Genocidio“. Ruota intorno a questa parola una polemica scoppiata dopo l’udienza in cui i familiari dei palestinesi che vivono a Gaza hanno incontrato il pontefice. “Abbiamo invitato il Papa a visitare Gaza, lui può fermare la guerra e portare la pace alla gente di Palestina. Il cessate il fuoco non è sufficiente: quello che viviamo oggi è una pausa militare che mantiene lo status quo delle ostilità” hanno riferito. E poi “il Papa ha riconosciuto che viviamo un genocidio”, ha detto Shrine Halil, cristiana di Betlemme, che ha aggiunto che Bergoglio ha affermato che “il terrorismo non si combatte con il terrorismo”.

La delegazione ha quindi riferito che il Papa avrebbe definito “una buona idea” una sua visita a Gaza “quando la situazione lo permetterà”. Il portavoce del Vaticano, Matteo Bruni, ha però smentito: “Non mi risulta abbia usato tale parola. Ha utilizzato i termini con cui si è espresso durante l’udienza generale e parole che comunque rappresentano la situazione terribile che si vive a Gaza”. Ma è arrivata subito una replica: “Siamo in dieci e lo abbiamo sentito tutti”.

“Ho visto il comunicato che è stato emesso dopo, però non ho ricevuto informazioni dirette sul colloquio. ‘Genocidio’ è un termine molto tecnico che si applica a determinate situazioni. Non so se in questa situazione si possa parlare di genocidio” ha detto il segretario di Stato Vaticano, il cardinale Pietro Parolin, a margine di un evento in Vaticano. Irrealistico che l’abbia fatto? “Penso di sì. È un termine che si applica a determinate situazioni ben precise e che ha delle conseguenze molto precise a livello internazionale”, prosegue Parolin.

E sul fatto che gli israeliani abbiano espresso la loro delusione perché il Santo Padre, nell’udienza generale, ha parlato genericamente di terrorismo, non citando Hamas, ma parlando in generale “è difficile accontentare sempre tutti”, commenta. “Normalmente il Santo Padre si riferisce in termini abbastanza generici ma evidentemente chi vuole capire capisce, non c’è bisogno di scendere nei dettagli. Ma credo che questo è uno stile un po’ generale della Santa Sede: negli interventi del Papa non entra mai in merito chiamando per nome e cognome o le situazioni però evidentemente che si riferisce a certe situazioni chi vuole capisce”.

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