Si avvicina l’Ecofin straordinario dell’8 dicembre. La sera prima a cena si discuterà della riforma del Patto di Stabilità. Complice l’atmosfera prenatalizia, fioccano bozze come neve. Ritocchi cervellotici per cercare una quadra tra due impostazioni profondamente differente. La prima più attenta al ruolo che gli Stati dovrebbero continuare a svolgere a sostegno dell’economia, la seconda che vorrebbe riportare il rigore nei conti pubblici come priorità a cui subordinare tutto il resto. Solita divisione, da un lato i paesi mediterranei come Italia e Spagna, dall’altra i “frugali” capitanati dalla Germania. Francia in mezzo a fare da ago della bilancia e che ultimamente sembra pendere verso Berlino, umore incorporato nell’ultima bozza della Commissione UE. L’Italia chiede almeno che gli investimenti per la transizione verde non vengano computati nel debito. In assenza di un accordo dal prossimo primo gennaio tornano in vigore le vetuste regolette del 3% (limite ai deficit pubblici) e del 60% del Pil (valore verso cui deve tendere il debito). Tutto ciò sebbene tra gli economisti non esista più un consenso su quale sia il grado tollerabile di debito per uno stato.
L’ultima idea di compromesso circolata, riferisce l’agenzia Ansa, prevede un taglio del debito annuo dell’1% del Pil per i Paesi più indebitati (su tutti Grecia, Italia e Spagna, ndr), da iniziare già durante il primo piano di spesa e subito dopo l’aggiustamento per riportare il deficit entro il 3%. L’obiettivo di salvaguardia sul deficit, orizzonte a cui puntare una volta completato l’aggiustamento sul deficit e posto il debito in un percorso plausibilmente discendente, è indicato all’1,5% del Pil. Torna la divisione tra i paesi fortemente indebitati e quelli che superano il tetto del 60% fissato dai trattati. La regola del taglio annuo dell’1% del Pil varrebbe per i paesi con un debito che supera il 90% del Pil. Dunque Italia, Grecia, Spagna, Portogallo ma anche Francia e Belgio. Per quelli con un debito tra il 60 e il 90% la richiesta sarebbe di ridurlo dello 0,5%.).
Si ipotizza poi una forchetta tra lo 0,5% e lo 0,75% annuo cumulato per la soglia di scostamento che sarà tollerata per i piani di spesa a 4 anni, che saranno concordati dagli Stati e potranno venir estesi a 7 anni. In sostanza un margine di tolleranza rispetto agli impegni sui conti pubblici. Questa forchetta è rimasta a lungo indefinita, anche se il tema è sempre rimasto centrale nelle trattati assieme alle salvaguardie sul calo del debito e del deficit. Anche la forchetta da ultimo ipotizzata sarebbe però giudicata troppo alta dai Paesi “frugali”. In generale fonti a conoscenza del negoziato ritengono molto difficile che si riesca a concordare un approccio generale all’Ecofin come pure si ritiene difficile un accordo politico sulla riforma.