Hanno provato a percorrere tutte le altre possibili vie per scongiurare lo sciopero, per tutelare la salute dei loro pazienti. Finora il senso di responsabilità dei professionisti ha tenuto in piedi gli ospedali, ma la nuova manovra del governo Meloni è la classica goccia che fa traboccare il vaso. Secondo i sindacati, le condizioni di lavoro dei medici e degli infermieri che operano nel Sistema sanitario nazionale non prevedono più la possibilità di accettare promesse o proroghe. È necessario mandare un segnale forte e far capire che, senza interventi decisivi e sistemici, presto non esisterà più una sanità pubblica. Fermarsi ora un giorno per non fermare il Ssn per sempre. Con queste motivazioni medici e infermieri incroceranno le braccia per 24 ore. Lo sciopero, proclamato da Anaao Assomed, Cimo-Fesmed e Nursing Up, inizierà alla mezzanotte del 5 dicembre. Secondo una stima dei sindacati, sono 1,5 milioni le prestazioni sanitarie che potrebbero saltare: esami di laboratorio, circa 30mila interventi chirurgici programmati, 180mila visite specialistiche e 50mila esami radiografici. Restano però garantite le prestazioni d’urgenza. “Chiediamo ai cittadini di protestare con noi – dice a ilfattoquotidiano.it Gerardo Anastasio, segretario dell’Anaao Asssomed Toscana – Perché noi non difendiamo il nostro privilegio o il nostro lavoro. Difendiamo il sistema sanitario pubblico. Gli stanno levando piano piano l’ossigeno. E quando si va in asfissia alla fine si muore”.

Negli ultimi mesi i sindacati avevano ricevuto delle promesse da parte dell’esecutivo Meloni, e in particolare dal ministero della Salute. Dopo vent’anni di disinvestimenti nella sanità, la speranza – disattesa – era che in questa legge di Bilancio si potesse vedere un’inversione di rotta. Un segnale di cambiamento, dopo i numerosi allarmi lanciati dai lavoratori. “Ogni settimana nuovi colleghi continuano a lasciare il pubblico per il privato. La professione non è più appetibile. L’ambiente è disilluso e disamorato. E la manovra non fa altro che continuare a penalizzare chi lavora nel Ssn”, spiega Anastasio. Medici e infermieri condividono lo stesso destino: costantemente sotto organico, costretti a una mole di lavoro non più sostenibile, indipendentemente dallo stipendio ricevuto, che in ogni caso è tra i più bassi in Europa. Sempre sull’orlo del burnout. Per le associazioni di categoria, la manovra non stanzia le risorse necessarie per risolvere queste criticità: “Non è stato implementato adeguatamente il fondo sanitario nazionale – prosegue Anastasio -. Ora la spesa sanitaria è al 6,2% del Pil, dopo il 7% raggiunto nel 2021. Il Ssn è lasciato senza risorse. I fondi non permetteranno dei rinnovi contrattuali adeguati, o le nuove assunzioni necessarie. Ci sono solo briciole”.

I tagli alle pensioni previsti nella manovra sono stati l’ultima goccia: “Vanno a colpire circa il 50% del personale attualmente in servizio, sparando nel mucchio. Alcuni ci perdono poco, mille euro, altri 25mila – spiega Anastasio -. È cento volte peggio della legge Fornero, perché intacca i diritti acquisiti. Inficia la fiducia del cittadino nello Stato”. Non credono molto nel fatto che la maggioranza possa preparare un emendamento in grado di modificare sostanzialmente il testo: “Bisogna vedere cosa scrivono. Per ora ci sono state solo promesse, dichiarazioni di intenti. Abbiamo chiesto che ci facessero vedere il testo dell’emendamento, per decidere se continuare a fare sciopero o meno. Ma non ce lo hanno fatto leggere”, spiega.

Infine, c’è il tema della depenalizzazione dell’atto medico. Dopo la richiesta dei sindacati di intervenire con una legge per restituire tranquillità nell’erogazione delle cure, è stata costituita un’apposita commissione al ministero della Giustizia. “Non si sa che fine abbia fatto, se ne sono perse le tracce”, commenta il dirigente di Anaao. “Ma non solo – prosegue -. La Lega ha addirittura proposto di inasprire le conseguenze penali per i medici”. Il riferimento è al disegno di legge presentato a luglio scorso dalla deputata leghista Simonetta Matone, che a novembre è stato assegnato alla commissione Giustizia della Camera. “Prima dicono una cosa e poi fanno il contrario. Ci sentiamo presi in giro”, conclude Anastasio.

In contemporanea allo sciopero si svolgeranno manifestazioni in tutta Italia. I leader delle associazioni hanno previsto un sit-in a Roma, in piazza Ss. Apostoli, alle 11.30. Il 5 dicembre può essere una data di svolta, dicono i sindacati, che chiedono la maggior adesione possibile: “Facciamo sentire la nostra assenza negli ospedali. Visto che la nostra presenza non è stata percepita e apprezzata. Perché la sanità non si vende, si difende”, ha dichiarato Pierino Di Silverio, segretario nazionale Anaao Assomed, arringando i lavoratori dalle pagine dell’associazione. Allo sciopero possono aderire tutti i medici, i dirigenti sanitari, i tecnici e gli amministrativi con rapporto a tempo determinato o indeterminato presso le aziende e gli enti del Ssn. Ma anche i dipendenti delle strutture di carattere privato o religioso che intrattengono un rapporto di convenzione o di accreditamento con il Ssn. Anche gli specializzandi assunti con il Decreto Calabria possono partecipare, mentre per il comparto può aderire tutto il personale sanitario non medico che opera nelle asl, nelle aziende ospedaliere e negli enti della sanità pubblica. È ora di scioperare, ribadisce Di Silverio, per chiedere rispetto per le categorie professionali che tengono in piedi il sistema sanitario pubblico, che non è solo un costo su cui risparmiare: “È il momento di rispondere con durezza, dopo le offese, gli schiaffi e nessun ringraziamento. Se non quelli che ci portiamo ancora dietro come gagliardetti da una sindemia che ha distrutto non solo la gente, ma anche il sistema di cure pubblico”, conclude il segretario nazionale.

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