Il sottosegretario alla Giustizia di Fratelli d’Italia Andrea Delmastro è stato rinviato a giudizio dal gup di Roma, Maddalena Cipriani, nell’ambito del procedimento che lo vede accusato di rivelazione di segreto d’ufficio in relazione alla vicenda di Alfredo Cospito, l’anarchico detenuto al 41-bis e protagonista nei mesi scorsi di un lungo sciopero della fame. Delmastro, che in via Arenula ha la delega alle carceri, aveva rivelato al compagno di partito Giovanni Donzelli il contenuto di una relazione della polizia penitenziaria sui dialoghi di Cospito con alcuni boss mafiosi suoi compagni di reparto nel penitenziario di Sassari. E il 31 gennaio, durante una seduta della Camera, Donzelli aveva usato quelle informazioni per attaccare quattro parlamentari del Pd, Debora Serracchiani, Walter Verini, Andrea Orlando e Silvio Lai, accusandoli di vicinanza alla mafia per aver fatto visita all’anarchico qualche settimana prima (video). L’indagine era stata aperta dopo un esposto presentato in Procura dal parlamentare di Alleanza Verdi e Sinistra Angelo Bonelli.
La vicenda giudiziaria – L’inizio del dibattimento è stato fissato al prossimo 12 marzo. Nell’udienza preliminare di mercoledì – il sottosegretario era presente in aula – la Procura di Roma, rappresentata dal procuratore aggiunto Paolo Ielo, aveva chiesto il non luogo a procedere, in coerenza con l’interpretazione già adottata nei mesi scorsi. Lo scorso luglio infatti il gip Emanuela Attura aveva disposto l’imputazione coatta per il sottosegretario, non accogliendo la richiesta dei pm, che avevano invece sollecitato l’archiviazione ritenendo non ci fosse la prova dell’elemento soggettivo del reato (cioè della consapevolezza di Delmastro di stare violando un segreto amministrativo). “Confidavamo in una decisione diversa perché c’erano tutti i presupposti per una sentenza di non luogo a procedere”, ha commentato il difensore di Delmastro, l’ex parlamentare di An Giuseppe Valentino (che a sua volta è stato sottosegretario alla Giustizia nei governi Berlusconi II e III). Il giudice ha invece negato la costituzione di parte civile dei quattro esponenti del Pd.
Il sottosegretario: “Fiero di quello che ho fatto” – Dopo essere restato in silenzio tutto il giorno, il sottosegretario imputato ha parlato in serata su Rete 4, ospite della trasmissione Stasera Italia: “Non mi aspettavo il rinvio a giudizio, come i pm, che per due volte hanno chiesto il mio proscioglimento. Andrò a processo serenamente”, dice. Nega di aver fornito carte riservate a Donzelli: “Ho risposto a una domanda, non mi potevo trincerare dietro una segretezza che non c’era”, argomenta. Dicendosi poi “straordinariamente fiero di non aver tenuto sotto segreto un fatto di gravità inaudita, cioè che terroristi anarchici in combutta con criminali mafiosi tentassero di fare un attacco concentrico al 41-bis“: nei dialoghi riportati nella relazione, infatti, Cospito parlava con i boss di piani per arrivare all’abolizione del carcere duro. Alla domanda se terrebbe di nuovo lo stesso comportamento, Delmastro risponde senza esitazioni: “Lo rifarei domani mattina“.
La sconfessione di Nordio – Il rinvio a giudizio sconfessa anche la difesa di Delmastro ripetuta più volte dalla premier Giorgia Meloni e dal ministro della Giustizia Carlo Nordio, secondo cui il documento non era segreto. “Abbiamo chiesto la calendarizzazione della mozione di sfiducia per il sottosegretario Delmastro. Dopo il rinvio a giudizio, vorremmo capire perchè sia stato difeso da autorevoli esponenti del governo, come il ministro Nordio”, annuncia la capogruppo del Pd al Senato Chiara Braga. La sua segretaria, Elly Schlein, dice a Repubblica che “non esiste uno scenario in cui Delmastro sia adeguato al ruolo che ricopre: o era consapevole di aver passato a Donzelli atti coperti da segreto, e in questo caso è nel posto sbagliato, oppure non era consapevole e quindi è del tutto inadeguato”. “La difesa di Nordio, basata su motivazioni politiche e non sulle norme, è gravissima. Per questo, torno a chiedere a Nordio chi gli abbia chiesto di difendere Delmastro, quando la violazione del segreto amministrativo era evidente”, attacca invece il verde Bonelli. Che ricorda: “In aula, Donzelli affermò che i verbali da lui letti sarebbero stati accessibili a tutti i deputati su richiesta. Ricordo di aver chiesto al ministro gli stessi verbali in possesso di Donzelli, ma mi fu negato l’accesso, in quanto erano riservati. Ora, per rispetto delle istituzioni, Delmastro dovrebbe dimettersi”, conclude.
M5s: “Deve dimettersi” – A chiedere le dimissioni anche il Movimento 5 stelle con le capogruppo nelle Commissioni Giustizia di Camera e Senato, Valentina D’Orso e Ada Lopreiato: “Il rinvio a giudizio del sottosegretario Delmastro è solo l’ultimo passaggio di una vicenda gravissima prima di tutto sul piano istituzionale e politico. Il suo comportamento e quello del suo collega di partito Donzelli sono stati inqualificabili e per questo il M5s ha chiesto subito le dimissioni da sottosegretario per Delmastro e da componente del Copasir per Donzelli. Quanto deciso oggi dal gup di Roma per noi è solo la conferma del fatto che avevamo ragione nel denunciare quelle condotte, pericolose e offensive per il corretto funzionamento delle istituzioni. Ribadiamo dunque che Andrea Delmastro deve dimettersi dal delicato ruolo di sottosegretario alla Giustizia”, affermano in una nota. La senatrice di Alleanza Verdi e Sinistra Ilaria Cucchi invece incoraggia Nordio a revocare le deleghe a Delmastro, “perché non può più occuparsi del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria”.
Il centrodestra fa quadrato – Dalla maggioranza, invece, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giovanbattista Fazzolari (FdI) difende il collega con la stessa argomentazione usata ai tempi dell’imputazione coatta: “È inconsueto un rinvio a giudizio quando il pubblico ministero chiede il non luogo a procedere”, dice all’Ansa. E “con un rinvio a giudizio così inconsueto”, argomenta, “non ci sono le condizioni per un passo indietro. Sono certo che Delmastro riuscirà a dimostrare l’infondatezza dell’accusa che gli viene mossa”. Anche il vicepremier Antonio Tajani, segretario di Forza Italia, alza un muro contro l’ipotesi di dimissioni schermandosi dietro i disaccordi tra pm e gup: “Le dimissioni sono una cosa seria. Nel sistema italiano e in qualsiasi democrazia liberale si è innocenti finché non c’è una condanna definitiva, qui addirittura c’è stato un confronto tra la Procura e il magistrato che ha disposto il rinvio a giudizio, quindi figuriamoci”. Sulla stessa linea il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi: “Dimissioni? Non so perché. Esiste la presunzione d’innocenza fino a sentenza definitiva. Il caso è legittimamente controverso: il Pm aveva chiesto l’assoluzione e il gup si è dissociato, quantomeno è legittimo discuterne”. dice alla Stampa.