La copertina è tutto un programma. Un guerriero in primo piano (le donne sempre un passo indietro) e alle sue spalle una guerriera seminuda (lui invece è vestito) e sexy come la spirale tatuata sull’ombelico che allude a profferta di vortici sessuali. La guerriera ha una lancia in mano ma è già chiaro come assassinerà, da brava mantide religiosa, il maschio. Il primo stereotipo è servito.
Mi riferisco al libro La guerra dei sessi. Piccolo saggio sulla cattiveria di genere scritto da Alessandro Amadori, docente di Psicologia alla Cattolica e nominato dal ministro Valditara, coordinatore del gruppo di psicologi e giuristi che si dovranno occupare di organizzare gli interventi nelle scuole per contrastare la violenza contro le donne. Dopo il turbamento collettivo suscitato dal femminicidio di Giulia Cecchettin, il governo, sollecitato ad occuparsi di un cambiamento culturale che non si può più rinviare, ha trovato la soluzione: dodici ore l’anno di educazione all’affettività. Dodici ore contro millenni di sottocultura misogina.
Se vogliamo testare il livello di competenza sul contrasto agli stereotipi e pregiudizi sessisti di Alessandro Amadori, dobbiamo leggere il suo scritto.
Io l’ho fatto e il direttore de ilfattoquotidiano.it, Peter Gomez, mi sarà debitore a vita per questo mio sacrifizio.
Nell’introduzione il consulente di Valditara disserta sul “male”, sui carnivori che mangiano gli erbivori e sugli erbivori che mangiano le piante. Dopo il ciclo alimentare passa agli umani, crudeli per diletto. Tocca anche il tema della tutela ambientale perché la cattiveria umana è causa del surriscaldamento climatico. Amadori sarà un maschilista a sua insaputa, ma è pur sempre un ecologista. Del resto come scrivevo in un commento in calce al mio precedente post: c’è gente che si preoccupa per l’estinzione delle nutrie ma non per quella delle donne.
E’ una pubblicazione abbastanza furba e chi non ha gli strumenti per coglierne la costante manipolazione e confusione ne uscirà disinformato: si citano ricerche condotte dall’Istat e ricerche farlocche; violenza maschile, rapporti sadomasochisti, mistress e BDSM, moralismo spicciolo e tesi complottiste.
Nel paragrafo “il diavolo è anche donna” ci spiega di non aver voluto scrivere un testo accademico (non mi dire) ma “open”, ovvero aperto ad altri contributi. Ed ecco il punto di vista di un tal Adriano Pirillo che, sul sito Soverato Web, avrebbe pubblicato questa riflessione carica di odio per le donne. Amadori ne cita un passaggio che ritiene “polemicamente stimolante” anche se “leggendo qua e là susciterebbe l’impressione di una certa misoginia latente”… (latente? Alla faccia).
Ecco alcune perle: “Non sono misogino ma… dai vestiti esce la tarma e dal corpo della donna la cattiveria la cronaca (nera) quotidiana è piena delle loro gesta… certe perfide donne e madri attuali non occorre accennare perché la cronaca esse vestono da femmine ma solo per meglio vampirizzare colleghi e colleghe, pur di arrivare in cima alla scala del potere. Quando hanno in mente una meta da raggiungere, per loro non esistono ostacoli invalicabili; esse non hanno un cuore che batte, e che si emozioni, ma solo un organo fastidioso alla circolazione sanguigna. Se, per occupare la poltrona più importante in un’azienda o di un ente pubblico, c’è bisogno di scalzare un’amica o andare a letto con uno o più uomini, non se ne fanno un cruccio. Se hanno bisogno di sentirsi ‘mamme’ (anche se sono dalla parte di Saffo), se lo fanno ugualmente un figlio, salvo poi affidato ad altri (o liberarsene definitivamente) ove dovesse in qualche modo ostacolare la loro carriera, il successo sociale o l’arrampicata verso il potere. Se sono sposate e si separano, queste donne sono contente solo quando vedono l’ex sul lastrico, magari a chiedere l’elemosina all’angolo di un marciapiede. Donne del genere, quando non amano, hanno il sangue freddo di un serpente; godono ad andare a letto con il fidanzato della più cara amica e poi vanno tranquillamente a cena a casa sua, col sorriso sulla bocca“.
L’autore scrive di non condividere le cogitazioni di tal Pirillo che però gli ricordano “alcune lezioni di Criminologia clinica condotte dalla dottoressa Isabella Merzagora”. Questo sfogo di odio feroce per le donne avrebbe quindi una base accademica.
Tra ambiguità e doppi messaggi, Amadori non nega il femminicidio ma nello stesso tempo conferma le peggiori tesi misogine come quando se la prende con le donne in carriera “più realiste del re… e tendenti ad agire in modo molto individualista ed ego centrato nella competizione lavorativa e a sconfinare, forse più degli uomini, nella cattiveria”. Emerge uno degli stereotipi sessisti più granitici, quello che colpevolizza le donne che coltivano ambizioni professionali giudicandole inette, e nello stesso tempo prive di cuore. Alla fine Amadori trova il coraggio e ammette: “In realtà per molti aspetti, Pirillo ha ragione”.
Questo testo passivo-aggressivo occulta il dominio maschile, paragona le violenze commesse da uomini e donne a una guerra simmetrica. Disparità di numeri, violenza simbolica e disparità di potere non vengono prese in considerazione. Insomma è solo una questione di “cattiveria” bipartisan. Giustifica in maniera sottile il femminicidio, facendo proprie le tesi di certi gruppi misogini molto attivi sui social, quando suggerisce subdolamente che la violenza degli uomini sia una reazione alle condizioni inique della separazione legale che, nei tribunali, avvantaggerebbe le donne. Eppure i dati Istat misurano una maggiore povertà delle separate rispetto agli ex.
Dopo un’oretta di sofferenza si approda alle ultime pagine per incontrare il complotto delle “ginarchiche animate da uno spirito di vendetta”. “Femministe estremiste”, “adepte del libro sapienzale La Ginarchia” dedite a praticare “il rapporto sessuale in perfetta inversione dei ruoli: la donna che fa l’uomo e l’uomo che fa la donna”. Amadori teme la ginarchica ma non scrive (non è in grado) alcuna riflessione articolata sulla cultura patriarcale e misogina.
Ma chi sono per Amadori gli autori di violenza? Uomini fragili e bisognosi di affetto. “Eravamo partiti dalla cattiveria maschile indagando in particolare il femminicidio, e strada facendo ci siamo accorti che questo crimine nella sua inaccettabile brutalità, è in qualche modo il contraltare di una sostanziale fragilità psichica maschile. E’ una formazione reattiva rispetto ad un incontenibile timore per la perdita e spia della sua debolezza”. Insomma se le donne non li abbandonassero e se ne prendessero cura invece di far carriera e praticare il BDSM…
Quest’uomo è stato chiamato ad occuparsi di progetti per contrastare disparità, discriminazioni, stereotipi. Una beffa per tutte le vittime di femminicidio. Questo è squallido, ministro Valditara.
@nadiesdaa