Erano i nemici giurati, i “nipoti” dei fascisti che avevano italianizzato il Südtirol, quelli con nel simbolo la fiamma tricolore del Msi. Ma si sa, interessi e potere sono i medicinali più efficaci per dimenticare in un attimo decenni di scontri nelle Aule e talvolta perfino nelle piazze. Così, a Bolzano è tutto pronto per celebrare il “matrimonio di convenienza” tra la Südtiroler Volkspartei (Svp), il partito di raccolta dei sudtirolesi di madrelingua tedesca, e Fratelli d’Italia. Il termine è stato utilizzato dallo stesso segretario Svp Philipp Achammer per spiegare lo spirito con il quale il suo partito si appresta a formare la prossima giunta provinciale con Fdi, Lega, La Civica e Freiheitlichen. Questo ha deciso il parlamentino della Volkspartei: 41 voti a 17 per imboccare la strada che porta a destra e agli interessi delle potenti lobby del partito.

Il governatore Arno Kompatscher, che si appresta a cominciare il suo terzo mandato, ha solamente dichiarato che si sarebbe potuto “immaginare anche altre soluzioni“. Non è difficile capire come abbia dovuto ingoiare questa decisione, lui che è stato finora un presidente di Provincia vicino al centrosinistra. Dimenticati i valori storici del partito, però, all’interno della Svp hanno prevalso altre logiche. Quelle legate al potente Bauernbund, l’associazione dei contadini sudtirolesi, l’ala più ultraconservatrice e tradizionalista. Quelle legate agli industriali e agli imprenditori, ben rappresentati nel loro pensiero dalla famiglia Ebner, che con Athesia controlla praticamente tutti i quotidiani della provincia. E proprio sul Dolomiten, il giornale di riferimento dei sudtirolesi, già da tempo viene incensato il lavoro di Giorgia Meloni. Due giorni dopo le elezioni nazionali del settembre 2022, Toni Ebner scriveva che la leader di Fratelli d’Italia “è stata in grado di comunicare in modo credibile che ha rotto con il fascismo e che si preoccupa solo del benessere dei cittadini”.

Insomma, da tempo erano emersi i segnali di una imminente svolta a destra della Svp. Un altro esempio arrivava da Merano, dove la Volkspartei due anni fa decise di fare da stampella alla civica di centrodestra pur di evitare un ritorno dei Verdi. Oppure dall’astensione in Parlamento al primo voto di fiducia al governo Meloni. Un segnale a cui la premier rispose inserendo un passaggio ad hoc sulla “Provincia di Bolzano” nel suo discorso programmatico. Da lì è cominciata la liaison che ha portato al matrimonio di convenienza. Oltre alla parole di Meloni, che ha aperto a una revisione delle competenze in seno all’autonomia, sono arrivati anche i fatti. Grazie al lavoro del cognato e ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, il governo non ha impugnato la legge che consente alla Provincia di ordinare l’uccisione dei lupi. Ma, sempre in estate, Palazzo Chigi ha dato il benestare anche alle norme di attuazione che danno ai Comuni più margine di manovra in materia di urbanistica. I regalini che hanno fatto piacere a contadini e imprenditori della Svp.

La convenienza per la Volkspartei non si limita certo a questo. Lo scorso 16 ottobre, proprio a ridosso del voto provinciale, è arrivato il taglio di 25 milioni al contributo al risanamento della finanza pubblica. In pratica, Bolzano deve dare (ancora) meno soldi a Roma. Per ingraziarsi i sudtirolesi, il governo Meloni ha fatto anche altro: spicca in particolare la proroga delle concessioni idroelettriche fino a 50 anni. Mentre l’altra partita cruciale riguarda il rinnovo della concessione sull’Autobrennero. Una miniera d’oro al quale la Provincia non vuole rinunciare. Se la Svp già durante l’era Berlusconi aveva dimostrato di non avere troppo la puzza sotto il naso quando si tratta di contrattare favori da Roma, il primo anno di governo Meloni dimostra che la leader di Fratelli d’Italia sulla questione Bolzano ha seguito la stessa strategia di (quasi) tutti i suoi predecessori al governo. Facendo il possibile per ingraziarsi la Svp.

Il paradosso finale sarà una coalizione Frankenstein che riunisce sotto l’ala della Volkspartei da una parte Lega e FdI, dall’altra i Freiheitlichen di UIli Mair, partito indipendentista, almeno fino a ieri. “Esprimiamo tutto il nostro sconcerto di fronte ad una scelta che appare incomprensibile e che offusca la storia di questa terra, a partire dalla faticosa costruzione dell’Autonomia. Una scelta che in Europa appare incomprensibile, che unisce una forza storicamente autonomista con il peggiore nazionalismo, di opposta matrice”, sottolinea in una nota il Pd. Fino a qualche anno fa stampella della Svp in Provincia, ora unica voce fuori dal coro. Anche se all’interno della Svp qualche segnale di malumore comincia quanto meno a emergere. Albert Pürgstaller, ex sindaco di Bressanone ed ex leader dell’ala sociale del partito, ha deciso di lasciare in protesta. “Purtroppo – prosegue – il nostro partito ha abbandonato i propri valori a favore degli interessi di singoli e di alcune lobby“, scrive Pürgstaller in una nota. Che punta il dito sul prossimo mercimonio, quelle delle cariche: aumentare il numero degli assessori a undici “non ha alcuna giustificazione socio-politica oppure amministrativa, ma accontenta semplicemente gli interessi di singoli esponenti dei partiti, Svp inclusa”.

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