Il 22 ottobre 2022 Giorgia Meloni presta giuramento al Quirinale: è la prima presidente del Consiglio donna della Repubblica italiana, anche se una delle sue prime mosse ufficiali sarà quella di esigere di essere chiamata “il” presidente e non “la” presidente. La sua vittoria è dipesa da molti aspetti contingenti, tra cui l’assist perfetto di Mario Draghi, ma anche dal dato immutabile che l’Italia è un Paese naturalmente di centrodestra. La ragione più evidente e banale, però, è la motivazione “ultima spiaggia” di un elettorato sfinito: “Li ho visti tutti. Tranne lei: proviamola dai!”. E così ci ritroviamo un capo del governo che ascoltava canzoni antisemite e ora fa la guerra alle minoranze, si blocca se deve condannare il fascismo, afferma che i rom devono “nomadare e transumare” e combatte strenuamente per difendere la famiglia (la sua e basta). Senza contare le altre perle che Andrea Scanzi raccoglie e mette in fila: sì al blocco navale, ni alla sostituzione etnica, no ai centri di accoglienza che “distruggono i territori”, il mio caro amico Saied, quel gran genio di Orbán, guerra santa alle Ong, i migranti che partono sprezzanti del pericolo (perché non se ne stanno a casa loro?), è un complotto dell’Europa, è una trama ordita dalla Germania, è una congiuntura storica ideata dagli alieni. Ma se pensiamo a Meloni come a un fenomeno marginale e provvisorio, sbagliamo totalmente. Non sarà facile, non sarà breve e non sarà indolore. Saranno anni pesanti. Ma non abbiamo altro che questo: conoscere, reagire, resistere.
LA SCIAGURA. GIORGIA MELONI E IL SUO GOVERNO DISASTROSO di Andrea Scanzi
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