La Commissione europea, il Parlamento europeo e i governi nazionali decideranno questo martedì 28 novembre se includere o meno gli allevamenti di bovini nella direttiva sulle emissioni industriali. L’inclusione degli allevamenti intensivi, in particolare di quelli bovini, è diventata la questione più scottante dell’intero processo. I più grandi allevamenti di avicoli e suini – oltre 2 mila suini e/o 750 scrofe o 40 mila avicoli – sono già coperti dal regolamento dal 1996, poiché è assodato che l’inquinamento da essi prodotto non è diverso da quello di altre attività industriali oggetto della direttiva.

Per ridurre l’inquinamento di questo settore, la maggior parte dei governi e la Commissione europea intendono ampliare il campo di applicazione della direttiva, includendo anche gli allevamenti di bovini (finora completamente esclusi) e aumentando il numero di quelli di suini e avicoli oggetto della normativa. Il Parlamento, lo scorso luglio, ha invece votato per lo status quo, sulla spinta delle forze politiche di destra e con la collaborazione anche di membri di centro-sinistra.

Se questa linea conservatrice sarà confermata, tutti gli allevamenti intensivi di bovini e molti allevamenti di suini e avicoli riceveranno una simbolica “licenza di inquinare”. Tra gli Stati membri più propensi ad assecondare questo scenario figura l’Italia, schierata con Romania, Slovacchia, Bulgaria, Polonia e Ungheria.

Ma quali sono gli interessi che questi governi, insieme all’ala conservatrice del Parlamento europeo, stanno realmente difendendo? Sostengono che la revisione della direttiva metterà in difficoltà le “piccole e medie aziende agricole a conduzione familiare”, ma questo è falso, soprattutto per quanto riguarda il settore bovino: i testi legislativi attualmente in discussione, infatti, escludono dal campo di applicazione della direttiva oltre il 98% di tutti gli allevamenti intensivi di bovini in Europa.

È quindi piuttosto vero il contrario: si difendono gli interessi di pochi maxi allevamenti, di fatto equiparandoli alle piccole aziende, a danno di queste ultime, perché richiedere alle aziende più grandi e più inquinanti il rispetto di semplici requisiti e l’impegno a ridurre le proprie emissioni creerebbe condizioni più eque per milioni di aziende agricole di piccole dimensioni.

Tuttavia, fingere di proteggere i piccoli allevamenti sembra essere uno stratagemma elettorale per ottenere voti alle prossime elezioni europee. La mucca è diventata l’icona di uno stile di vita rurale in pericolo, ma la vera minaccia esistenziale per le piccole e medie aziende agricole non è rappresentata dalle normative sanitarie e ambientali, bensì dall’intensificazione e dall’industrializzazione del settore: allevamenti sempre più grandi e intensivi stanno sostituendo le piccole e medie attività e in soli 15 anni in Europa sono scomparsi più di quattro milioni di allevamenti, mentre in Italia abbiamo perso il 38% di aziende agricole in 10 anni.

Nonostante questo, il dito del blocco conservatore rimane puntato contro le normative ambientali: i conservatori del Parlamento europeo sono riusciti a escludere i terreni agricoli dalla legge sul ripristino della natura, e il regolamento sul metano attualmente in discussione riguarda solo le emissioni dei settori del petrolio e del gas. Mancanze molto gravi, se si pensa che la produzione agricola dell’Ue è la fonte del 93% delle emissioni di ammoniaca e del 54% di quelle di metano legate all’attività antropica, e che la maggior parte di queste emissioni proviene proprio dagli allevamenti intensivi. La produzione zootecnica è anche responsabile del 73% dell’inquinamento idrico derivante dalle attività agricole dell’Ue.

Di fatto, in quasi tutti gli atti legislativi volti a contenere le emissioni e l’inquinamento europeo, l’impatto della zootecnia intensiva è l’elefante nella stanza, e mentre i politici conservatori affermano di difendere lo stile di vita rurale, sostengono un sistema che sta lentamente trasformando le campagne in zone industriali, con camion che si spostano continuamente tra capannoni, mangimifici e macelli.

La puzza, il traffico e l’inquinamento atmosferico sono terribili per chi vive vicino nelle zone ad alta densità di allevamenti intensivi, come in Pianura Padana. È questo che le forze politiche conservatrici hanno in mente per il futuro della campagna che dicono di difendere?

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