Biologicamente, il ruolo femminile è di gran lunga più importante di quello maschile, tanto che in alcune specie animali i maschi sono semplici iniettori di sperma, in perenne accoppiamento con le femmine, ridotti a escrescenze sui loro corpi. Altre volte sono indipendenti ma a vita breve, giusto il tempo di accoppiarsi. I rotiferi bdelloidei prosperano senza bisogno di maschi: le uova si sviluppano per partenogenesi. Nelle specie con rituali di accoppiamento i maschi corrono più rischi perché sono appariscenti, per attirare l’attenzione delle femmine, oppure combattono fino alla morte. I maschi si propongono, le femmine dispongono e controllano la riproduzione.
Una femmina è biologicamente certa, anche se non lo sa, che la sua prole ha metà dei suoi geni, più l’eredità mitocondriale, esclusivamente materna. L’altra metà arriva con la fecondazione da parte di un maschio. Se la femmina si accoppia con più maschi, solo uno riesce a passare i suoi geni alla prole, fecondando l’ovulo materno. Gli altri maschi, pur essendosi accoppiati, escono sconfitti dalla selezione sessuale e i loro geni muoiono con loro. Lo sappiamo anche noi: la madre è sempre certa, mentre il padre… Da questa incertezza deriva l’ossessione del possesso femminile da parte dei maschi, insicuri della paternità dei figli delle rispettive compagne.
I leoni sono forse la specie più maschilista: il maschio ha un harem di femmine che cacciano per lui e si accoppiano con lui, dandogli molti figli. Fino a quando un giovane leone lo uccide, assieme a tutti i cuccioli derivanti dai suoi accoppiamenti, si impossessa dell’harem e si accoppia con tutte le femmine: omicidio, infanticidio e stupro, se questi atti fossero compiuti da umani.
La nostra specie è meno estrema dei leoni: i maschi hanno ruoli di procacciatori di risorse, con la caccia, e di difesa del territorio, con la guerra. Le femmine hanno ruoli di cura e di produzione della prole. Da una parte riconosciamo una supremazia valoriale a questi ruoli con regole tipo: prima le donne e i bambini. Dall’altro, però, le donne sono escluse dai processi decisionali. Le femmine umane hanno minore vigore fisico dei maschi (non per niente gareggiano separatemente negli sport) ma hanno pari capacità intellettuali (cosa non da poco per una specie che si chiama sapiens). Dato che le decisioni non si prendono con la forza ma con l’intelletto, sarebbe biologicamente saggio utilizzare anche le potenzialità femminili. Invece prevalgono quelle maschili, e forse è per questo che la nostra storia è così costellata di guerre. D’altronde, chi “ragiona” e rifiuta la violenza soccombe rispetto a chi si afferma con la violenza, sia nei rapporti familiari sia in quelli tra Stati.
In alcuni paesi, soprattutto in Occidente, le donne si sono ribellate alla prepotenza maschile e hanno intrapreso una rivoluzione senza precedenti. Una rivoluzione incompiuta, visto che persino nei paesi più culturalmente evoluti la parità non è ancora raggiunta. In altri, le donne girano con un sacco in testa, non possono andare a scuola e, se adultere, sono lapidate.
Gli uomini non sono culturalmente preparati a questa rivoluzione epocale che, se attuata, garantirebbe un futuro prospero per la nostra specie. Siamo troppi e dobbiamo smettere di crescere, altrimenti gli ecosistemi planetari non ce la faranno a sostenerci: l’istruzione superiore alle donne è il miglior anticoncezionale. C’è chi dice che “loro” (i paesi teocratici) non lo fanno e quindi ci soverchieranno: tanto vale farlo anche noi. Non è copiando chi sbaglia che si guarisce dalla follia della crescita infinita dell’economia e della demografia.
Le donne giustamente lottano per la parità con gli uomini ma credo che abbiano commesso un errore biologico. Per la nostra specie entrambi i sessi sono di vitale importanza, non siamo rotiferi bdelloidei. L’evoluzione culturale verso l’emancipazione femminile deve riguardare anche i maschi, naturali alleati delle femmine, non loro nemici. L’emancipazione delle donne deve avvenire di pari passo con l’evoluzione culturale dei maschi, e questa non si ottiene combattendoli ma rendendoli partecipi del processo. La parità non va attuata con la forza ma con la ragione, non contro i maschi ma con i maschi. Mi è capitato di partecipare a manifestazioni femministe e di essere cacciato: ora i maschi abbandonino la riunione: fuori! Ma come? Facciamo nostre le vostre lotte e voi ci mandate via? Questo astio è giustificato, ma è controproducente. Le ultime vicende stanno avvicinando i due sessi e i maschi iniziano ad essere considerati pari rispetto alle femmine, dalle femmine stesse.
In biologia, mi spiace, le femmine sono più importanti. Sono loro a garantire la continuità della specie. Rispetto al contributo maschile (uno spermatozoo) il contributo femminile è incommensurabilmente superiore sia in qualità sia in quantità. I maschi offrono supporto logistico. Ovviamente le porzioni meno culturalmente evolute della specie cercano di resistere. Spero che l’evoluzione le spazzi via. Parafrasando un antico slogan: femmine e maschi uniti nella lotta. Eh già, per la nostra grammatica se un aggettivo si riferisce a due sostantivi di genere diverso, prevale il maschile. Non a caso abbiamo una donna presidente che si fa chiamare il presidente.