Filippo Turetta rientrerà in Italia sabato mattina con un volo militare e atterrerà direttamente a Venezia. Per evitare che possa compiere gesti autolesionistici, si cerca un carcere che abbia una struttura con un reparto per protetti. Una delle ipotesi è l’istituto di Verona. Sarà sorvegliato a vista 24 ore su 24 e si troverà in una cella singola, secondo quanto si apprende da ambienti giudiziari. La consegna del 22enne alle autorità italiane avverrà sabato mattina all’interno dell’area di sicurezza dell’aeroporto di Francoforte.
Il trasferimento del 22enne, accusato di omicidio volontario e sequestro di persona nei confronti di Giulia Cecchettin, coinciderà con i prossimi passi dell’inchiesta coordinata dalla procuratore Bruno Cherchi e seguita dal pm Andrea Petroni. L’indagine, tra l’altro, sta cercando di comprendere se l’uomo abbia premeditato l’assassinio dell’ex fidanzata. Diversi indizi, infatti, fanno propendere per questa possibilità.
L’ultimo elemento è legato alla scoperta dell’acquisto online di un nastro adesivo compatibile con quel pezzo di scotch che è stato ritrovato nella zona industriale di Fossò (Venezia) dove Cecchettin ha subito l’ultima fase dell’aggressione. Il particolare, di cui ha dato conto oggi La Stampa, viene confermato da fonti vicine all’inchiesta. Si apprende inoltre che questo acquisto sarebbe stato effettuato due o tre giorni prima dell’11 novembre. Inoltre, durante gli accertamenti, si sta anche cercando di comprendere se Turetta abbia effettuato un sopralluogo a Fossò prima di incontrare la ragazza nella giornata di sabato.
La sua Fiat Punto – scrive il giudice nell’ordinanza – fu rilevata alle 17.11 mentre si dirigeva da Vigonovo verso Fossò, distante 6 chilometri, e alle 17.14 mentre transitava in via Castellaro. Dopo quella deviazione, al momento senza spiegazione, il ragazzo si presentò a casa di Giulia alle 17.30, e insieme in auto raggiunsero il centro commerciale di Marghera, per cenare al McDonald’s. Si valuta anche la possibilità di contestare il reato di occultamento del cadavere, nascosto in una zona montuosa in provincia di Pordenone, vicino al lago di Barcis, a due ore circa di macchina da Vigonovo. Corpo sul quale aveva collocato anche dei teli di plastica.
Resta ancora molto da capire su quanto avvenuto sabato sera a Vigonovo, quando Cecchettin è stata sequestrata dall’ex fidanzato e poi accoltellata a morte. A iniziare dal perché dopo la telefonata di allarme fatta quella notte al 112 alle 23.18 dal vicino di casa dei Cecchettin, che aveva udito le urla della ragazza nel parcheggio lì vicino, nessuna pattuglia sia arrivata in via Aldo Moro. Fonti dei carabinieri hanno fatto sapere che in quella telefonata arrivata al 112 il testimone “parlava di una lite tra due persone che erano già risalite in auto e si erano allontanate”. Inoltre l’uomo “non era riuscito ad annotare la targa” e che a quell’ora di sabato “c’erano altri interventi in atto da parte delle pattuglie”. Inoltre è stato escluso che al momento ci siano fascicoli aperti in procura relativi alla telefonata, ma sono in corso più semplici accertamenti.