È coperta da una sigla, la lettera V, l’identità della persona che avvertì con grande anticipo l’intelligence israeliana dell’attacco di Hamas del 7 ottobre da cui è scaturita la più sanguinosa guerra in Medio Oriente degli ultimi decenni. A dare l’allerta fu un sottufficiale di carriera, una donna, molto rispettata nel gruppo selezionatissimo della cyber-intelligence militare conosciuto come unità 8200.

Già tre mesi prima, il 6 luglio, seguendo la catena di comando, V aveva avvertito con una serie di email criptate del sistema di comunicazione interno tra l’intelligence e le forze dell’IDF (l’esercito) che Hamas stava pianificando un’incursione su larga scala. La Tv israeliana Canale 12 ha rivelato che i vertici dello spionaggio a Tel Aviv ricevettero ripetuti e molto dettagliati avvertimenti. Il gruppo terrorista si stava addestrando attivamente per prendere il controllo di alcuni kibbutz al confine di Gaza, simulando un raid sugli avamposti militari dell’IDF, con l’obiettivo di uccidere tutti gli occupanti. I capi di Hamas erano arrivati al punto di dare un nome a un finto kibbutz utilizzato per l’addestramento dei commando, e si erano persino esercitati ad issare una bandiera sulla sinagoga, scrisse V nei suoi dispacci.

Dettagli scioccanti. Se fossero stati presi come segnali precisi di un pericolo imminente, avrebbero potuto evitare il massacro di 1.200 israeliani il 7 ottobre, la cattura di 240 ostaggi e la feroce reazione di Bibi Netanyahu che invadendo prima il nord di Gaza e ora il sud ha giù provocato oltre 15.000 morti nella popolazione civile palestinese, di cui il 70% donne e bambini, uccidendo appena 2000 uomini di Hamas sui 40.000 militanti, stando ad alcuni rapporti di fonti Osint.

Ma quel che V scriveva allarmata non suscitò alcuna reazione, zero clear and present danger, nessuno si attivò. Un alto ufficiale dell’unità 8200, per ora senza nome (fin quando un’investigazione a Gerusalemme non farà piena luce) esaminò i rapporti di V ma arrivò alla conclusione che il pericolo di un massiccio attacco a sorpresa da parte di Hamas, sfondando il confine di Gaza, altro non era che “uno scenario immaginario”. Vuoto pneumatico intorno alle dettagliate email di V.

Quel che è peggio, ufficiali dell’esercito e dell’intelligence israeliani avevano ottenuto un piano completo di battaglia con l’attacco terroristico di Hamas addirittura più di un anno prima, come dimostrano documenti, e-mail e interviste riportate in un articolo del New York Times.

Il rapporto, di circa 40 pagine, classificato in codice “Muro di Gerico”, delineava punto per punto esattamente il tipo di devastante invasione che poi ha avuto luogo. Il documento non fissava una data, ma forniva la descrizione di un “blitz metodico progettato per sopraffare le fortificazioni attorno alla Striscia di Gaza, prendere il controllo di alcune città e assaltare le principali basi militari vicino al confine”. Hamas ha eseguito quel progetto con una precisione impressionante.

In “Muro di Gerico” era previsto tutto: raffiche di razzi all’inizio dell’attacco, droni per mettere fuori uso le telecamere di sicurezza, mitragliatrici automatiche lungo il confine, uomini armati che si riversavano in Israele in massa con parapendii, motociclette e a piedi. Il dossier – tradotto dall’arabo – includeva anche particolari sulla posizione e le dimensioni delle forze militari israeliane, gli hub di comunicazione e altre informazioni sensibili. Come Hamas abbia raccolto le info top secret, se ci siano state fughe di notizie all’interno dell’apparato di sicurezza dello stato ebraico o peggio una diabolica false flag, al momento non è dato sapere. La verità è che il dossier è circolato ampiamente tra i leader militari e dell’intelligence di Tel Aviv ma i vertici stabilirono che alla minaccia “Muro di Gerico” non bisognava reagire: portata e ambizione di un simile attacco andavano oltre le capacità di Hamas, decisero i capi.

Tornando a V, le sue email suggeriscono che l’avvertimento iniziale del 6 luglio fu corroborato pochi giorni dopo con ulteriori prove sulle esercitazioni delle unità di Hamas. Alcuni funzionari dell’intelligence rimasero colpiti dai report della ufficiale, ma le fecero capire, di nuovo, che era necessario distinguere tra ciò che Hamas stava facendo per “spettacolo” e quello che era “realisticamente lo scopo dell’intelligence”. Per cui il “piano operativo senza un calendario di attuazione” e il “grande evento” in via di pianificazione, in concreto, non dovevano suscitare preoccupazioni.

