di Felice Musicco
La squadra ha valori e obiettivi condivisi. Si prende cura e rispetta i propri valori, raggiunge gli obiettivi più facilmente perché il gruppo comunica, discute, corregge gli errori, inventa; cresce più facilmente rispetto al singolo che invece segue un capo, oppure va, isolato, per proprio conto.
Solo la squadra ha le potenzialità per migliorare continuamente, allargarsi, diventare movimento, agire e cambiare sostanzialmente le cose. Soprattutto se ha basi morali e fondanti solide a valenza umana e comune, orientata a benefici in termini di pace, serenità, conoscenza e salute, diritti essenziali dell’uomo come componente dell’universo naturale.
Se una cosa va assolutamente corretta per aspirare ad una società migliore a livello globale è la visione attualmente dominante, orientata a ridimensionare l’importanza della squadra, del gruppo, della comunità; oppure orientata a una versione distorta di squadra, distorta perché priva di punti centrali di condivisione ma orientata al mero tornaconto personale, senza senso sociale e del bene comune, senza valori e ideali, senza obiettivi socialmente alti. Va promossa la partecipazione ai temi d’interesse comune, alle questioni politiche. Va combattuta la versione veloce e superficiale della realtà, presentata dai conservatori dello status quo e dai suoi promotori; quella che mira a trasformare i cittadini in tanti puntini socialmente connessi che non fanno gruppo ma pianeti distanti e isolati nella galassia, connessi da inutili like.
Le teorie liberiste e neoliberiste hanno promosso la crescita personale, competitiva ed economica. Hanno idolatrato personaggi ambigui, confondendo il successo economico con quello umano e sociale. Hanno messo da parte l’importanza del gruppo che cresce insieme, che si allarga e si propaga. Hanno messo da parte valori e ideali, hanno alimentato invece la competizione da cui nascono la sfiducia e le paure. Le conseguenze si vivono quotidianamente in ogni ambito: egoismi e diseguaglianze, paure. Isole o stelle che nascono e durano pochissimo o troppo a lungo rispetto alla propria reale consistenza e valore.
Ripensare sé stesso come parte di qualcosa di alto e importante, che però è dipendente da tutti per progredire e assicurarsi sicurezza e serenità. La crescita personale è solida e vera solo se è accompagnata dalla crescita del gruppo, dell’altro diverso da sé.
A quel poco che ne sappiamo, solo la natura e l’umanità sono il fine; l’economia è solo un mezzo inventato dall’uomo, quell’uomo diventato possessivo, superficiale ed egoista perché vinto dalla solitudine e dalla paura. Chi non sa fare squadra nel senso esposto, dovrebbe farsi da parte. Non serve, è deleterio, è sfiduciante, mette a disagio. Conduce, alla fine, al disastro collettivo.
È responsabilità di tutti non chiudere gli occhi e non rassegnarsi.