Cinema

Il regno animale. il film di Thomas Cailley e Adele Exarcopoulos che vi farà sobbalzare

di Davide Turrini

Inutile, se vogliamo andare a pescare spunti e linfa di cinema nuovo dobbiamo buttarci nelle produzioni francesi. Le regne animal/Il regno animale di Thomas Cailley – Fuori Concorso al 41esimo Torino Film Festival, ma passato a Cannes al Certain Regard – è uno di quei film che ti fa istintivamente sobbalzare. François (Romain Duris), il figlio 16enne Emile (Paul Kircher, da seguire con attenzione) e il cane Albert sono fermi dentro la loro auto bloccata nel traffico. Pochi istanti di chiacchiera con litigio – i tre stanno andando a visitare la madre in ospedale – e all’improvviso un’ambulanza comincia a dondolare furiosamente: urla, vetri crepati, pareti che si deformano (un fuori vista che vale mezzo film) fino a quando un uomo mezzo nudo ma con ali e garretti da aquila sfonda il portellone. Stupore? Fino ad un certo punto. Almeno per gli abitanti di questa grande città del nord della Francia dove si viene a sapere che da diverso tempo molti uomini e donne (compresa la mamma di Emile) sono vittime di un’inspiegabile ondata di mutazione fisico-corporea che li trasforma in animali.

Il destino delle “creature”, non proprio direttamente pericolose per l’uomo, è di essere agguantate con fatica da polizia e sanitari, per poi essere rinchiuse in ambulatori e curate, o finiscono preda di cacciatori improvvisati che amano farsi giustizia da sé. Così quando la madre di Emile verrà trasferita in un’enorme struttura ospedaliera all’avanguardia nel Sud del paese, tutta la famiglia si trasferirà al seguito: ospitati in un camping e in una località più immersa nella natura, dovranno inserirsi in un contesto più ostile e impulsivo verso le creature, fino a quando sarà Emile a dare segni di mutazione.

Incorniciato in un contesto spaziale allusivo (urbano-non urbano) non precisamente definito ma contrassegnato dalla presenza di foreste, fiumi, caverne, Cailley orienta la visione dentro al tunnel dell’animalità qui in funzione sia di diversità sociale che soprattutto di rapporto uomo-bestia-natura. Tanti i riferimenti sottotraccia alla naturale discendenza animale dell’uomo: il gioco continuo tra padre e figlio sul fatto di puzzare e lavarsi poco, i tentativi di leccarsi le proprie ferite, di assumere istintive posture non umane; ma soprattutto il tentativo reiterato e squilibrato di assimilazione tra “normalità” ed “eccezione”, soprattutto da parte di Emile e dalla compagna di banco disfunzionale. Le creature infatti fuggono e si rifugiano di continuo tra i boschi, talvolta fanno capolino tra i normali, ma non è mai per uccidere come in un horror d’antan.

In questa contraddizione Cailley costruisce la suspense, dipinge il quadro come se fosse la natura a dominare sul cemento, cesella un ritmo da action movie per il graduale countdown sulla metamorfosi del protagonista e sulla sua possibilità di sopravvivenza. Non c’è la trasformazione in plein air da Un lupo mannaro americano a Londra, ma la percezione del corpo che cambia attraverso lo sguardo altrui sì. Infine, altro elemento sui generis sia come scrittura che messa in scena, Cailley ci porta ulteriormente dentro alla foresta, quasi senza luce artificiale, in un’apnea semisoggettiva del protagonista, immergendosi/ci in un originale spazio alla Avatar popolato da creature a cui come sempre tocca soccombere di fronte al sadismo dell’uomo. Girato nel Sud Ovest della Francia in Nouvelle Aquitaine con un budget di oltre 13 milioni di euro. Cailley è all’opera seconda e già con Les combattants (2014) ci aveva colpito per questo serio scivolamento dei due protagonisti che si amano animalescamente tornando ad un ipotetico stato di natura modello Laguna blu. In Italia con I Wonder in sala a fine febbraio 2024. Adele Exarcopoulos interpreta una atletica poliziotta vicina ai protagonisti.

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