La mia stretta di mano con Henry Kissinger. In quel periodo non mi occupavo di mafia, ero in servizio alla Digos, e quindi alla bisogna scortavo personaggi politici. Herry Kissinger mi salutò con una stretta di mano ed io rimasi basito, poiché non mi aspettavo un gesto del genere. Durante la mia permanenza alla Digos scortai capi di Stato, ministri, ambasciatori e confesso che rarissime volte sono stato salutato, come nel caso di Kissinger.
Le scorte che facevo erano finalizzati alla protezione del personaggio per l’intero periodo che soggiornava sul territorio di nostra competenza. Scortai Helmut Kohl, Nemer Hammad (mi regalò la kefiah) Giovanni Spadolini, Giulio Andreotti, Giorgio La Malfa, Franco Frattini Gianfranco Fini, Donat-Cattin, Achille Occhetto, Massimo D’Alema, Bettino Craxi, Claudio Martelli, Ciriaco De Mita, Luciano Lama e tanti altri. Devo confessare che alcuni di loro – per fortuna pochi – ci trattavano con superficialità e quasi sempre non salutavano, né all’arrivo né alla partenza. Spesso, ci turavamo il naso, ma obtorto collo, eravamo costretti a scortarli. Invece, Henry Kissinger, dimostrò d’esser una persona empaticamente sincera e, non già per la stretta di mano, ma perché spesso mi dimostrava vicinanza.
Poi scortare i presidenti Spadolini e Andreotti era un spasso. Franco Frattini? Un gran signore. Una volta mi disse: “Non metta la sirena, andiamo piano a me piace guardare la campagna verdeggiante”. Mentre un politico notissimo, che avrebbe partecipato allo stesso evento di Frattini, pretese dall’altra pattuglia l’uso della sirena. Vabbè, stendiamo un velo pietoso.
Ci sono state due occasioni di contrasto con personaggi scortati: uno pretendeva di superare i limiti di velocità mentre era in corso un temporale e la mia auto vetusta non teneva la strada bagnata: più volte avevo richiamato la sua intenzione, ma faceva orecchie da mercante, e siccome non potevo mettere a repentaglio le nostre vite, oltre a quelle di altri automobilisti, via radio gli dissi che avrei fatto dietrofront: così feci. Un ministro (molto noto) mi disse: “Può andare non ho bisogno della scorta”. Ed io di rimando: “No, non posso smettere di scortarla. Chiami il Questore o il mio dirigente”. Non avrei voluto scortarlo, ma fui costretto a continuare.
Voglio raccontare un aneddoto. I colleghi della Digos romana, dopo aver scortato a Rimini l’ambasciatore tedesco in Italia, Friedrich Ruth, fecero rientro nella capitale. L’ambasciatore doveva partecipare ad un evento al Palacongressi. A tarda sera e a manifestazione conclusa, mi accorsi che l’ambasciatore vagava spaesato. Capii che era in difficoltà e gli chiesi: “ Non va a cena?”. Rispose: “Sì, ma non so dove andare”. L’avevano praticamente abbandonato. “Vuole venire con noi? “Volentieri!”. Andammo in un ristorante sul mare di Bellaria Igea Marina, e cenammo a base di pesce. Ad un certo punto l’ambasciatore chiese il conto, la risposta del cameriere fu: “già pagato!”. L’ambasciatore insistette ed io: “Mi scusi, questa sera lei è ospite della polizia di Stato”. La mattina seguente l’organizzatore, un avvocato che conoscevo benissimo – persona serissima – amareggiato si scusò con l’ambasciatore: voleva rimborsarci il conto della cena, ma non accettammo.
Conclusa la manifestazione, partimmo alla volta di Roma, accompagnando l’ambasciatore nella sua residenza privata (se ricordo bene nei pressi dell’Appia Antica). Appena giunti nella villa a notte fonda, il diplomatico diede disposizioni per farci pernottare. Lo ringraziammo del gentil pensiero, ma preferimmo far rientro a casa, e nel salutarlo mi diede il suo numero di telefono privato, invitandomi a chiamarlo qualora mi fossi trovato a Roma.
(foto di Giorgio Sabatini fotoreporter, riproduzione riservata)