È stata notificata qualche ora fa a Eni la citazione in giudizio presso la sezione civile del tribunale di Milano. Le vengono contestati quarant’anni di inondazioni con conseguenti danni alla popolazione e alle proprietà dalla comunità di Aggah, nel Rivers State, a sud della Nigeria (10mila abitanti circa). Tra qualche giorno la notifica – assicurano i legali dello studio Dini-Saltalamacchia – sarà inviata anche alla controllata Naoc, con successivo deposito degli atti. Gli argini di terra e le strade, costruite negli anni 70 dal colosso petrolifero per l’accesso ai pozzi, avrebbero “bloccato completamente il corso naturale dei torrenti che attraversavano la comunità e i dintorni”. Ciò avrebbe determinato, soprattutto durante la stagione delle piogge, ripetute inondazioni che hanno mietute vittime e danni.
In collaborazione con lo studio legale nigeriano Chima Williams and Associates, per conto dell’associazione locale Egbema Voice of Freedom e dell’ong Advocates for Community Alternatives (Aca), il team internazionale di avvocati aveva già tentato la risoluzione del caso, presentando istanza nel 2018 presso i punti di contatto (Pcn) Ocse in Italia e in Olanda. Era stata avviata una mediazione tra Eni e la comunità di Aggah, sulla base delle linee guida elaborate dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, in materia di condotta responsabile delle imprese, a cui l’Italia aderisce. Nel 2019 la mediazione si era conclusa favorevolmente. La comunità festeggiava l’imminente inizio dei lavori di drenaggio, che avrebbero dovuto evitare ulteriori disastri. L’accordo prevedeva la costruzione di “nuovi canali di scolo e di collaborare con i denuncianti per adottare qualsiasi altra misura necessaria per porre fine alle inondazioni annuali”. Naoc, per mezzo di appaltatori, ha provveduto a creare i drenaggi.
Tuttavia – secondo le ong – “le costruzioni sono state progettate male ed eseguite in modo scadente. L’azienda – spiegano – ha disconosciuto ogni responsabilità nell’adozione di ulteriori misure per eliminare le inondazioni, insistendo (contro le conclusioni dei suoi stessi esperti tecnici) che la colpa è dell’ambiente paludoso naturale del Delta del Niger”. Da qui la citazione in giudizio. La richiesta è che i giudici obblighino Eni e Naoc a rispettare l’accordo, adottando tutte le misure necessarie, e a risarcire la comunità “per la perdita di vite umane, mezzi di sussistenza e proprietà nel corso degli anni”. Eni ha sempre rigettato ogni accusa non solo in merito alle inondazioni, considerate naturali, ma anche alle presunte minacce di morte denunciate, nel 2018 e quest’anno con una lettera al governo italiano, dal leader dell’associazione Egbema Voice of Freedom, Evaristus Ukaonu Nicholas, pastore della comunità locale. “È davvero scioccante – fa sapere l’attivista – che una multinazionale come Eni violi un accordo che ha volontariamente firmato di fronte ai governi italiano e olandese. Si impossessa del petrolio, mentre noi paghiamo con le nostre vite”.
Riceviamo e pubblichiamo
Eni conferma la notifica di un atto di citazione volto, tra le altre cose, a contestare il suo operato. In attesa di avere piena contezza delle contestazioni rivoltele, Eni è già in grado di confermare che le opere eseguite in passato a seguito delle intese con la Comunità degli Aggah sono state svolte con correttezza ed in aderenza all’accordo del 1 luglio 2019 raggiunto con la comunità davanti al Punto di Contatto Nazionale OCSE. Al riguardo, malgrado la totale assenza di responsabilità proprie rispetto agli impatti ambientali descritti, Eni ha svolto i lavori e le misure necessari a incrementare la sicurezza nell’area. Tali opere sono state giudicate idonee da un consulente ambientale terzo scelto da entrambe le parti in causa. Eni è in realtà in costante e costruttivo dialogo con i rappresentanti della Comunità degli Aggah, con i quali ha condiviso nel tempo diverse iniziative volte allo sviluppo della comunità stessa. Se ne deduce, al contrario di quanto evidenziato nel titolo dell’articolo, che gli attori che hanno citato in giudizio la compagnia non rappresentino nella realtà gli interessi della comunità degli Aggah ma evidentemente quelli di soggetti terzi, non noti e non legittimati. Eni in ogni caso si riserva di dimostrare in ogni più opportuna sede la correttezza del proprio operato.
