Le opposizioni passano alle barricate. Dopo l’emendamento della maggioranza che butta la palla in tribuna e stravolge la proposta sul salario minimo dei partiti di minoranza (delegando il governo a emanare una serie di decreti per “assicurare ai lavoratori trattamenti retributivi giusti ed equi”), in commissione Lavoro alla Camera Pd, M5s, Alleanza Verdi-Sinistra e Azione puntano sull’ostruzionismo.
In Commissione – Dopo le dichiarazioni dei pareri, sarebbero dovute iniziare le votazioni ma le opposizioni hanno annunciato numerosi interventi per opporsi all’ok del testo presentato dai capigruppo di centrodestra. Le opposizioni hanno anche chiesto la pubblicità dei lavori e lo spostamento della riunione nella più grande sala del Mappamondo. “Qui non ci entriamo, siamo troppi – spiegano fonti Pd -. Ci sono tutte le condizioni per evitare che si voti oggi“. Tutti i deputati dem e tanti altri dell’opposizioni si sono iscritti a parlare. Alla fine i lavori si sono conclusi senza il voto dell’emendamento della maggioranza. Mercoledì i lavori di commissione non si terranno perché si vota la fiducia sul decreto proroghe, quindi la commissione tornerà a riunirsi giovedì.
“Ritirate l’emendamento” – I capigruppo delle opposizioni in commissione Lavoro hanno chiesto, a inizio seduta, “il ritiro dell’emendamento Rizzetto che trasforma la legge di iniziativa parlamentare delle opposizioni in una delega al Governo”: “La maggioranza si confronti con noi sul merito delle proposte anziché mettere tutto nelle mani dell’esecutivo. Il nostro è un appello a liberare l’autonomia del Parlamento“, hanno aggiunto. Il M5s, tra l’altro, chiama in causa direttamente il presidente della commissione Walter Rizzetto di Fratelli d’Italia: “Il suo è un lampante e incredibile conflitto di interessi, visto che sarà proprio Rizzetto a giudicare l’ammissibilità o meno dell’emendamento di cui è primo firmatario. Non ha avuto nemmeno il buon gusto di far firmare l’emendamento ad un suo collega”, spiegano.
Rizzetto: “Battaglia ideologica” – Dalla maggioranza rispondono con un muro contro muro. Rizzetto ha replicato affermando che “l’autonomia del Parlamento è legittimata e straconfermata. Quando il Governo andrà a scrivere i decreti delegati il Parlamento verrà coinvolto con le commissioni, le audizioni e la fase emendativa”. Sulla sua firma all’emendamento sottolinea che “è permesso dal regolamento“. Quanto all’essere intervenuti andando a modificare una proposta di legge in quota opposizione Rizzetto sottolinea: “È successo altre volte. Ho fatto 10 anni all’opposizione e rispetto ad alcuni testi presentati sono stati presentati degli emendamenti abrogativi”. “Noi non diciamo no rispetto al tema dei salari”, ha aggiunto il presidente della Commissione di Fdi: “Diciamo che la proposta delle opposizioni non è la risposta giusta per un tema molto difficile. Dopodiché avevano 12 anni non per approvare ma anche solo per calendarizzare una proposta sui salari, non l’hanno neanche mai calendarizzata: è una battaglia ideologica“, ha concluso.
L’emendamento al Senato – Intanto altre novità arrivano da Palazzo Madama. Con un emendamento unitario delle opposizioni (anche in questo caso con l’unica esclusione dei renziani) alla legge di Bilancio in esame al Senato viene previsto un fondo da 300 milioni in tre anni, da alimentare con 100 milioni l’anno, da destinare al sostegno dei datori di lavoro che adeguano il salario minimo orario all’importo di 9 euro l’ora, soglia prevista nella pdl presentata alla Camera. Nel testo dell’emendamento si legge che “il trattamento economico minimo orario stabilito dal CCNL, non può comunque essere inferiore a 9 euro lordi”. Pertanto, “al fine di contenere i maggiori costi a carico dei datori di lavoro derivanti dagli incrementi retributivi corrisposti ai prestatori di lavoro al fine di adeguare il trattamento economico minimo orario all’importo di 9 euro” viene istituito un ‘Fondo per il salario minimo‘, “con una dotazione complessiva pari a 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026”. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali “è definita la modalità di erogazione del beneficio economico in favore dei datori di lavoro”, che è “progressivamente decrescente e proporzionale agli incrementi retributivi corrisposti”.