Macché scontro tra politici e toghe: semmai c’è un “problema in una piccola parte della magistratura” cioè “ritenere che i provvedimenti di alcuni governi che non sono in linea con una certa visione del mondo debbano essere contrastati, come è accaduto ad esempio sull’immigrazione“. Se qualcuno è chiamato a buttare acqua sul fuoco sulla polemica sollevata dal governo nei confronti dei magistrati, quella non è la presidente del Consiglio Giorgia Meloni.
La premier parla per la prima volta del tema dall’estero, segnatamente da Dubai dove ha partecipato al vertice di Cop28. Meloni non solo non sconfessa il ministro Guido Crosetto che aveva adombrato il rischio di una specie di complotto giudiziario anti-governo e questo poteva essere prevedibile essendo il titolare della Difesa personalità a lei vicinissima. Ma rilancia in qualche modo il concetto che esiste una minoranza di magistrati che – secondo la capa del governo – assumono posizioni “politiche”. La premessa di Meloni è che “per chi viene da destra, chi serve lo Stato è sempre un punto di riferimento quindi questa idea che ci debbano essere scontri tra i poteri dello Stato, tra persone che, in ogni caso, servono lo Stato secondo me è sbagliato”. Tuttavia non rinuncia a “segnalare che poi, come in ogni ambito, ci sono dei problemi“. La parola “problema” la ripete abbinandola alla “piccola parte della magistratura” che per la leader di Fratelli d’Italia contrasta i governi di destra. Qualche esempio? “Io ho trovato francamente fuori un po’ fuori misura dire che la riforma costituzionale aveva una deriva antidemocratica, cioè a me sembra che queste dichiarazioni, che vanno bene per la politica”, siano sopra le righe se fatte dall’Anm, “per cui questo non si può non notare, perché è una realtà”. Ma non è uno scontro, sottolinea Meloni, “significa segnalare dove ci sono delle cose che obiettivamente sono un po’ fuori dalle righe“. La cosa importante, aggiunge ancora la premier, è che dall’inizio del nostro governo, noi abbiamo lavorato per rafforzare il lavoro della magistratura nel fare il proprio lavoro, nella lotta alla mafia. Su questo io sono sempre schierata dalla stessa parte, con quella stragrande maggioranza di magistrati che pensano che il loro lavoro sia questo e non contestare le scelte di una politica che non condivide”.
La replica di Magistratura Democratica: “Noi indipendenti dal potere. Le nostre riunioni? Sono pubbliche”
La “piccola parte della magistratura” – cioè la corrente di sinistra Magistratura Democratica – oggi ha fatto uscire una lunghissima nota per rispondere alle uscite degli esponenti del governo, denunciando di essere “oggetto di gravi attacchi da parte di esponenti di primo piano del governo e dei media”. Md respinge le accuse di “avere coltivato ‘scopi cospirativi’ e di voler svolgere un ruolo di ‘opposizione giudiziaria’”. “L’aggressione politico-mediatica che ci ha investito non ha dunque alcuna giustificazione ma vorrebbe costringerci a rendere conto di una libertà, quella di associarsi e di riunirsi, prevista dalla Costituzione” sottolinea Magistratura Democratica. L’associazione delle toghe rivendica di essere “senza legami con alcun partito e senza ambizioni di condizionare in alcun modo il libero confronto delle rappresentanze politiche”. L’impegno di Md, si legge ancora, è quindi solo “far sì che i diritti fondamentali affermati dalla Costituzione e dalle fonti sovranazionali non siano diritti teorici ed illusori, ma concreti ed effettivi. Con questo spirito e questi obiettivi lavoriamo negli uffici giudiziari e teniamo viva la nostra associazione. Lo facciamo in modo pubblico e del tutto trasparente”. Per questo motivo Magistratura Democratica rivendica l’indipendenza “dal potere politico, la nostra libertà di pensiero e il nostro impegno giuridico, non solo come un diritto ma soprattutto come un obbligo costituzionale: quello di interpretare l’esercizio della giurisdizione, che è soggetta solo alla legge e ha l’obbligo di rispettare la gerarchia tra fonti sovranazionali e fonti nazionali, sempre di più nel senso della reale e migliore attuazione dei diritti umani e universali di ogni persona”.
La premier: “Gianni Letta sulla riforma? Non ha usato parole di contrasto”
Tornando alle critiche alla riforma costituzionale, d’altra parte, gli interventi dei magistrati non sono certo isolati. L’ultimo a sollevare dubbi è stato uno storico collaboratore di Silvio Berlusconi, l’ex sottosegretario Gianni Letta. Ma in quel caso Meloni non le ha viste “come parole di contrasto“. “Sono in parte condivisibili ma in parte no” dice. Va ricordato che sulle parole di Letta – particolarmente nette e asciutte: la riforma costituzionale ridurrebbe i poteri del presidente della Repubblica – si è messo in moto una sorta di cordone sanitario di un pezzo di Forza Italia, a partire dal presidente Antonio Tajani che si è affrettato a spiegare che il partito sostiene “convintamente” la riforma. E allo stesso modo gestisce la questione anche la presidente del Consiglio: “L’obiettivo – svicola – non è rafforzare i poteri del governo ma la stabilità dei governi”.
“Delmastro? Bisogna aspettare le sentenze”
E poi, a proposito di giustizia e politica, c’è il caso di Andrea Delmastro Delle Vedove, dirigente di Fratelli d’Italia e sottosegretario alla Giustizia, finito a processo per rivelazione di segreti d’ufficio per aver trasmesso al collega di partito Giovanni Donzelli una serie di informazioni di un report del Dap sulle conversazioni in carcere tra l’anarchico Alfredo Cospito e detenuti di camorra e ‘ndrangheta. Meloni se la cava così: “Alcuni magistrati ritengono che Delmastro debba essere rinviato a giudizio, il pm che il caso dovesse essere archiviato, a questo punto è il caso di aspettare una sentenza passata in giudicato prima di dichiararlo colpevole”. La strada dunque è ancora lunghissima e nel frattempo – il dato è implicito – Delmastro rimane lì dov’è, al ministero e proprio con la delega all’amministrazione penitenziaria.