Il "The Cal" 2024 non solo è il primo Calendario scattato da un giovane fotografo africano, ma è un vero manifesto dell'Africa e dell'orgoglio black
Come può un calendario essere “senza tempo”? È questa la domanda paradossale attorno a cui ruota il Calendario Pirelli 2024 presentato il 30 novembre a Londra con un party esclusivo e realizzato dall’artista ghanese Prince Gyasi. “Timeless”, “Senza tempo” è infatti il titolo di quest’opera che travalica la sua funzione primaria di oggetto chiamato a tenere traccia dello scorrere dei giorni e dei mesi e si proietta nel futuro come volano per l’Africa. Sì, perchè non solo è il primo Calendario scattato da un giovane fotografo africano, ma è un vero manifesto dell’Africa. Attraverso i colori sgargianti e i colori decisi che contraddistinguono il suo stile, Gyasi, 28 anni, racconta la sua cultura, la sua terra e l’orgoglio black, tanto tra i protagonisti ritratti ci sono icone nere come Naomi Campbell, Angela Bassett ma anche il re degli Ashanti, Sua Maestà Otumfuo Osei Tutu II. E il fatto che lo faccia nella cinquantesima edizione dei sessanta anni di storia di “The Cal” aggiunge ulteriore forza al suo messaggio.
“Non siamo nati ‘senza tempo’, ma lo diventiamo”, ci dice il visual artist ghanese spiegando che “questo Calendario è senza tempo ma pieno di tempo, perché ritrae persone che hanno travalicato lo scorrere del tempo e sono diventate come dei supereroi nei quali possiamo identificarci. utti i personaggi ritratti hanno saputo riconoscere le proprie capacità e si sono affermati. Hanno trovato il loro punto di forza, cambiando il proprio destino. È questo l’essere senza tempo. Le persone che lo sfidano, non seguono ciò che pensa la società, non si lasciano influenzare da età, fama, denaro e sviluppano i propri talenti in modo autentico. Fanno cose che per molti appaiono straordinarie, ma per loro sono normalissime e sono state in grado di cambiare il proprio destino. Non tutti devono essere sotto i riflettori ma possono cambiare la narrativa nel proprio campo o fare qualcosa di diverso, in grado di ispirare a propria volta altre persone”. Non a caso ad ognuna di esse ha associato un colore simbolo e una parola chiave, principi e virtù che possono ispirare chiunque: Naomi Campbell, ad esempio, è la “time stopper”, colei che ha fermato lo scorrere del tempo. L’attore Idris Elba è l'”uomo d’onore”, la topmodel Tiwa Savage invece “resilienza” e, ancora, la scrittrice Margot Lee Shetterly e la giovane poetessa Amanda Gorman sono “il modello”. D’altra parte, prima ancora di essere un oggetto di culto e da collezione, il Calendario Pirelli ha superato in questi 60 anni ogni logica di marketing ed è diventato uno specchio dell’evoluzione della società, di cui ne coglie e ne interpreta l’essenza attraverso l’obiettivo di fotografi e artisti: in quest’ottica, l’edizione 2024 non è solo un omaggio alla diversità culturale e all’innovazione artistica, ma anche un segnale preciso. È all’Africa che bisogna guardare.
“Prince Gyasi rappresenta simbolicamente tutti i giovani artisti dell’Africa. Se penso al futuro, sicuramente vedo questo continente protagonista“, sottolinea il presidente di Pirelli Marco Tronchetti Provera incontrando i giornalisti italiani a Londra. “L’Africa è per noi italiani alle porte di casa, trovo sbagliato non cercare di costruire qualcosa insieme. Adesso è ancora un mercato marginale ma nei prossimi anni diventerà centrale e noi ci saremo. Questo ragazzo unisce la sua energia alla tradizione e, con grande freschezza, offre una lettura del futuro”. E in questo futuro, il re degli Ashanti Otumfuo Osei Tutu II vede grosse potenzialità economiche: “Questo Calendario è un primo, inedito, passo verso il nostro Paese. Porta nel mondo una nuova immagine di africanità e confidiamo che ciò possa avere un impatto sugli investimenti nel territorio – ha spiegato il principe Baafuor Agyei Fosu II, suo portavoce -. La nostra speranza è di contribuire a creare una prospettiva più completa e autentica del continente africano, che porti crescita e opportunità ai tanti giovani che oggi sono costretti a lasciare la loro terra per tentare la fortuna altrove. Artisti come Prince sono di ispirazione perché i giovani africani capiscano che il loro futuro può essere qui a casa loro”. Anche la scelta delle location, Londra e il Ghana, consolida l’immagine di questo Calendario come un ponte tra le radici africane e la società occidentale.
Due culture che si uniscono attraverso l’arte di questo giovane ragazzo dai capelli-scultura che fonde fotografia e pittura in un unico linguaggio visivo: “Nel Calendario c’è la celebrazione dell’eccellenza nera e della diaspora degli africani nel mondo. Il fatto che i neri americani abbiano lottato così tanto per l’uguaglianza è ancora fonte di ispirazione per i Paesi dove la parità ancora non c’è”, sottolinea Angela Bassett, attrice vincitrice di un Golden Globe per aver interpretato Tina Turner in Tina – What’s Love Got to Do with It. “Sono onorata quando i giovani attori dicono di ispirarsi a me, a prescindere dalle differenze di genere e di razza: questo è il senso di umanità che ci lega a prescindere dalle diversità”, aggiunge. E se Amanda Gorman, la poetessa che declamò un suo componimento durante la cerimonia di insediamento di Biden come presidente Usa nel 2021, rivendica la sua fierezza di aver posato in qualità di donna “decisamente americana, decisamente africana e decisamente nera“; l’attore James Samuel nota invece come, negli scatti di Gyasi, emergano tutti i colori tranne il nero.
Le fotografie di questo ragazzo di 28 anni hanno infatti una forza espressiva che lo hanno fatto entrare presto nell'”Olimpo” della fotografia, tanto che il suo nome resterà nella storia del Calendario accanto a quello di Annie Leibovitz, Helmut Newton, Herb Ritts, Steve McCurry, Paolo Roversi e Emma Summerton (che l’ha fotografato l’anno scorso). Gyasi ha iniziato a scattare all’età di 16 anni con uno smartphone ed è salito rapidamente alla ribalta mondiale grazie a un’arte che racconta storie e cattura l’atmosfera e la vivacità della sua comunità e della sua generazione, cercando al contempo di sfidare le narrazioni tradizionali sull’Africa, l’elitismo nell’arte e gli ideali occidentali di bellezza. Tanto da mettere anche sé stesso nel cast: “L’ispirazione per questo Cal mi è arrivata dai miei ricordi d’infanzia, dalle immagini di Naomi Campbell e Angela Bassett che vedevo in tv o sui giornali. Erano le mie icone. Oggi sono diventate le mie muse”.