VINCENT DOIT MURIR di Stephan Castang (Francia, 2023) Crazies
Quando lo spirito dissacrante di Quentin Dupieux incontra la metafisica polanskiana de L’inquilino del terzo piano e il grand guignol di Cronenberg e Romero. La vita del goffo e insignificante designer parigino Vincent (Karim Leklou) si trasforma all’improvviso in incubo muto e violento: diversi colleghi di lavoro prima, poi alcuni passanti, infine due bimbi vicini di casa lo aggrediscono prendendolo a botte e cercando di ucciderlo. Razionalmente non c’è spiegazione e allora Vincent nell’indifferenza generale fugge in Normandia nella casa del padre e scopre che esiste una rete nascosta che si chiama Sentinelle composta da persone che temono per la vita appena incrociano lo sguardo di altri uomini e donne. Unico campanello d’allarme il ringhiare del proprio cane che avvisa dell’imminente aggressione. La fuga con il cagnetto Sultan e la ruspante e ginnica cameriera di un fast food (Vimala Pons) finirà tra scenari apocalittici di morte e distruzione verso l’Atlantico. Vincent doit murir è suggestione di cinema di genere americano incistato con giudizio e originalità in corpo e anima francese: tanto esilarante, sardonico e sorprendente nella prima parte, quanto più disunito e leggermente ripetitivo sul fondo. Al centro, comunque, una vivida e ruvida storia d’amore che salverà i viventi dalla solitudine. Proprio come canta Dave nel brano Vanina (1961) presente più volte nel film.