Si è parlato di prevenzione dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin, se ne parla dopo ogni femminicidio, se ne parla da anni. I femminicidi non caleranno nell’immediatezza e continueranno con i numeri attuali, fino a quando sarà fatta una rivoluzione culturale e si sarà investito in politiche sociali. Così come il precariato e l’assenza di garanzia di diritti e i bassi salari non facilitano le donne nell’uscita dalla violenza. Gli interventi a sostegno delle vittime di violenza possono essere efficaci in un contesto sociale che grazie a programmi politici, favorisca la cura di situazioni di disagio e la possibilità di progettare un futuro ma i governi che si alterano non vedono oltre gli spot elettorali per la conservazione del consenso popolare.

L’attuale governo ha scelto, come gli altri che lo hanno preceduto, di occuparsi solo della punizione degli autori di violenza e della protezione delle vittime che si rivolgono all’autorità ma poco di prevenzione. Ovvero ha puntato ancora sulla risposta securitaria.

Il 22 novembre in Senato è stato approvato all’unanimità con 157 voti favorevoli, il disegno di legge della ministra Roccella con nuove norme di contrasto sulla violenza contro le donne. Il testo ora è legge. Diciannove articoli in cui si rafforzano le misure di protezione per le donne che denunciano violenze. Si apportano indubbiamente dei miglioramenti del quadro normativo esistente ma è fuorviante presentare queste norme come azione di prevenzione. “Ci sono correttivi importanti – ha detto Elena Biaggioni, avvocata e vicepresidente D.i.Re – il coordinamento tra l’autorità giudiziaria e le forze di polizia quando cessa la misura cautelare, per esempio, o la criminalizzazione dell’ordine di protezione emesso in sede civile, o la maggior disponibilità del braccialetto elettronico e l’introduzione di una valutazione nei percorsi rivolti agli autori di violenza”. Restano le criticità che le avvocate D.i.Re avevano esposto durante l’audizione in Commissione Giustizia alla Camera: come l’eccessivo ricorso all’ammonimento che in determinate condizioni, se la vittima non è messa in protezione e non viene fatta una valutazione del rischio, possono essere controproducenti perché la espongono a ritorsioni da parte dell’autore di violenza. Biaggioni ha espresso anche dubbi di illegittimità costituzionale sul celebrato arresto in flagranza differito e non solo: “Ci chiediamo quanto è utilizzato l’altrettanto celebrato ordine di allontanamento di urgenza? Lo stesso arresto in flagranza quante volte ricorre? Per nostra esperienza ben poche volte”.

E’ vero che sono previste linee guida per la formazione delle forze dell’ordine e di altri operatori che possono entrare in contatto con le vittime di violenza ma la legge è ad invariata finanziaria. Come sarà possibile svolgere in maniera capillare corsi di formazione adeguati senza che sia previsto un finanziamento?

Nel 2022 D.i.Re ha presentato la ricerca su “La vittimizzazione istituzionale” rilevando che, nel 60% dei casi, le forze dell’ordine erano state estremamente vittimizzanti: minimizzazione, scarsa attenzione ai bisogni delle donne, colpevolizzazione e non riconoscimento della violenza suscitano malessere e sfiducia. Le numerose proteste che si sono levate sul profilo Instagram della Polizia di Stato il 22 novembre dopo la pubblicazione di un post che citava una frase della poesia di Cristina Torres Caceres, sono indicativi di un malessere e di una scarsa fiducia nelle forze dell’ordine.

Senza finanziamenti, la formazione resterà un promessa non mantenuta. L’ennesima dichiarazione di intenti.

@nadiesdaa

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