Eni – Ufficio Media relations
Ambiente & Veleni
Milano, Eni citata in giudizio dalle comunità del sud della Nigeria: “Inondazioni causate dai lavori per i pozzi della controllata Naoc”
È stata notificata qualche ora fa a Eni la citazione in giudizio presso la sezione civile del tribunale di Milano. Le vengono contestati quarant’anni di inondazioni con conseguenti danni alla popolazione e alle proprietà dalla comunità di Aggah, nel Rivers State, a sud della Nigeria (10mila abitanti circa). Tra qualche giorno la notifica – assicurano i legali dello studio Dini-Saltalamacchia – sarà inviata anche alla controllata Naoc, con successivo deposito degli atti. Gli argini di terra e le strade, costruite negli anni 70 dal colosso petrolifero per l’accesso ai pozzi, avrebbero “bloccato completamente il corso naturale dei torrenti che attraversavano la comunità e i dintorni”. Ciò avrebbe determinato, soprattutto durante la stagione delle piogge, ripetute inondazioni che hanno mietute vittime e danni.
In collaborazione con lo studio legale nigeriano Chima Williams and Associates, per conto dell’associazione locale Egbema Voice of Freedom e dell’ong Advocates for Community Alternatives (Aca), il team internazionale di avvocati aveva già tentato la risoluzione del caso, presentando istanza nel 2018 presso i punti di contatto (Pcn) Ocse in Italia e in Olanda. Era stata avviata una mediazione tra Eni e la comunità di Aggah, sulla base delle linee guida elaborate dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, in materia di condotta responsabile delle imprese, a cui l’Italia aderisce. Nel 2019 la mediazione si era conclusa favorevolmente. La comunità festeggiava l’imminente inizio dei lavori di drenaggio, che avrebbero dovuto evitare ulteriori disastri. L’accordo prevedeva la costruzione di “nuovi canali di scolo e di collaborare con i denuncianti per adottare qualsiasi altra misura necessaria per porre fine alle inondazioni annuali”. Naoc, per mezzo di appaltatori, ha provveduto a creare i drenaggi.
Tuttavia – secondo le ong – “le costruzioni sono state progettate male ed eseguite in modo scadente. L’azienda – spiegano – ha disconosciuto ogni responsabilità nell’adozione di ulteriori misure per eliminare le inondazioni, insistendo (contro le conclusioni dei suoi stessi esperti tecnici) che la colpa è dell’ambiente paludoso naturale del Delta del Niger”. Da qui la citazione in giudizio. La richiesta è che i giudici obblighino Eni e Naoc a rispettare l’accordo, adottando tutte le misure necessarie, e a risarcire la comunità “per la perdita di vite umane, mezzi di sussistenza e proprietà nel corso degli anni”. Eni ha sempre rigettato ogni accusa non solo in merito alle inondazioni, considerate naturali, ma anche alle presunte minacce di morte denunciate, nel 2018 e quest’anno con una lettera al governo italiano, dal leader dell’associazione Egbema Voice of Freedom, Evaristus Ukaonu Nicholas, pastore della comunità locale. “È davvero scioccante – fa sapere l’attivista – che una multinazionale come Eni violi un accordo che ha volontariamente firmato di fronte ai governi italiano e olandese. Si impossessa del petrolio, mentre noi paghiamo con le nostre vite”.
Riceviamo e pubblichiamo
Eni conferma la notifica di un atto di citazione volto, tra le altre cose, a contestare il suo operato. In attesa di avere piena contezza delle contestazioni rivoltele, Eni è già in grado di confermare che le opere eseguite in passato a seguito delle intese con la Comunità degli Aggah sono state svolte con correttezza ed in aderenza all’accordo del 1 luglio 2019 raggiunto con la comunità davanti al Punto di Contatto Nazionale OCSE. Al riguardo, malgrado la totale assenza di responsabilità proprie rispetto agli impatti ambientali descritti, Eni ha svolto i lavori e le misure necessari a incrementare la sicurezza nell’area. Tali opere sono state giudicate idonee da un consulente ambientale terzo scelto da entrambe le parti in causa. Eni è in realtà in costante e costruttivo dialogo con i rappresentanti della Comunità degli Aggah, con i quali ha condiviso nel tempo diverse iniziative volte allo sviluppo della comunità stessa. Se ne deduce, al contrario di quanto evidenziato nel titolo dell’articolo, che gli attori che hanno citato in giudizio la compagnia non rappresentino nella realtà gli interessi della comunità degli Aggah ma evidentemente quelli di soggetti terzi, non noti e non legittimati. Eni in ogni caso si riserva di dimostrare in ogni più opportuna sede la correttezza del proprio operato.
