Al comprensivo “Montaldo” di Genova è sciopero contro la mensa della scuola perché nei piatti dei bambini sono stati trovati “capelli e altri oggetti di origine non chiara”. Alla primaria di Fontaneto sono spuntati dei vermiciattoli nella minestra. Due storie che rappresentano il paradigma di un diritto che in Italia ha molte ombre. Secondo quanto riportato dal Secolo XIX alle elementari “Da Passano”, nel capoluogo ligure, i genitori sono arrivati al punto di fare una segnalazione all’Asl e ai Nas. Nel frattempo, 180 bambini stanno portando il pranzo da casa perché le famiglie non ne vogliono più sapere. Una guerra tra genitori e Comune che si è difeso parlando di “contaminazione ambientale”: “La situazione – ha spiegato l’assessorato al quotidiano di Genova – è del tutto sotto controllo e non abbiamo riscontrato nessuna anomalia, ma stiamo valutando la messa in opera di procedure più stringenti per essere ancora più accorti nelle verifiche”. A raccogliere la denuncia dei genitori di Fontaneto, in provincia di Novara, è stata invece “La Stampa”. Due casi che fanno discutere e che aprono gli occhi sul problema mensa nel nostro Paese.
Se da una parte, infatti, c’è chi ce l’ha ma denuncia la scarsa qualità, dall’altra parte in molte parti d’Italia le mense proprio non ci sono. A lanciare un nuovo allarme è Save the Children, insieme all’Osservatorio conti pubblici italiani che hanno presentato il rapporto “Mense scolastiche: un servizio essenziale per ridurre disuguaglianze”: “Il 27% dei minori nel nostro Paese è in sovrappeso o obeso (con valori che superano il 30% in molte regioni del Mezzogiorno) ma un bambino su venti vive in povertà alimentare, cioè senza un pasto proteico al giorno. In generale, poco più di un minore su due frequenta la mensa (55,2%), ma con forti differenze territoriali: si va da valori compresi tra il 6% e l’8% nelle province di Palermo, Ragusa e Siracusa, al 96% di Firenze”.
Un problema che va di pari passo con quello della mancanza di tempo pieno: due bambini su cinque ne usufruiscono, con valori più bassi in Molise (9,4%) e Sicilia (11,1%). “Queste differenze – secondo i ricercatori – dipendono tanto dalla mancanza dell’offerta quanto dai costi del servizio. Sebbene molti comuni prevedano esenzioni per il pagamento per tutti quei minori che vivono in famiglie con Isee inferiore ad una certa soglia, secondo un recente studio di Cittadinanzattiva si stima che il costo medio annuale che una famiglia sostiene per il servizio mensa, nelle scuole primarie, sia pari a 743 euro, con valori che vanno dai 561 della Sardegna ai 981 della Basilicata”.
L’osservatorio e Save the children lanciano anche alcune proposte. La prima: al fine di incrementare la quota di minori che usufruisce della mensa alla scuola primaria e ridurre le disparità territoriali esistenti serve che il Fondo di solidarietà comunale sia incrementato di un importo pari a 45 milioni di euro per l’anno 2024 (per garantire, tenuto conto dell’inflazione stimata, l’accesso gratuito all’1,7% della popolazione scolastica di riferimento), 107 milioni nell’anno 2025; 219 milioni per il 2026. La seconda: un “Fondo di contrasto alla povertà alimentare a scuola”, con dotazione pari a 2 milioni di euro per gli anni 2024.