Quando il capo dell’intelligence militare dell’IDF, il Magg. Gen. Aharon Haliva, fece visita all’unità 8200 di V, dei suoi allarmi non si fece cenno; Haliva se ne andò dicendo che “[il leader di Hamas] Yahya Sinwar non ha alcuna intenzione di provocare un peggioramento della situazione [e che] Hamas ha dato istruzioni ai suoi agenti sul posto di dar prova di moderazione”. Secondo Canale 12 “le email di V venivano distribuite agli ufficiali superiori, alla sua stessa unità 8200 e all’intelligence sul campo”. Un ufficiale senior, un colonnello, un giorno le rispose lodando il suo lavoro ma aggiungendo: “mi sembra uno scenario immaginario”. V aveva a quel punto più volte confermato la sua valutazione, insistendo che si trattava di una vera esercitazione di Hamas e non di un’esibizione.

Gran parte dell’attenzione sul fallimento del controspionaggio israeliano prima del 7 ottobre si è già concentrata su quali informazioni fossero a disposizione di alti esponenti politici e militari, incluso il primo ministro Benjamin Netanyahu, il capo del Mossad, David Barnea e quello dello Shin Bet, Ronen Bar (lo Shin Bet – Israeli Security Agency o ISA – è il servizio di sicurezza interno, l’equivalente dell’FBI; il Mossad presiede la sicurezza estera, come la Cia).

Queste rivelazioni rafforzano le aspettative secondo cui, dopo la fine della guerra (se mai finirà), gli alti capi militari e della sicurezza di Israele si dimetteranno o verranno licenziati a causa del catastrofico fallimento dell’intelligence. Il portavoce dell’esercito ha commentato: “In questi giorni l’IDF è interamente concentrato sulla lotta contro l’organizzazione terroristica Hamas. Dopo la guerra, l’IDF condurrà un’indagine approfondita, incisiva e senza compromessi e pubblicherà i risultati”. Tutti gli osservatori prevedono che Haliva, il capo dell’intelligence militare, sarà la prima testa a saltare.

Un elemento comunque è inconfutabile. Al di là delle ovvie responsabilità politiche, sono emerse le gravissime carenze del sistema di spionaggio dello stato ebraico, che fino al 7 ottobre aveva fama di essere il migliore del mondo. Quel giorno è stato il più catastrofico fallimento dell’intelligence israeliana degli ultimi 50 anni. Israele non è più la stessa. Ormai è vulnerabile perché violata nel più importante dei suoi gangli vitali, la sicurezza, orgoglio dell’esercito e mito per tutti i cittadini ebrei, che si sentivano più protetti in patria dalla Stella di David che all’estero.

Intanto i negoziati sullo scambio di prigionieri sono conclusi e non riprenderanno “finché Israele non porrà fine al suo attacco”, dice Hamas. Finora sono stati liberati 105 ostaggi, mentre 137 rimangono prigionieri. Il governo israeliano ignora gli appelli internazionali a risparmiare la popolazione civile palestinese e fermare il massacro dei bambini (oltre 6000 i minori uccisi).

Dalla fine della tregua, innumerevoli bombardamenti a sud di Gaza hanno già provocato centinaia di morti. Israele ha conquistato gran parte della metà settentrionale di Gaza, annientando diverse brigate di Hamas e distruggendo decine di chilometri di tunnel e i rifugi sotto gli ospedali. Netanyahu afferma che la guerra “continuerà finché non raggiungeremo tutti i nostri obiettivi”, cioè la distruzione totale di Hamas. Però l’argomentazione secondo cui Hamas è una “idea”, e quindi nessuna guerra potrà mai sconfiggerla, sta guadagnando terreno tra i progressisti in Europa e negli Stati Uniti, soprattutto tra i democratici, preoccupati delle prossime elezioni presidenziali americane e dalla certezza che più sono i morti e più quell’idea indistruttibile potrà lievitare in migliaia di teste motivate dal risentimento antisemita.

Biden ha twittato: “Continuare sulla strada del terrore, della violenza, delle uccisioni e della guerra significa dare ad Hamas ciò che cerca”. Vero. Ma Biden ha una risposta alla domanda: per quale motivo Aharon Haliva, David Barnea, Ronen Bar – e soprattutto Bibi Netanyahu – hanno ignorato gli allarmi di V e la geometrica potenza del piano “Muro di Gerico”?

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