Jannik Sinner, Lorenzo Sonego, Lorenzo Musetti, Matteo Arnaldi, Simone Bolelli. Più Matteo Berrettini nelle vesti di motivatore. Capitano: Filippo Volandri. È la squadra che ha compiuto l’impresa di riportare la Coppa Davis in Italia dopo 47 anni di attesa. Sono i ragazzi che hanno rimesso al centro del mondo il tennis italiano, riscattando decenni di delusioni, speranze e illusioni, dalla dolorosa finale del 1998 alla retrocessione nel gruppo C di Coppa Davis dopo la clamorosa sconfitta contro Zimbabwe nel 2003. Sinner ha 22 anni, Arnaldi pure, Musetti ne ha 21. Il 28enne Sonego sembra già un vecchietto, mentre tutti aspettano pure il rientro di Berrettini, che di anni ne ha 27. Un gruppo che promette di rimanere nei piani alti per tanti anni.
Jannik Sinner, il campione che stavamo aspettando
Serbia – Italia 1-0. Terzo set del secondo singolare, 5-4 0-40. Tre match point Djokovic. Tre match point Serbia. Era già tutto deciso, tutto scritto. Ma quando hai dentro qualcosa di speciale, hai anche il dono di vedere finali alternativi che solo tu puoi immaginare. E così Jannik Sinner ha preso il destino di una partita, di una Coppa Davis, di una storia e l’ha rovesciato, sovvertito, ridefinito. Un momento che rimarrà impresso nella memoria della racchetta italiana e nella storia di questa competizione.
Doveva essere il trascinatore e lo è stato. Jannik è l’uomo immagine della Davis 2023, come Adriano Panatta lo fu per l’edizione vinta nel 1976. Il suo segno sulla vittoria è indelebile, ed è andato a cancellare in un sol colpo tutte le critiche che gli erano piovute addosso dopo il “no” alla convocazione per la fase a gironi di settembre. Questo trionfo per Sinner rappresenta la chiusura perfetta di un 2023 da sogno, con la prima semifinale Slam a Wimbledon, il primo Masters 1000 a Toronto, il numero 4 del mondo e la finale alle Atp Finals di Torino. È il grandissimo risultato che ancora mancava, e che adesso potrebbe rappresentare un vero e proprio trampolino di lancio per il futuro. Un po’ come lo fu per Novak Djokovic nel 2010.
Dopo un anno e una fase finale di Davis del genere, è davvero inutile nascondersi. Ora gli obiettivi non possono che essere due: il numero 1 del mondo e i titoli Slam. A cominciare dal prossimo Australian Open. Ormai l’azzurro è un campione sancito dal campo, dai compagni e dagli avversari, forte mentalmente prima che tecnicamente, che ha reso la pressione un privilegio da gestire e non un peso limitante. I tre match point salvati a Nole sono diventati la svolta della carriera. Molto più di qualsiasi titolo. Jannik Sinner è il giocatore che stavamo aspettando da decenni, che non abbiamo mai avuto.
Lorenzo Sonego, la spalla del predestinato
Ogni bella storia che si rispetti ha il suo protagonista assoluto e il suo gregario. Quella personalità che vive nell’ombra ma che senza la quale non sarebbe possibile arrivare all’obiettivo. La figura non baciata da un talento innato e che per essere lì ha lavorato più di tutti, ha sofferto più di tutti. Sacrificio, abnegazione e umiltà. Tre parole che descrivono in maniera perfetta Lorenzo Sonego, l’uomo squadra di uno sport individuale. Quello che all’io mette sempre davanti il noi.
Lorenzo quando indossa l’azzurro si esalta. A Bologna, nella fase a gironi, ha prima subito una pesante sconfitta all’esordio contro il canadese Alexis Galarneau, poi ha tirato su un match epico e fondamentale contro il cileno Nicolas Jarry, salvando anche quattro match point. Un animale da Davis insomma, che nell’edizione 2022 (priva di Sinner e con Berrettini a mezzo servizio) si era caricato sulle spalle l’intera squadra, portandola a un soffio dalla finale praticamente da solo con le vittorie su Francis Tiafoe e Denis Shapovalov.
In questa fase finale, Lorenzo si è visto solo in coppia con Jannik Sinner, ma considerando che il doppio è stato decisivo sia nei quarti contro l’Olanda che in semifinale contro la Serbia, il suo apporto ha avuto un peso di una certa rilevanza. È stato il partner perfetto di Jannik, tra sorrisi, incitamenti reciproci e un’affinità figlia di un rapporto forte tra i due anche fuori dal campo. Il segreto per vincere la Coppa Davis risiede anche in questi semplici particolari.
Matteo Arnaldi: l’uomo che non ti aspetti
L’ago della bilancia. L’unica variabile che avrebbe potuto mettere a rischio una finale emotivamente già vinta dopo il successo contro la Serbia. Arnaldi è stato questo contro Alexei Popyrin. Una responsabilità non da poco per uno che a inizio aprile non aveva mai vinto una partita nel circuito maggiore. La sua è stata una vittoria sofferta ma voluta fortemente, al termine di una prestazione altalenante e confusa, in cui la tensione l’ha fatta da padrona. Un successo figlio di 12 palle break annullate e della rivalsa per i tre match point sprecati nei quarti contro l’olandese Van de Zandschulp.
Matteo è stato l’uomo che non ti aspetti della squadra di Filippo Volandri. La sorpresa che non era stata prevista alla vigilia. Uno che da junior non era considerato il più grande talento della sua generazione e che è entrato nell’élite grazie a un intenso lavoro e a una fame unica. Ed è stata quella stessa fame a trasformare il suo mondo in appena sette mesi: il primo incontro Atp vinto nel 500 di Barcellona, il primo successo contro un top-10 (Ruud a Madrid), il primo tabellone di uno Slam al Roland Garros, la prima semifinale a livello Atp a Umago, il primo ottavo di finale Slam agli Us Open. Una progressione inattesa quanto prepotente, non poteva che tradursi nella chiamata per la fase a girone di Bologna. È stato lui a suonare la carica contro il disastro contro il Canada. A prendere per mano l’Italia per ridarle di fiducia, speranza, entusiasmo. La sua vittoria in rimonta contro Cristian Garin è stato l’inizio di una storia nuova. Sarà il primo capitolo che verrà raccontato quando si parlerà dell’Italia campione di Coppa Davis 2023.
Lorenzo Musetti, l’unica nota stonata
In un clima di festa c’è sempre la virgola che stona. Lorenzo Musetti ha perso contro Gabriel Diallo nel girone e ha perso contro Miomir Kecmanovic in semifinale. L’unica gioia è arrivata in doppio con Sonego contro il Cile, in una partita che contava solo per il punteggio finale. L’andamento in nazionale ha rispecchiato quindi quello nel circuito, con prestazioni altalenanti e una condizione fisica non sempre brillantissima.
Il processo di crescita si è interrotto e la conquista della Davis può essere il deterrente giusto per guardare al 2024 con rinnovate ambizioni, per dare finalmente libero sfogo a un talento naturale che in pochi hanno in Italia. Sinner compreso. Insomma, il futuro sorride anche a Musetti. E a tutta l’Italtennis.