di Giovanni Luigi Serra, AssoSud

Le mie sere al pub hanno assunto come argomento di conversazione il recente spot antidroga promosso dal governo. Fa sorridere il fatto che di uno spot contro la dipendenza da sostanze si discuta proprio in un pub, e fa ancor
più sorridere credere che questo spot abbia convinto qualcuno a smettere di drogarsi.

Seriamente Gov, quanto avete pagato l’agenzia che ha creato lo spot? O sarebbe meglio dire: quanto abbiamo pagato quest’agenzia? Sapete, all’inizio credevo che lo sbaglio del governo fosse la scelta dei pubblicitari, ritenuti da me non capaci
di creare pubblicità efficaci, poi però ho ingerito una dose di “rispetto del lavoro altrui” e ho capito che non sono incapaci i pubblicitari, semplicemente i parametri forniti dal cliente erano sbagliati e il budget molto modesto.

Perché parliamoci chiaro, l’obiettivo di questi spot è persuadere nel fare qualcosa, ovvero non drogarsi, “gettare la droga”, eppure ha suscitato ilarità proprio in chi dovrebbe essere il protagonista del racconto.

Oltre alla scarsa aderenza alla realtà, ho riflettuto sul target dello spot. All’inizio pensavo fosse rivolto ai giovani dai 13 ai 25 anni, poi riflettendo sul messaggio esplicito “la marijuana è una droga di passaggio”, ho capito che era rivolto ai boomer (ma proprio boomeroni), che dovrebbero educare i loro figli a non drogarsi. Dunque “hey figliolo, la tv mi ha detto che le canne sono droghe di passaggio, non drogarti”, come se un adolescente in piena ribellione o un giovane adulto, a volte indipendente, ti ascoltassero sul serio, come se non fossero in grado di capire autonomamente cosa fare e cosa non; certo magari sensibilizzandoli, ma lasciandoli camminare con le proprie gambe, in un periodo della vita dove spesso l’autorità (figura che impone il suo volere influenzando gli altri) è incarnata dai pari e da chi è più grande, sì, ma di una manciata d’anni.

E non fraintendetemi, secondo me un genitore non dovrebbe rinunciare a educare i figli perché “tanto non ascoltano”; no, rompete le balle, è doveroso, ma non illudetevi che la vostra parola abbia più autorità dei modelli che vostro figlio adolescente adotta.

Se invece il target sono i ragazzi, beh, allora dico: signori, ma siete mai stati giovani? Era più importante il parere dei vostri genitori o dei coetanei? Magari quelli più in vista? Parliamoci chiaro, chiunque da ragazzino sia andato anche solo 20 minuti al parchetto, sa bene che da bambino la tua autorità sull’adolescente è nulla e nessun adolescente al mondo butterebbe i suoi 10 € di
hashish perché gliel’ha ordinato un infante stranamente vissuto.

Il bambino simboleggia il futuro (?), ma un futuro in potenza, mancante di esperienza passata e dunque è a mio avviso privo dell’autorità necessaria volta a far desistere un ragazzo più grande. Il messaggio “non farlo perché fa male, in futuro sarà peggio” non basta. “Non farlo!” “Allora lo faccio”, “Guarda che in futuro saranno guai” “Sì vabbè ma per ora…”, “1/10 a drogarsi è minorenne” “Ah beh allora figurati se succede a me”. Questo si pensa.

Sono convinto che sui giovani faccia più presa uno spot che parla come loro, che mostra la giornata tipo di un ragazzo di oggi e le reali vicende che lo avvicinano al mondo della droga, ma soprattutto le crude conseguenze di un dramma come la tossicodipendenza: il rubare in casa propria e altrui, perdere le amicizie, uscire anche fuori di testa.

Concludo consigliando un film, “Noi ragazzi dello zoo di Berlino”, un cult privo di retorica e denso di realtà.

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