Eni – Ufficio Media relations
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Roma, 1 mar (Adnkronos) - "Grazie Fulco per aver insegnato a intere generazioni la cura e la conservazione della natura. Fondatore del WWF, parlamentare, sempre attento a portare fuori dai recinti l'ambientalismo convinto che doveva vivere soprattutto nella società e nei comportamenti individuali e collettivo per cambiare anche la politica. In un mondo in grave crisi climatica la Sua saggezza e conoscenza divulgativa ci mancherà molto". Lo dice Paolo Cento, già parlamentare dei Verdi e direttore della rivista ambientalista 'Articolo 9'.
Roma, 1 mar (Adnkronos) - "Giorgia Meloni non ha nulla da dire sulle parole dell’inviato speciale di Trump?". Lo scrive sui social al deputato di Iv Maria Elena Boschi, rilanciando il colloquio di Paolo Zampolli con il Foglio.
Roma, 1 mar. (Adnkronos) - A sedici anni dall'ultima presenza di un Capo dello Stato, in quel caso Giorgio Napolitano, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, torna in Giappone per una visita ufficiale in programma da lunedì 3 a domenica 9 marzo. Un appuntamento che suggella una fase di svolta nei rapporti tra l'Italia e il Paese del Sol Levante, visto che l'entrata in vigore nel 2023 del Partenariato strategico e il successivo Piano di azione siglato tra i rispettivi Governi l'estate scorsa in occasione del G7 a Borgo Egnazia segnano l'avvio di un rapporto caratterizzato da un nuovo dinamismo, che si preannuncia foriero di conseguenze positive e di prospettive da esplorare, che vanno ad inserirsi in una già collaudata comunanza di vedute e di interessi sul piano politico ed economico.
Basti pensare all'attenzione sempre crescente dell'Italia per le problematiche del Sud-est asiatico, con l'intensificazione di un dialogo a livello Nato e tra Unione europea e Giappone, per il quale il partenariato con gli Stati Uniti rappresenta un pilastro fondamentale, anche per la stabilità dell'Indo-pacifico. Con la necessità per il Paese del Sol Levante di trovare un equilibrio nei rapporti con la Cina, tra tensioni di carattere geopolitico da governare e interessi commerciali da salvaguardare.
Le circa 150 nostre aziende che operano in Giappone e le circa 380 giapponesi che sono nel nostro Paese, il Business-Forum in programma a Roma il prossimo 13 maggio, con la partecipazione di circa 200 imprese nipponiche e italiane, sono invece la dimostrazione di quanto sia rilevante e in crescita la partnership economica, che oltre alla presenza italiana nei tradizionali settori del design, della moda e dell'agroalimentare vede aumentare la collaborazione sul piano industriale e tecnologico. Si inserisce proprio in questo contesto il progetto Gcap per il caccia di sesta generazione basato sulla collaborazione tra Italia, Giappone e Regno Unito.
Si svilupperà quindi lungo questa direttrice il programma della visita di Mattarella, con impegni di carattere istituzionale, economico e culturale. Lunedì 3 marzo alle 19 ora locale (8 ore avanti il fuso orario rispetto all'Italia dove quindi saranno le 11), il Capo dello Stato vedrà a Tokyo la comunità italiana. Poi martedì l'incontro con l'imperatore Naruhito e l'imperatrice Masako e i colloqui con gli speaker, rispettivamente, della Camera dei Rappresentanti e della Camera dei Consiglieri. Quindi il concerto del tenore Vittorio Grigolo, offerto dall'Italia alla presenza dei rappresentanti della Casa imperiale.
Mercoledì 5 alle 11 (le 3 di notte in Italia) è previsto un confronto del presidente della Repubblica con rappresentanti della Confindustria giapponese ed esponenti dell'imprenditoria italiana, mentre alle 18 Mattarella vedrà il premier giapponese, Shigeru Ishiba.
