Per l’attentato alla sinagoga di Roma (9 ottobre 1982), attribuito al Consiglio rivoluzionario di Al Fatah guidato da Abu Nidal, l’unico condannato, in contumacia, fu il giordano Osama Abdel Al Zomar, a cui fu inflitto l’ergastolo ma la sentenza non fu mai eseguita, poiché l’Italia non ottenne la sua estradizione dalla Grecia e poi scappò in Libia. Erano le 11.55 quando i fedeli che stavano uscendo dal Tempio Maggiore di Roma furono colpiti da un commando armato di bombe e mitra. A terra restarono 40 persone ferite. Morto invece un bimbo di appena due anni Stefano Gaj Tache’. A distanza di 41 anni, come riporta La Repubblica, la Procura di Roma iscritto quattro persone nell’ambito dell’indagine avviata nel 2020.
I magistrati, che procedono per il reato di strage, hanno indagato Walid Abdulrahman Abou Zayed, Gamal Tawfik Arabe El Arabi, Mahmoud Khader Abed Adra e Nizar Tawfiq Mussa Hamada. Uno spiraglio su quanto avvenuto il 9 ottobre di 41 anni fa potrebbe arrivare dalla Francia e in particolare dalla collaborazione giudiziaria con gli inquirenti parigini che indagano sull’attentato avvenuto due mesi prima, nell’agosto dell’82, al ristorante ebraico Jo Goldenderg dove morirono sei persone. Secondo quanto emerso, in base anche a quanto raccontato da un pentito agli inquirenti francesi, entrambi gli attentatati sarebbero stati compiuti da uno stesso gruppo di terroristi.
Come riporta Repubblica gli inquirenti francesi , che in primavera in un maxi-summit si sono incontrati con i colleghi romani, hanno le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia che ha raccontato come entrambi gli attentatati siano stati compiuti da uno stesso gruppo. Si è anche scoperto che le munizioni impiegate nei due attacchi appartenevano a uno stesso lotto di produzione di una fabbrica polacca. Questo dato potrebbe confermare l’ipotesi di uno stesso gruppo di uomini che avevano a disposizioni armi pressoché simili.
“Finalmente comincia a emergere la verità sull’attentato alla Sinagoga di Roma del 9 ottobre 1982. E inizia a dissolversi la rete di connivenze che per 41 lunghi anni ha garantito l’impunità ai cinque terroristi del gruppo palestinese ‘Abu Nidal’. Noi piangiamo ancora la morte di un bimbo di 2 anni, Stefano Gaj Taché, mentre le ferite hanno segnato la vita di decine di membri della nostra Comunità, colpiti con bombe a mano e raffiche di mitra mentre si trovavano al Tempio per festeggiare lo Sheminì Azeret. La Comunità ebraica di Roma ha denunciato più volte le coperture offerte ai terroristi” fa sapere in una nota Victor Fadlun, Presidente della Comunità ebraica di Roma. “Ringraziamo la Procura di Roma e la Digos per avere squarciato il velo e indagato, a quanto leggiamo su ‘Repubblica, quattro terroristi che si erano macchiati di un analogo attentato a Parigi lo stesso anno. Il quinto, condannato, riuscì a non fare un giorno di galera. Ma il cammino verso la giustizia è ancora lungo. Chiediamo al Governo italiano di fare tutto ciò che è nei suoi poteri per ottenere l’estradizione dei terroristi che si trovano, a quanto sembra, in Giordania e in Cisgiordania. Nessuna impunità per il terrorismo, mai”.