E allora il Chelsea? Il Manchester City? Qualsiasi notizia riguardante una sanzione finanziaria proveniente dall’Inghilterra scatena un riflesso pavloviano nel tifoso, ma anche nel semplice appassionato, e la menzionata domanda prende forma. A maggior ragione in questi giorni dove per le prima volta in Premier League un club è stato sanzionato con la decurtazione di punti in classifica per non aver rispettato il Financial Fair Play. É toccato all’Everton, club storico del calcio inglese ma tutto fuorché una big, penalizzato di 10 punti e scaraventato sul fondo della classifica, in attesa del già annunciato ricorso. Si tratta davvero di una Premier capace di fare la voce grossa solo con le piccole, come ha tuonato l’ex Everton Michael Ball dalle colonne dal Daily Mail, oppure questa è sola la prima tessera di un domino clamoroso?

In primo luogo va precisato che si tratta del FFP della Premier League (che in realtà si chiama PSR e si riferisce al sistema di regole di redditività e sostenibilità della Premier), introdotto due anni dopo quello della UEFA, ovvero nella stagione 2013/14. Una misura destinata a interrompere quello che era un vero e proprio Far West, come da definizione dell’allora direttore generale dell’Arsenal Ivan Gazidis, il quale, dopo aver ricoperto per otto anni una posizione dirigenziale nella Major League Soccer (MLS), rimase di stucco nel trovarsi a dover lavorare in un ambiente dove vigevano “pratiche non consentite negli sport americani”.

Come funziona il FFP della Premier League
Rispetto al FFP UEFA, le regole del PSR inglese differiscono sotto diversi aspetti. Primo: l’importo massimo delle perdite che un club può registrare in tre anni, che per l’Inghilterra ammonta a 120 milioni di euro e per le competizioni europee a 60 – in entrambi i casi sono escluse spese quali investimenti su stadio e complesso sportivo, nel calcio femminile, in progetti sociali e formativi. Secondo: la UEFA esamina solo i conti relativi agli ultimi cinque esercizi finanziari, mentre la Premier non ha nessun vincolo temporale. Terzo: le prove di eventuali violazioni finanziarie possono provenire da qualsiasi fonte per la Premier League ma non per l’UEFA, che non apre alcun tipo di procedimento né ammette prove sulla base di fonti di natura “illegale”, quali ad esempio Football Leaks.

La battaglia legale del Manchester City
Quello delle fonti “illegali” è uno dei cavalli di battaglia della strategia processuale difensiva del Manchester City, sotto indagine dallo scorso febbraio per 115 possibili violazioni del PSR. I campioni di Inghilterra in carica contestano alla commissione indipendente della Premier League, presieduta dall’avvocato sportivo Murray Rosen, presidente del collegio giudiziario della lega inglese, di affidarsi a fonti di dubbia credibilità. Si tratta di un vero e proprio processo, svolto a porte chiuse e dalle tempistiche piuttosto lunghe, e in caso di colpevolezza il club potrà ricorrere in appello, ma è esclusa la possibilità di portare il caso in un tribunale ordinario o alla Corte Internazionale di Arbitrato dello Sport. Le sanzioni variano dalla multa al blocco del mercato fino alla decurtazione dei punti in classifica, per arrivare alla sospensione dal campionato e all’espulsione dalla Premier.

Il caso Everton
L’Everton è stato sanzionato in quanto ritenuto responsabile di aver sforato i parametri di circa 20 milioni di sterline a causa di perdite ammontanti a 124.5 milioni contro i 105 consentiti dal PSR. Si tratta del terzo caso di penalizzazione nella massima serie inglese dopo quelle del Middlesborough nella stagione 1996/97 e del Portsmouth nella 2009/10. In quei casi però le motivazioni riguardavano rispettivamente il non aver schierato in campo una squadra in un match contro il Blackburn Rovers (il Boro aveva mezza rosa debilitata da un virus) e la mole dei debiti contratti dal club. Casi quindi diversi e, soprattutto, gestiti in maniera imparziale. Quest’ultima è una caratteristica che, secondo molti critici, manca attualmente alla Premier nel giudicare questo nuovo tipo di violazioni, con l’Everton che lamenta una presunta disparità di trattamento rispetto alle big sotto indagine (anche se va notato come, nel suo caso, non dovevano essere esaminate 115 possibili violazioni) e il Manchester City che contesta il presidente Rosen in quanto socio dell’Arsenal e pertanto in palese conflitto di interessi.

In gioco la credibilità del sistema
L’Everton si comporta come qualsiasi società colta in fallo: si difende attaccando gli altri e adotta un approccio vittimistico. Resta però innegabile come questa sentenza ponga ulteriore pressione sulle valutazioni in corso che riguardano Manchester City e Chelsea, e rappresenti un punto cruciale per testare la credibilità del PSR inglese. Già accennato al caso del City, il Chelsea invece è sotto indagine per dei pagamenti provenienti da società dell’ex patron Roman Abramovich non inclusi nei conti annuali. Il proprietario Todd Boehly ha stanziato un budget di 115 milioni di euro per cautelarsi dalle possibili sanzioni derivanti da queste informazioni finanziarie incomplete. Rispetto al City che punta all’assoluzione piena, nel caso del Chelsea l’attesa riguarda soprattutto la tipologia di sanzione comminata. Un finale a tarallucci e vino come con la UEFA (multa di 9.9 milioni di euro e caso chiuso) rischierebbe davvero di ridurre il PSR inglese a una burletta come il FFP europeo.

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