famoso contratto della vigilanza, quello da 5 euro l’ora, portano in tribunale tutti i lavoratori con la sentenza della Cassazione in mano, così vediamo se se la rimangiano. A conti fatti, chi da 15 anni guadagna 3 euro meno di quanto previsto dalla Corte potrebbe agire per farsi restituire 100mila euro. Chiaro l’impatto?

Perché non si è ancora fatto?
Sono avvocato del Lavoro da 46 anni e forse è perché ho vissuto epoche dove per una sanzione disciplinare ingiusta si bloccava l’intera fabbrica. Ma credo ancora che l’unione fa la forza. La Cassazione ha consegnato ai lavoratori uno strumento potente, vista l’aria che tira mi pare sia giunto il momento perché lo usino, in massa. Non costa nulla, ma ci vuole volontà politica e organizzativa da parte dei sindacati.

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Il salario minimo è dignità: il governo ci ripensi e lo introduca – Firma la petizione su IOSCELGO

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