Mi sono lungamente occupato della fallimentare politica di edilizia ospedaliera della Regione Piemonte, col suo corollario di inefficienze, fallimenti e spese pazze. Ho sempre corredato le informazioni con riferimenti documentali, dati e indicazione delle fonti affinché le considerazioni sulla qualità del personale politico piemontese e sulla sua capacità di fare male ai cittadini scaturisse non già dai miei giudizi, ma dalla conoscenza della nuda realtà documentata. Le querele che ho ricevuto sono finite nel nulla, ho continuato a chiedermi che fine avessero fatto la società civile piemontese, le élites culturali ed economiche, le potenti lobbies dei medici con relazioni massoniche annesse e connesse.

Tutti zitti e muti di fronte alle gare d’appalto che vanno deserte per inconsistenza dei bandi, alle giravolte sulle modalità di finanziamento delle due Città della Salute (Novara e Torino), alle cordate di privati che appaiono sulla scena e poi scompaiono senza ragione, agli advisor pagati profumatamente per efficientare istituti ospedalieri sempre più in rosso e per valutare progetti di cui si conosce il responso ancora prima che vengano presentati. Questo andazzo non lo pagano solo i cittadini, ma anche i costruttori, i medici superspecializzati dall’intramoenia ipertrofica, i produttori di tecnologia eccetera. Perché questo silenzio?

Una prima risposta al rovello è arrivata con un articolo de La Stampa del 14 novembre scorso in cui Confindustria, Università e Politecnico danno la stura alle loro preoccupazioni circa la situazione complicata in cui versa il progetto per la realizzazione del Parco della Salute Ricerca e Innovazione di Torino: aumento dei costi e una dilatazione senza fine dei tempi di realizzazione. Ricordo ai lettori che l’opera è destinata a sostituire gli ospedali Sant’Anna, Regina Margherita e Molinette che compirà cent’anni a breve; se ne parla da vent’anni e neanche un mattone è stato posato, pur avendo da tempo la Regione i soldi per farlo.

Nell’occasione, il giornale dà conto anche della preoccupazione degli Ordini degli Architetti e degli Ingegneri di Torino forse pressati dagli iscritti. Si sono accorti di essere stati tagliati fuori dalla progettazione dei nuovi ospedali per via di scelte che consegnano ai grandi gruppi privati la facoltà di scegliersi i progettisti più accondiscendenti e i modelli costruttivi più redditizi. Infatti, il Partenariato Pubblico Privato, previsto per realizzare il nuovo ospedale di Torino, prevede solo la gara per affidare la concessione per progettare, realizzare e gestire l’opera realizzata, per un numero di anni sufficiente a remunerare il capitale privato messo nel progetto.

Dunque, il Piemonte dinamico e produttivo, fucina di innovazione, osservatore attivo e attento ai processi che portano progresso e benessere alla regione (l’edilizia ospedaliera nel suo complesso vale oltre due miliardi di investimenti), finalmente si sveglia. Lo fa a 58 mesi (!) dalla indizione delle gare, nessuna ancora aggiudicata. Dove erano tutti prima?

La risposta è che erano tutti lì: stavano nella Cabina di Regia, ovvero l’organo supremo di governo delle procedure che sovrintendono la costruzione della Città della Salute, come stabilito dalla Deliberazione della Giunta Regionale del 23 marzo 2015 n. 2-1200. L’art. 7 istituisce la Cabina di Regia che “dovrà governare tutto il processo, fatti salvi ovviamente i procedimenti amministrativi in capo a ciascun Ente, in tutte le sue fasi […]”. La Cabina di Regia è coordinata dall’Assessorato alla Sanità della Regione Piemonte e coinvolge la Città di Torino, l’Università degli Studi, l’Azienda Ospedaliera Universitaria Città della Salute e della Scienza di Torino e F.S. Sistemi Urbani. Vivacchia per un paio di anni, poi viene sostituita da un Collegio di Vigilanza con funzioni simili, in carica fino al 2020 e poi da una Cabina di Monitoraggio istituita dalla Regione con delibera della Giunta 25 settembre 2020.

Vi siedono da allora: Regione, Città di Torino, Università, Politecnico e Prefetto. A richiesta effettuata, la Regione ha risposto che non sono stati redatti verbali delle sedute della Cabina di Monitoraggio. L’organo che monitora l’investimento più importante del Piemonte vale meno di semplice assemblea di condominio per decidere chi pulirà le scale, questa sì regolarmente verbalizzata.

Gli attori dell’economia piemontese hanno fatto finta di niente, accorgendosi solo ora di un disastro ampiamente annunciato. Come anime belle e candide che – invece di assumersi la responsabilità di una svolta, seppur tardiva – emettono oggi lai di dolore, risolvendo così la loro funzione. Dalla cronaca dei fatti richiamati emergono in modo inequivocabile le responsabilità nella cattiva gestione del PSRI di Torino del Presidente della Giunta Regionale Cirio e dell’Assessore alla Sanità Icardi. Con loro anche i Rettori di Università e Politecnico, se continueranno a non fare niente e persisteranno nell’alimentare l’idea che i guai sono frutto del caso. Aiutino il Piemonte a una seria rivisitazione delle scelte del passato.

Il Partenariato Pubblico Privato per molti anni è stato venduto come capace in un sol colpo di risolvere, grazie alla capacità dei privati, i problemi finanziari, organizzativi e professionali della P.A., come fosse dotato di poteri miracolistici. Questi sono i risultati e non sarà la nomina del Commissario Straordinario a cambiare la situazione. Le preoccupanti dichiarazioni di oggi, che in un qualche modo rendono un po’ di giustizia alle poche voci fuori dal coro, dimostrano soprattutto che bisogna cambiare il modo di procedere seguito fino qui. Bisogna mobilitare tutte le risorse pubbliche che servono per realizzare i due ospedali di Torino e Novara, la vera priorità del Piemonte. Senza si farà un grande favore alla sanità privata, quella che si occupa delle prestazioni più remunerative per chi può pagarsele.

Quello che non si capisce è l’atteggiamento dell’opposizione in Regione, forse è ancora stordita dall’ubriacatura liberista di quando governavano loro. Nemmeno questa volta ha ancora battuto un colpo.

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