Quel licenziamento era illegittimo, l’ex dirigente Canali va risarcito. Una tegola da 350mila euro si abbatte sull’Agenzia delle Dogane per fatti che risalgono a quando era condotta da Marcello Minenna, assessore all’ambiente della Regione Calabria arrestato (e poi scarcerato) a giugno nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Forlì sullo “sdoganamento facile” di mascherine, insieme all’ex deputato leghista Gianluca Pini e vari funzionari. Ma non è la sola. La Procura di Roma, sulla scia delle contro-denunce dell’ex braccio destro Alessandro Canali, ha chiesto per Minenna il rinvio a giudizio per abuso d’ufficio e per una questione di appalti senza gara e affidamenti diretti ad una ditta che curava anche lavori eseguiti in realtà nella sua abitazione privata. Su queste vicende si attende a breve la decisione del Gup. Dalle carte dell’inchiesta penale emerge come l’ex numero uno delle dogane disponesse audit interni al fine specifico di colpire l’avvocato Canali, entrato in rotta di collisione con lui.
Intanto, il tribunale del Lavoro di Roma ieri ha riconosciuto illegittimo il licenziamento dell’avvocato che per due anni era stato il braccio destro del numero uno dell’Agenzia, il cui ufficio di vicedirettore venne soppresso a seguito di una asserita “riorganizzazione”, ma solo dopo che aveva denunciato presunte irregolarità ai piani alti dell’ente, elencando trasferte e rimborsi dubbi dell’ex dirigente capitolino insieme alla responsabile delle relazioni esterne Patrizia Bosco, con la quale all’epoca intratteneva una relazione sentimentale. A maggio del 2022 aveva anche subito un licenziamento disciplinare, che il giudice bolla come illegittimo e dunque annulla.
La versione di Minenna e dell’Agenzia è sempre stata che le accuse del funzionario fossero false, la riorganizzazione in questione “annunciata da tempo”, dunque non a scopo ritorsivo, e che “l’Agenzia e il suo direttore dimostreranno nelle sedi istituzionali la correttezza e trasparenza del loro operato”. Non è andata così. Il giudice del Lavoro accogliendo i ricorsi di Canali ha condannato l’Agenzia a riconoscere le mansioni superiori da lui svolte nel periodo con refusione di 154mila euro e l’illegittimità della revoca dell’incarico dirigenziale di “direttore della segreteria del vicedirettore”, riconoscendo per questo un’indennità risarcitoria di altri 160mila euro. Condanna l’agenzia anche a pagare le spese di lite, calcolate in 9.150 euro. Il risarcimento poteva anche essere maggiore di così, ma il giudice Antonio Tizzano non ha riconosciuto provata la perdita di chances professionali.
Una brutta pagina per l’Agenzia, e per gli organi che – a vario titolo – sono stati interessati o controinteressati dalla vicenda, nello sminuirne la portata a partire dall’effettività dell’incarico direttorale svolto da Canali con relative responsabilità e prerogative. Un passaggio della sentenza è significativo. “Non si condivide, dunque, il tentativo dell’Avvocatura Generale dello Stato di sminuirne la portata e di derubricare i provvedimenti di delega a semplice specificazione dell’attività di analisi giuridica attribuita al dirigente responsabile dell’Ufficio della segreteria del Vicedirettore. È evidente che, in un contesto organizzativo siffatto, nel quale mancava la persona fisica titolare dell’organo in questione, Canali assommasse nella sua persona le funzioni direttoriali delegate o attribuite e quelle di direzione della struttura di supporto tecnico-amministrativo al ruolo di Vicedirettore”.