Se io non fossi quel gentiluomo che invece sono, oggi potrei infierire su Nunzia De Girolamo che qualche tempo fa mi dedicò un tweet assai velenoso dopo che avevo osato manifestare, in un dibattito televisivo, qualche perplessità sulle sue capacità giornalistiche. E’ notizia ufficiale di oggi, infatti, la decisione della Rai di non proseguire con l’esperienza di Avanti popolo, il talk del martedì sera di Rai 3 in cui De Girolamo ha preso il posto di Bianca Berlinguer. Il rapporto tra costi (200.000 euro a puntata) e benefici (un misero 2% di share) era evidentemente troppo sbilanciato anche per i nuovi dirigenti del servizio pubblico. Ma poiché sono un signore e mi attengo sempre alla regola di non confondere risentimenti personali con l’attività di analisi della televisione, vi stupirò con queste mie considerazioni, non dico assolutorie ma attenuanti nei confronti delle responsabilità di Nunzia De Girolamo e del fallimento del suo progetto.

Certo non si può trascurare il fatto che se qualcuna pensa di essere in grado di fare con pari successo la ministra, la ballerina nello show del sabato sera, l’inviata televisiva d’assalto e la conduttrice di talk, beh… qualche responsabilità, qualche peccatuccio di presunzione lo rivela. Ma il problema vero è un altro e va oltre il ruolo e lo stile della conduttrice. La quale, tra l’altro aveva esordito piuttosto bene nella prova più difficile che si era affidata, massimo esempio di rischiosa presunzione: l’intervista al marito, uomo politico di punta dello schieramento opposto. Ne era venuta fuori una conversazione impensabilmente gradevole, ben equilibrata tra pubblico e privato, un pezzo assai raro, di tv brillante. Poi più nessun brillio, la luce si è subito spenta.

A nulla sono valsi i tentativi maldestri di scoop, il tono confidenziale, affettuoso nei confronti dello spettatore e il ruolo materno nei confronti della giovane vittima dello stupro di gruppo. Quelli che volevano essere i caratteri stilistici della conduzione, la sua personalizzazione non sono riusciti a illuminare il prodotto. E qui viene il nocciolo della questione, che è la proliferazione del genere.

La presenza di talk, di talk politici, nei palinsesti della tv italiana è esorbitante. I motivi di questo fenomeno sono noti e non è neppure il caso di riprenderli. Per far e une esempio banale, ci sono stati alcuni martedì, il giorno della messa in onda di Avanti popolo, in cui la prima serata 4 reti su 7 generaliste era occupata da un programma di quella che si definiva tv di parola, insomma di chiacchiere. Inserirsi in un simile contesto con un prodotto nuovo non è per nulla facile. Per quale motivo uno spettatore avrebbe dovuto scegliere di seguire il programma di Nunzia De Girolamo nell’affollato martedì sera? Se la sua motivazione è la consuetudine con il modello e lo stile Berlinguer, non rinuncerà, magari con qualche mal di pancia, a seguirla nella sua uova collocazione. Se è un irriducibile appassionato del genere, non potrà mancare l’appuntamento con il classico di Floris. Senza dimenticare che c’è pure la possibilità di godere l’attesa dell’incontro sublime con il talk e rinviare il tutto alla seconda serata vespiana.

Anche l’idea che nel talk ci sia la famosa egemonia culturale della sinistra finalmente spezzata dall’arrivo di una conduttrice chiaramente schierata dall’altra parte, ha fatto il suo tempo. Se qualcuno ama il talk di destra ormai non ha che l’imbarazzo della scelta.

Insomma l’impresa per Nunzia era ai limiti se non dell’impossibile, certo del piuttosto complicato. Ci voleva un colpo di genio, nella scelta dei temi, degli ospiti o del modello di conversazione: un roba da Maurizio Costanzo o da Fabio Fazio ai tempo delle loro invenzioni del genere, una situazione per cui anche Nunzia De Girolamo dovrà farsene una ragione. Portare al successo un nuovo talk è più difficile che fare il ministro dell’Agricoltura, fare l’inviata di Giletti in una tumultuosa piazza siciliana e anche di vincere Ballando con le stelle.

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