Il conto finale è di 8,5 miliardi in meno per la quinta rata, legata agli obiettivi da centrare entro fine dicembre. E 2 miliardi in meno per la sesta, che dipende dai traguardi fissati per il 30 giugno dell’anno prossimo. Soldi che invece di entrare nelle casse dello Stato nel 2024 arriveranno ben più avanti, con un picco nel 2026 quando l’ultima rata sarà più pesante di 11,5 miliardi lordi (circa 10,5 al netto della restituzione del prefinanziamento del 2021) rispetto al previsto. Che cosa è successo? Semplicemente il nuovo Pnrr dell’Italia approvato dalla Commissione Ue prende atto della difficoltà di raggiungere molte milestone e target nei tempi immaginati quando fu presentata la prima versione del piano, sotto il governo Draghi. E di conseguenza sposta in avanti, verso l’orizzonte finale del Next generation Eu, anche gli esborsi attesi da Bruxelles. Le risorse mancanti andranno trovate sul mercato, facendo debito.
Mentre il governo Meloni festeggia l’esborso della quarta rata, salita a 16,5 miliardi con il recupero dei 500 milioni tagliati alla terza per il mancato raggiungimento, la prospettiva per il 2024 è dunque quella di un crollo dei fondi attesi dalla Ue. Con le conseguenze del caso sulla spinta degli investimenti alla crescita del pil. Dalle tabelle allegate alla proposta dell’esecutivo Ue, che dovrà passare al vaglio del Consiglio, mostrano il nuovo profilo dei pagamenti. La quinta rata, come conseguenza dello slittamento o eliminazione di 5 obiettivi su 69 a partire dagli Interventi per la resilienza, la valorizzazione del territorio e l’efficienza energetica dei Comuni, si alleggerisce da 20,6 a 12,1 miliardi lordi di cui 8,6 a prestito e il resto a fondo perduto. Tenendo conto della restituzione del prefinanziamento ottenuto nel 2021, scende da 18 a 10,5 miliardi. La sesta rata, che perde per strada 8 traguardi e obiettivi su 39, cala a sua volta da 11 a 9 miliardi netti.
Il lento recupero dovrebbe iniziare a partire dal 2025, con la settima e ottava rata che varranno rispettivamente 1,5 e 1 miliardo in più rispetto al cronoprogramma originario, e completarsi nel 2026 quando la nona rata sarà poco più alta rispetto ai 13 miliardi originari ma la decima salirà a 28,5 miliardi netti dai 18,1 preventivati. Una rimodulazione che scommette sulla capacità del Paese di recuperare i ritardi nella messa a terra dei fondi. Pochi giorni fa il Ragioniere generale dello Stato, Biagio Mazzotta, ha reso pubblico l’ultimo dato sulla spesa effettiva spiegando che finora sono stati spesi 42 miliardi di euro: si tratta del 22% delle risorse totali pre-revisione, ma se si depura la cifra dai 26 miliardi destinati ai crediti d’imposta automatici – slegati dalla capacità di gestione della pa – gli investimenti effettivi si fermano a 16. Come ha calcolato Il Sole 24 Ore, è solo il 9,5% dei fondi destinati agli investimenti. Entro fine anno il ministro Raffaele Fitto deve presentare al Parlamento la relazione semestrale sul Pnrr, con l’aggiornamento ufficiale dello stato di avanzamento del piano.