Nelle giornate di giovedì e venerdì il Capo dello Stato sarà invece a Kyoto, dove sono in programma appuntamenti di carattere artistico e culturale e l'incontro con i nostri connazionali. Particolarmente significativa, anche per i risvolti legati alla attuale e delicata situazione internazionale, l'ultima tappa a Hiroshima, prevista sabato 8 marzo, con la visita al Museo della Pace e l'incontro con l'Associazione dei sopravvissuti ai bombardamenti nucleari e con l'organizzazione Nihon Hidankyo, impegnata per l'abolizione delle armi nucleari e insignita lo scorso anno del Premio Nobel per la pace. Domenica 9 il rientro a Roma.
Roma, 1 mar (Adnkronos) - "Mentre la vigilanza resta bloccata dal ricatto della maggioranza, gli ascolti della Rai continuano a precipitare, soprattutto nel settore dell’informazione, dove assistiamo a una vera e propria desertificazione. Un tempo i programmi di approfondimento erano punti di riferimento, oggi vengono sistematicamente penalizzati da scelte di palinsesto incomprensibili". Lo dicono i parlamentari del M5s della commissione di Vigilanza Rai.
"Un esempio? Fiction di grande successo, capaci di catalizzare milioni di spettatori, vengono mandate in onda in diretta concorrenza con trasmissioni storiche d’informazione. È successo con Rocco Schiavone contro Chi l’ha visto?, e si ripete con Imma Tataranni opposta a Report -proseguono-. Chi ha interesse a sabotare l’informazione di qualità? Come se non bastasse, la Rai autorizza con leggerezza la partecipazione di suoi volti di punta sulle reti concorrenti, depotenziando i propri programmi".
"Domani sera, Stefano De Martino sarà ospite di Fabio Fazio: un conduttore che già raccoglie ottimi ascolti, ha bisogno di fare promozione sul Nove? Ma a chi serve davvero questa ospitata, a De Martino o a Fazio? È solo una coincidenza che entrambi abbiano lo stesso agente? Di certo, non si può pensare di premiare chi è responsabile di tutto questo affidandogli la supergestione dei palinsesti. Per salvare la Rai serve competenza, non amichettismo", concludono gli esponenti M5s.
Roma, 1 mar (Adnkronos) - "Tra l’invasore Putin e il bullo Trump, noi stiamo con Zelensky, con l’Ucraina e con l’Unione europea, ormai unico argine al neocolonialismo e al neo imperialismo di Usa e Russia. Per questo +Europa parteciperà alle piazze per l’Ucraina che si stanno organizzando in tutta Italia, comprese quelle di oggi a Milano davanti al consolato USA e di domani in piazza dei Mercanti, così come a Roma in Piazza Santi Apostoli sempre domani. Non possiamo più stare a guardare. È il momento che tutti coloro che credono nell’Europa Unita e nella democrazia si schierino dalla parte di Kiev, dell’Europa, dei diritti e della libertà”. Lo annuncia il segretario di Più Europa Riccardo Magi.
Roma, 1 mar (Adnkronos) - "Apprezzabile la manifestazione in favore dell’Ucraina, domani pomeriggio. Ridicolo però che venga da Carlo Calenda, che ha distrutto il progetto Stati Uniti d’Europa non aderendo alla lista e regalando posti al parlamento europeo ai sovranisti filo Putin". Lo scrive sui social il senatore di Iv Ivan Scalfarotto.
Roma, 1 mar (Adnkronos) - "Le immagini di ieri dallo Studio ovale hanno sconvolto il mondo. Siamo in una situazione internazionale senza precedenti e il comunicato della premier Meloni, giunto ben ultimo dopo altri leader europei, non fa chiarezza sulla posizione dell’Italia". Lo dicono Chiara Braga e Francesco Boccia, capigruppo Pd alla Camera e al Senato.
"Meloni deve spiegare al paese se ha intenzione di abbandonare l’Ucraina al suo destino, se pensa di distinguersi dal resto dell’Europa e come intende rispondere all’arroganza degli Stati Uniti e di Trump. Non può continuare a nascondersi e a scansare la questione di fondo: dove colloca l’Italia nel mondo in questo drammatico frangente. Basta video e comunicazioni tardive, venga in Parlamento già prima del vertice europeo straordinario del 6 marzo", aggiungono Braga e Boccia.