La casa di famiglia era perduta, l’ufficiale giudiziario avrebbe bussato alla sua porta nel giro di 24 ore. In segreto, per anni, aveva fatto di tutto per salvarla, senza chiedere aiuto a nessuno, senza sfogarsi con nessuno. Neanche dopo che gli era stato diagnosticato un tumore.
Lo ha scoperto la Polizia indagando sulla morte di Donato Rotondo, 61 anni, il commesso di supermercato che tutte le signore del centro di Cassino conoscevano per la sua gentilezza e che giovedì mattina è stato trovato morto dentro alla sua auto, nel garage di casa nella frazione Sant’Angelo in Theodice. Nell’abitacolo, un fucile che secondo la balistica è l’arma che lo ha ucciso, mentre le verifiche sulle impronte digitali nel calcio hanno stabilito che non si era trattato di omicidio ma di un suicidio.
Quando gli investigatori del questore Domenico Condello sono andati a controllare in casa se ci fosse qualcosa di strano che potesse spiegare tutto, hanno trovato una lettera in cui Rotondo svelava il suo segreto. Il giorno dopo l’ufficiale giudiziario avrebbe messo tutti fuori di casa. L’aveva perduta all’asta e nessuno dei familiari aveva mai saputo nulla. Colpa dei debiti che si erano accumulati anni prima, quando Rotondo aveva provato a mettersi in proprio con una piccola bottega.
L’impresa era andata male. Lui era tornato al supermercato dove lavorava da sempre e in più faceva anche il fornaio. Ma non bastava. A garanzia dei debiti aveva ipotecato la casa che è stata aggredita dai creditori. All’udienza finale ha perso tutto per 40mila euro, prezzo al quale l’immobile è stato venduto a un professionista della città. Lui aveva ha cercato un accordo con il nuovo proprietario spiegandogli di avere un tumore dal quale si stava curando, ha chiesto di poter completare il ciclo di chemio. Una dilazione fino al 23 gennaio. Nulla da fare.
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