Il governo tira diritto sulla strada delle estrazioni di gas in Alto Adriatico, ma la Regione Veneto ribadisce la netta contrarietà, anche alla luce delle evidenze scientifiche di un gruppo di lavoro di studiosi sui rischi di subsidenza e danno ambientale. Il consiglio regionale ha approvato all’unanimità un emendamento al Documento di Economia e Finanza Regionale presentato da Erika Baldin, capogruppo del Movimento 5 stelle, che impegna “l’ente a esprimere la propria contrarietà alle estrazioni di idrocarburi, anche a fronte di modifiche del quadro normativo”. La recente approvazione del decreto-legge Energia ha dato, infatti, il via libera alla ripresa dello sfruttamento nelle vecchie concessioni e all’avvio di nuove concessioni a sud del 45° parallelo, a nove miglia dalla costa del Polesine. Il Veneto, che però partecipa a un tavolo ministeriale di discussione, aveva anticipato i tempi incaricando alcuni studiosi di esprimere un parere preventivo su “evidenze scientifiche in ordine a ricadute ambientali pregiudizievoli per il territorio e l’ecosistema”.
“Governo snobba evidenze scientifiche” – Baldin spiega: “Ora queste evidenze ci sono e c’è pure il decreto del governo che le snobba. Il Comitato scientifico regionale ha bocciato le estrazioni in quanto pericolose per la subsidenza nel Delta del Po, fino alla parte meridionale della laguna di Venezia. I dati raccolti confermano quanto fossero fondate le reiterate proteste degli amministratori rodigini e i convegni organizzati dalle Diocesi”.
Lo scontro con Roma – Il consiglio regionale ha così votato l’emendamento senza differenziazioni di schieramento. La linea della giunta Zaia è sempre stata di cautela e contrarietà. Viene ribadita anche ora con un comunicato ufficiale che conferma lo scontro in corso con Roma. “La Regione del Veneto intende ribadire la sua più ferma contrarietà ad un’ipotesi di ripresa di estrazione del gas naturale, se non a valle di tutti i necessari studi e rilievi che consentano di escludere con certezza effetti negativi sull’ambiente e sul tessuto economico sociale”. La giunta ricorda di aver promosso lo scorso gennaio, a livello romano, un tavolo tecnico con i ministeri dell’ambiente e del Made in Italy, ISPRA e le regioni Veneto ed Emilia Romagna. Il Veneto si è affidato a un gruppo di lavoro, con docenti delle università di Padova (Massimo Fabris, Pietro Teatini, Filippo Catani) e Venezia (Fabio Pranovi e Gabriella Buffa), dello IUAV (Stefania Tonin e Francesco Musco) e del CNR (Luigi Tosi).
Le richieste della Regione – È stato prodotto un documento “dal quale emerge come allo stato attuale delle conoscenze non si possano escludere effetti significativi sull’ambiente marino e costiero e non si debbano pertanto autorizzare ulteriori estrazioni di gas fintanto che non si rendano disponibili tutti gli elementi specifici indicati nel documento medesimo”. Conclusione: “La posizione della Regione del Veneto resta la medesima anche a valle dell’approvazione del decreto Energia, credendo fermamente che sia il mondo scientifico a dover analizzare in profondità ogni aspetto e le possibili implicazioni delle attività estrattive in Alto Adriatico, nel pieno rispetto dei cittadini e di ogni possibile implicazione di sicurezza in un territorio estremamente delicato, già in passato vittima di ampi fenomeni di subsidenza”. Erika Baldin lancia la sfida: “Adesso la palla passerà al Parlamento che ha poco meno di 60 giorni per trasformare in legge il decreto Energia: se il governo Meloni tira diritto, i parlamentari veneti non possono non tener conto del pronunciamento del consiglio regionale. A Roma cosa sceglieranno, tra la bandiera politica e il proprio territorio?”.