“La sconfitta di Roma nella sfida Expo 2030? Il governo italiano non ci ha creduto e non ha lavorato più di tanto, è stato molto debole sul piano delle capacità di relazioni diplomatiche. Ma soprattutto è stata stridente e assolutamente inopportuna la presenza del ministro Urso in Arabia Saudita il giorno prima del voto“. Lo denuncia ai microfoni di Radio Radicale il deputato di +Europa Riccardo Magi, che stigmatizza l’incontro che il 27 novembre, cioè il giorno prima della votazione per Expo 2030, il ministro dello Sviluppo Economico Alfredo Urso ha avuto coi vertici del Pubblic investment fund saudita, al fine di attrarre investimenti arabi.
Urso, che proprio stamattina ha puntato il dito della mancata vittoria di Roma contro Giuseppe Conte e Virginia Raggi, tacciati di aver candidato tardi la capitale italiana (in realtà, Riad si è candidata per ultima), viene invece accusato da Magi e da altri osservatori di comportamento inopportuno: “Il fatto che Urso veda dei competitor il giorno prima della gara è il segno che il governo Meloni non ci credesse nella vittoria di Roma. Io credo che una domanda a riguardo andrebbe posta al ministro Urso, perché non è normale, né è una coincidenza“.
Magi sottolinea anche l’inadeguatezza europea in questa vicenda: “È l’ennesima manifestazione dell’irrilevanza a cui i governi e i paesi europei si autocondannano se non si arriva a una capacità di lavorare in maniera più integrata ed effettivamente comune. Responsabilità del sindaco Gualtieri? No, nessun sindaco, date le condizioni di partenza, i rapporti di potere e il tipo di logica nei meccanismi decisionali, avrebbe potuto fare diversamente. Tra l’altro – aggiunge – il comitato ha lavorato bene e il progetto era assolutamente valido. Probabilmente è stato riconosciuto come il più valido anche da quelli che hanno votato gli altri. Le motivazioni dei pochi voti non sono imputabili al progetto italiano, ma alle capacità illimitate di investimento che ha l’Arabia Saudita”.
Il segretario di +Europa, infine, difende il niet del M5s alle Olimpiadi di Roma e di Torino: “È una tesi che trova fondamento nel fatto che in alcuni casi i grandi eventi non sono stati occasioni di realizzazione d opere infrastrutturali che lasciano un’eredità alla città, ma hanno causato grandi sperperi di risorse o di opere poi rimaste incomplete o inutili per i cittadini. Tutto dipende dalla credibilità e dall’autorevolezza dei comitati promotori – conclude – dai progetti messi in campo e dalla capacità di coinvolgere la cittadinanza, spiegando la validità del progetto e il modo in cui quell’opera determinerà un miglioramento della qualità della loro vita anche successivamente allo svolgersi dell’evento. Purtroppo, da questo punto di vista, Roma ha massacrato la sua credibilità e il rapporto coi suoi cittadini“.