Le ragioni di quel “no” alla convocazione erano chiare. Eppure La Gazzetta dello Sport aveva tentato di montarci su un “Caso Nazionale”: dopo un massacrante mese oltreoceano, con tanto di vittoria del Masters 1000 di Torino, Jannik Sinner aveva deciso di non rispondere alla chiamata di Filippo Volandri per il girone di qualificazione di Coppa Davis a Bologna. Aveva bisogno di riposo e di preparare al meglio il finale di stagione, come aveva chiarito lo stesso capitano azzurro. Senza il suo numero 1, l’Italia ha faticato a conquistare un posto per Malaga. Ma alla fine ci è riuscita, come è finita ormai è storia.
“La scelta che abbiamo fatto noi di non andare a Bologna era anche in prospettiva Davis. Qui, come si è visto, Jannik era in piena forma, con tante energie nonostante Torino. Questo ci rende orgogliosi di aver fatto quella scelta che poi si è rivelata la scelta giusta“, ha detto il coach di Sinner, Simone Vagnozzi, ai microfoni di Supertennis dopo la vittoria dell’Italia in Coppa Davis. Una frecciatina, molto composta, a quelle critiche su un presunto “scarso attaccamento” del 22enne alla maglia azzurra. Invece, come aveva spiegato due mesi anche ilfattoquotidiano.it, era fondamentale per il tennis italiano in primis che Sinner arrivasse in forma alle Atp Finals di Torino e alle finali di Coppa Davis a Malaga.
D’altronde, la Davis la vince la squadra, non il singolo tennista. Da Matteo Arnaldi a Lorenzo Sonego passando per Lorenzo Musetti, gli altri sono stati bravi a portare l’Italia fino alla fase finale. Poi ci ha pensato Sinner a trascinare l’Italia alla vittoria. Il merito è di tutti, come sottolinea lo stesso Vagnozzi: “Penso che abbiamo una squadra completa. A Bologna Jannik è mancato, mancava anche Matteo (Berrettini). Nel corso di questi anni mancheranno tutti qualche volta, ma abbiamo una squadra importante che può colmare anche una defezione. Poi l’importante è arrivare al momento giusto, alla fine dell’anno, con le giuste energie“. Sinner lo ha fatto. Ha funzionato.