Il potere in Italia è ancora quasi esclusivamente in mano agli uomini. Questa la sconfortante fotografia che emerge dal rapporto “Sesso è potere 2023“, che analizza la rappresentanza femminile nei campi del potere politico, economico, dei media e del mondo accademico in Italia. Condotta dalle associazioni no profit dedicate alla trasparenza dei dati in rete e temi di giustizia sociale info.nodes e onData, l’indagine incrocia i dati condivisi da enti governativi e territoriali con ricerche aggiuntive per rappresentare le diverse opportunità di accesso ai ruoli di comando per gli uomini e le donne nel nostro Paese. “Serve più riconoscimento reciproco. Servono donne che nominano altre donne in posti strategici”, afferma Gloria Riva, co-autrice del report e socia di info.nodes. “Cominciamo tutte (e tutti) a fermare sul nascere ogni singolo gesto verbale di maschilismo” continua, ricordando che “cambiare il linguaggio è cambiare il pensiero”. D’accordo anche Davide Del Monte, co-autore dell’indagine: “La nostra analisi mostra come lo squilibrio di potere sia enorme, trasversale, endemico”, chiarisce sul lavoro svolto insieme alle colleghe. “Da uomo, credo sia necessario fare la mia parte. È una situazione da cui non vedo vie d’uscita se non con pratiche radicali di contestazione dello status quo, di cui lo slogan “bruciamo tutto” è un’ottima sintesi”.
Il risultato è trasversale per ogni settore analizzato: sono gli uomini a ricoprire posizioni di potere. Questo nonostante in Italia le donne siano in maggioranza (51,3% contro il 48,7% di uomini) e risultino più istruite degli uomini, con il 65,3% delle cittadine che ha almeno un diploma contro il 60,1% tra gli uomini e le laureate che arrivano al 23,1%, contro il 16,8% tra gli uomini. A poco vale che il Paese sia guidato per la prima volta da una presidente del Consiglio donna, Giorgia Meloni, da poco inclusa nella lista di Politico sulle persone più influenti del mondo per il 2024, fronteggiata in Parlamento dalla prima leader donna del Partito Democratico, Elly Shlein.
Politica – Come evidenziato dal report, si tratta di un’eccezione in un quadro politico dove le donne sono ancora quasi del tutto assenti dal governo del territorio. Le donne elette in parlamento sono 200 sul totale di 600 seggi elettivi disponibili e solo 18 ministeri su 24 sono a guida femminile. Non va meglio a livello regionale, dove su 20 regioni 19 sono a guida maschile, con l’unica donna eletta alla presidenza in Umbria, dove governa Donatella Tesei.
Particolarmente dominato dagli uomini è l’ambito diplomatico, con solamente 20 donne ambasciatrici su 128 totali. Da evidenziare tuttavia la posizione di rilievo dedicata a due di loro, Angela Zappia a Washington ed Emilia Gatto in Corea del Sud. Anche nei Comuni le donne faticano a farsi spazio. Nell’84,7% i sindaci sono uomini, mentre le donne che ricoprono la massima carica comunale sono appena il 15,3%. La situazione migliora notevolmente se si osserva la composizione delle giunte, dove il bilanciamento tra uomini e donne è quasi paritario (ma comunque a guida maschile con il 56,52%).
Economia – Un quadro simile si può osservare in campo economico, dove nelle prime 50 aziende per capitalizzazione quotate alla Borsa di Milano ci sono solamente due donne amministratrici delegate. “Impresa è un sostantivo maschile”, recita il report, sottolineando come anche nei ruoli dirigenziali l’assenza delle donne risulti evidente. Le manager sono appena il 27% del totale dei dirigenti, un valore che colloca l’Italia nella parte bassa della classifica dell’Unione europea e ampiamente al di sotto del valore medio, pari al 33,9%. Il rapporto segnala anche che secondo il database di Banca d’Italia sul divario di genere gli uomini detengono in media una ricchezza netta di circa il 25% maggiore di quella delle donne.
Media e università – Un altro settore che desta particolare preoccupazione è rappresentato dal mondo dell’informazione. Per quanto riguarda i quotidiani, su 20 testate prese in esame solo 2 hanno a capo una donna: Agnese Pini al Resto del Carlino e Stefania Aloia (da ottobre) al Secolo XIX. Nei telegiornali nazionali, invece, in tutti i 10 casi analizzati il direttore è un uomo. “Il mondo dell’informazione è dominato dagli uomini, in maniera forse ancora più assoluta di quello della politica e di quello dell’economia”, scrivono autori e autrici del rapporto. Stando all’analisi, nel mondo dei media non solo le posizioni apicali sono nella quasi totalità affidate a uomini, ma quando le donne sono presenti in redazione sono comunque soggette a discriminazione e abusi sistematici, con l’85% delle giornaliste che in un’indagine del 2019 della Federazione nazionale stampa italiana dichiaravano di avere subito molestie sessuali almeno una volta nel corso della loro vita professionale. La disparità impera anche nel mondo dell’università e della ricerca, dove su 84 atenei, 73 hanno un rettore e 11 una rettrice: gli uomini solo quindi alla guida dell’86,9% delle università italiane.