di Michele Sanfilippo
Quando vedo Veltroni in televisione o lo ascolto alla radio mentre promuove il suo ultimo libro o film non posso fare a meno di pensare quanto la sinistra italiana gli sia debitrice. È vero che non è solo merito suo se i partiti di sinistra di tutto il mondo, dopo la caduta del muro di Berlino, hanno abbracciato la religione unica del libero mercato, spinti dalle esperienze di Blair e Clinton. Anche In Italia, del resto, i DS nei primi anni 90, guidati da baffetto D’Alema, hanno abbandonato l’eredità di Berlinguer per abbracciare quella di Craxi.
Ma il vero cambio di passo avviene quando Veltroni (anche detto Uolter per la sua devozione verso i Kennedy), promuovendo la fusione a freddo di DS (ex PCI) e Margherita (ex DC) affossa definitivamente quel poco che restava dell’anima di sinistra, dando vita, nel 2007, a quel mostro a due teste che (ancora adesso) è il PD. Appena compiuta, questa brillante operazione determina la caduta del secondo governo Prodi dato che Mastella, sentendosi minacciato da questo nuovo partito a vocazione maggioritaria (parole di Veltroni) si sfila dalla coalizione di governo.
Inutile dire che le elezioni successive le ha vinte Berlusconi. Ma i successi della creatura di Veltroni non sono finiti lì.
È nel suo PD che imprenditori che erano già vicini ai DS (quali Colannino, Soru, Illy, De Benedetti) trovano piena cittadinanza.
È in questo PD che l’impresa diventa più importante del lavoro.
È sempre in questo PD che i lavoratori diventano risorse umane (cambiamento antropologico che, come ci spiega bene Michela Marzano nel suo illuminante Estensione del dominio della manipolazione, da soggetti diventano strumenti di un fine più grande: l’impresa).
È ancora in questo PD che muore la vocazione che dovrebbe avere ogni vero partito di sinistra: tutelare i più deboli, dato che i più forti ci riescono benissimo da soli.
E infine, anche grazie all’incapacità assoluta dei vecchi esponenti dei DS (D’Alema in primis ma anche Bersani, per non parlare di Fassino) di farsi da parte per permettere l’emergere di nuove idee in grado di ridare credibilità ad una forza di sinistra, arrivò Renzi che, con un linguaggio simile a quello del Movimento 5 Stelle (allora forza emergente nel panorama politico), ha preso il controllo del partito trasformandolo in una nuova Democrazia Cristiana.
La graduale e sistematica sostituzione del pubblico con il privato, promossa anche dal PD, ha determinato un drammatico impoverimento dello stato sociale. Come possiamo oggi stupirci se, in questo momento di drammatica crisi, tutti i ceti meno abbienti, orfani di un partito di sinistra, votano in massa per la Meloni.
Anche per questo noi, orfani delle social democrazie degli anni 70, non saremo mai grati abbastanza al mitico Uolter.
E oggi, quando lo ascolto promuovere, sempre con la consueta pacatezza, la sua ultima opera non posso fare a meno di rimpiangere il fatto che non si sia dato alla regia o alla scrittura anziché dedicarsi alla politica.
Probabilmente non solo non avremmo mai sentito parlare di lui ma, forse, la sinistra italiana non verserebbe nelle miserevoli condizioni attuali.