C’è un altro pezzo del tessuto industriale di questo Paese che se ne va chiudendo i battenti dopo 66 anni di attività. A essere colpito, di nuovo, è il settore degli elettrodomestici e dell’automotive. Dimezzamento delle attività, per il momento, ma i segnali per il futuro portano dritti a una possibile cancellazione della presenza in Italia. Questa volta a fare i bagagli è Te Connectivity, colosso mondiale nella produzione di terminali e connettori per gli elettrodomestici e le auto: l’azienda ha annunciato la chiusura nel settembre 2025 dello stabilimento di Collegno, in provincia di Torino, attivo dal 1959 prima come AMP quindi come Tyco electronics dal 2002 e da otto anni più tardi in mano a Te Connectivity. Nel sito lavorano 300 persone e i licenziamenti impatteranno su 222 dipendenti. A salvarsi sarà infatti solo una parte di distribuzione.
I licenziamenti per fasi
La decisione – anticipata negli scorsi giorni da Milano Finanza – è dovuta “alla necessità di riorganizzare a livello globale le attività produttive della divisione elettrodomestici”. Tradotto: delocalizzazione. Te Connectivity ha anche annunciato che il piano di licenziamenti “avverrà per fasi” con “l’impegno” a “lavorare con i sindacati per identificare le migliori soluzioni per i dipendenti coinvolti”. Alla luce della data auspicata dalla multinazionale per la definitiva cessazione dell’attività, quindi, manca molto meno di 22 mesi ai primi benservito. Al momento non sono previsti interventi invece nelle sedi di San Salvo (Chieti), Assago (Milano) e Frascati (Roma). Ma nello stabilimento abruzzese, considerata un’eccellenza mondiale per i prodotti in silicone, sono già stati ritardati gli investimenti. Non un bel segnale.
“Azienda in salute”, la rabbia di Fiom e Fim
La mossa di Te Connectivity è dovuta a una crisi aziendale? Tutt’altro. L’azienda gode di ottima salute, compreso il comparto italiano che nel 2022 ha chiuso con 8 milioni di euro di utile. Più semplicemente, come fanno notare Fiom Cgil e Fim Cisl, la produzione di connettori per gli elettrodomestici sarà dirottata negli Usa e in Cina. “Riteniamo la decisione aziendale inaccettabile e incoerente con quanto finora condiviso ai tavoli sindacali ovvero il mantenimento della produzione, dell’occupazione e degli investimenti”, attaccano i sindacati torinesi annunciando anche 8 ore di sciopero con presidio per tutti i turni nella giornata di mercoledì e la richiesta alle segreterie sindacali nazionali “una celere apertura dei tavoli istituzionali”.
“È una delocalizzazione”
La chiusura di Collegno è un fulmine a ciel sereno per i lavoratori: “Lo abbiamo appreso in mattinata dall’azienda, alla quale abbiamo chiesto un incontro dopo l’articolo di Milano Finanza che paventava l’ipotesi di dismissione del sito – spiega Giorgia Perrone, componente della segreteria provinciale della Fiom – In precedenza c’era stato solo un accordo per incentivi all’esodo con il contestuale impegno di investimento nel sito di almeno il 2% del fatturato. Il perimetro occupazionale, insomma, non è mai stato in discussione”. Invece adesso arriva una delocalizzazione di fatto, che segue una strategia aziendale che ha già interessato Svizzera, Gran Bretagna e Spagna.
La richiesta al ministero
“Si tratta di ragionamenti di puro business. In Europa, al momento, esiste solo un trend di fatturato in calo nel settore del bianco, ma non esistono problemi immediati e Te Connectivity è un gruppo ampio e solido”, spiega Perrone. L’attesa si sposta ora sull’interessamento del governo: “Verrà applicata normativa sulle delocalizzazioni, quindi ci aspettiamo una convocazione al Mimit e un interessamento forte del ministero, affinché si faccia promotore di forme di pressione sul gruppo per mantenere la produzione”, aggiunge Perrone. “Se pensano che il settore degli elettrodomestici prenderà una brutta piega, esistono altre strade per salvaguardare i posti di lavoro – conclude – A iniziare da una riconversione del sito verso altri rami produttivi di Te Connectivity che ha sempre parlato di alta professionalità dei lavoratori di Collegno”.