In queste settimane sono emersi – dopo 31 anni – nuovi elementi sull’agenda rossa appartenuta al magistrato Paolo Borsellino e misteriosamente scomparsa dopo l’attentato di via D’Amelio. Sono state perquisite le abitazioni dei congiunti del funzionario di polizia e capo della Mobile palermitana Arnaldo La Barbera, deceduto da anni. L’agenda rossa non è stata rinvenuta. Mi preme evidenziare che conobbi il dottor La Barbera nel periodo immediatamente dopo il suo incarico a capo della Mobile di Palermo. Infatti, per volere del capo della polizia Parisi, La Barbera mi convocò al Viminale, invitandomi a far parte di un team investigativo operante a Palermo, che sarebbe stato da lì a poco costituito, affidandomi l’intera gestione. Seppure meravigliato da cotanta considerazione e fiducia nei miei confronti, sia da parte sua, che di Parisi (mi conosceva personalmente per avermi già invitato nel suo ufficio) non accettai.
E’ noto che nel corso della mia pregressa attività di poliziotto, collaborai sia con Falcone che con Borsellino. Ebbene, con riferimento ai due magistrati, faccio rilevare che entrambi avevano l’abitudine, specie durante gli interrogatori, di annotare su fogli di carta notizie che apprendevano e che ai loro occhi risultavano essere interessanti. Pertanto, sulla scorta del loro modus operandi, penso che Paolo Borsellino annotasse sulla sua agenda rossa fatti e circostanze importanti del suo lavoro: direi una sorta di un’amica alla quale affidare gli intimi segreti lavorativi. E’ come ho scritto più volte, Paolo Borsellino la mattina del 17 luglio 1992 aveva con sé l’agenda rossa. Solitamente, quando non ho elementi certi su determinati accadimenti, mi astengo di esprimere pareri. Tuttavia, per i fatti in narrativa faccio un’eccezione.
Inizio col dire che, quando mi fu letteralmente “consegnato” Gaspare Mutolo, lo nascosi in un anonimo appartamento romano e proprio in quei giorni di convivenza, mi raccontò vicende di mafia palermitana, delle quali avevo indagato quand’ero alla Mobile palermitana. Mi raccontò anche i motivi che diedero luogo al suo pentimento. Mutolo mi riferì di aver chiesto e ottenuto di incontrare Giovanni Falcone, al quale avrebbe voluto affidare le sue dichiarazioni. Il dottor Falcone, pur non essendo titolato a svolgere indagini, andò ugualmente ad incontrare Mutolo, che da detenuto era ricoverato in un nosocomio di Pisa.
Mi racconta Mutolo, che quando si presentò innanzi a Falcone, deambulava usando delle stampelle e Falcone, guardandolo e abbozzando il classico sorrisetto sornione, gli disse subito: “Mutolo, non sarebbe il caso di buttar via le stampelle?”. Mutolo capì di essere stato scoperto e le buttò per terra. Il dottor Falcone, una volta ascoltato Mutolo, gli fece presente che egli non poteva interrogarlo, ma che avrebbe potuto farlo Paolo Borsellino. A Mutolo piacque l’idea, riteneva Borsellino persona seria e preparata quanto Falcone. Giova dire, che Falcone e Borsellino non erano fratelli di sangue, ma lo erano di fatto e che per Cosa nostra erano nemici da abbattere.
Io sono convinto che Mutolo fece a Falcone importanti confidenze. Ma questo dovrebbe dirlo lo stesso Mutolo. Ma nel caso l’avesse fatto, penso che Falcone avrà riferito tutto a Borsellino, e che egli l’abbia annotato sull’agenda rossa. Del resto, dopo la strage di Capaci, Paolo Borsellino fece intendere di essere in possesso di notizie, che avrebbe riferito ai magistrati di Caltanissetta. E non si può escludere che tra le cose apprese non ci fossero notizie scaturite nel corso del colloquio Falcone/Mutolo.
E’ ipotizzabile che dall’annuncio di Borsellino di riferire alla magistratura notizie sulla strage di Capaci e dall’asse Falcone/Mutolo/Borsellino, siano nati motivi di apprensione tra i personaggi del mondo degli appalti ed altri, del “nido di vipere”, come lo stesso Borsellino ebbe a definire la Procura di Palermo. Ancora oggi non è stata del tutto chiarita la protervia dimostrata dal procuratore capo Giammanco, di non affidare il fascicolo Mutolo a Borsellino, almeno fino alla mattina del 19 luglio 1992, quando gli telefonò di prima mattina per comunicargli di avergli assegnato la delega a indagare sui fatti di mafia di Palermo. Purtroppo Borsellino sarebbe stato ucciso poche ore dopo in via d’Amelio. C’erano forse collegamenti tra notizie riferite da Mutolo a Falcone e il rapporto cosiddetto mafia e appalti?
In questi giorni è emersa la notizia, che l’agenda rossa – secondo il magistrato di turno Salvatore Pilato – , che intervenne immediatamente in via D’Amelio, sarebbe stata vista il 20 luglio ’92 nell’ufficio di Paolo Borsellino, a cui erano stati apposti i sigilli da magistrati di Caltanissetta. Per quanto di mia conoscenza, Borsellino non incontrò mai Mutolo nell’arco temporale dell’incontro Falcone/Mutolo e la strage di Capaci. Borsellino incontrò per la prima volta Gaspare Mutolo il primo luglio 1992, poi il 16 e l’ultima volta il 17 luglio: il giorno in cui Mutolo fece il nome del magistrato Signorino (che si suicidò), di Contrada, e di altri personaggi palermitani. Ma quel giorno i nomi non confluirono nel verbale di interrogatorio.
Che ci stiamo avvicinando alla verità?