Sono tornati i pifferai a suonare la stessa musica, hanno cambiato solo un po’ le parole, sempre meno magici e sempre più banali, con le loro promesse di un futuro roseo. Al posto dei personal computer e di internet oggi magnificano l’intelligenza artificiale e i robot che faranno sì che secondo Bill Gates, fondatore di Microsoft e ora filantropo: “Presto potremo lavorare solo 3 giorni la settimana, il resto lo faranno robot e intelligenza artificiale».

Qualche giorno prima si era pronunciato Elon Musk (Tesla e altro) alla Lancaster House: “L’intelligenza artificiale sarà in grado di liberarci dal lavoro o di lavorare più per soddisfazione che per bisogno”. Confesso che queste, più che promesse, mi sono parse delle minacce, ma non posso non nascondere che la mia formazione si è costruita attorno al lavoro e allo studio, nella ricerca di un lavoro che mi piacesse e mi consentisse di non pesare sulla mia famiglia, da quando avevo sedici anni (allora part time con la scuola).

Il rischio della retorica socialisteggiante è forte, e io sono stato fortunato. In tanti hanno commentato, filosofi, teologi, tecnologi, economisti e politici, ma quello che mi manca di più è il pensiero di una persona: Steve Jobs. Mi piacerebbe sapere se si sarebbe unito al coro di venditori di sogni o se alla luce dell’utilizzo delle sue scoperte e invenzioni avrebbe saputo dire qualche cosa di diverso, di profondo, non legato proprio al suo tornaconto.

Vero è che Steve Jobs non è sempre stato quello di “Stay hungry, stay foolish” e che la sua visione è sempre meno riscontrabile nei discorsi dei suoi successori a Cupertino, ma la differenza è tuttora lampante. Mi unisco a Paola Mastrocola, che sulle pagine de La Stampa paventa il rischio della noia, che ci sgomenta, tutti presi in un unico Pensionario Cosmico Universale. Riusciremo a dare un senso alla nostra vita, a trovare quel bilanciamento così difficile già ai nostri giorni?

Non mi riferisco all’Ikigai giapponese che secondo alcune ricerche favorisce la massima longevità, ma a qualche cosa che ci consenta di vivere con soddisfazioni e dignità. Secondo Anton Cechov, “L’amore senza le buone opere è una cosa morta… Quello che occorre è il lavoro, tutto il resto vada al diavolo”. Il lavoro è stato il fondamento di qualsiasi civiltà, anche se spesso ci sentiamo privi di un’idea centrale, in nome della quale lavorare e vivere. Sono domande da non rivolgere per ora a ChatGPT.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Non sappiamo più dire di ‘no’ ai figli. Più che il patriarcato, cambiamo la genitorialità

next
Articolo Successivo

Alle montagne servono più servizi per gli abitanti e meno infrastrutture turistiche

next