Cultura

Primina del Teatro alla Scala, parlano i ragazzi: “Non siamo una specie rara, una generazione a cui chiedere da chi abbiamo preso in prestito il vestito”

Marcello Lazzara, 22 anni, laureando in filosofia e insegnante di pianoforte e arrampicata, sulla Primina del teatro alla Scala di Milano che anticipa per gli under 30 l’inaugurazione del 7 dicembre con il “Don Carlo” di Verdi, esprime così il suo disappunto ed è stato il nostro "Virgilio" per la serata

di Simona Griggio

“Non siamo una specie rara da studiare con l’entusiasmo di intrepidi zoologi. Le benevole pacche sulle spalle e le domande sui vestiti rubati a mamma e papà non ci rappresentano”. Marcello Lazzara, 22 anni, laureando in filosofia e insegnante di pianoforte e arrampicata, sulla Primina del teatro alla Scala di Milano che anticipa per gli under 30 l’inaugurazione del 7 dicembre con il “Don Carlo” di Verdi, esprime così il suo disappunto. In un commento sul sito lapicciolettabarca.org prende di mira i pregiudizi dei ‘più adulti’ sulla generazione dei ventenni che vanno all’anteprima giovani. E si chiede: “Vi deciderete mai a condividere questo mondo con noi o continuerete a darcelo in prestito, dopo infinite raccomandazioni sul suo corretto utilizzo e per una sera soltanto, per poi riporlo con cura nel guardaroba del vostro controllo?”. Condividiamo volentieri. E lo coinvolgiamo a farci da “Virgilio” alla Primina del 3 dicembre. Ad accompagnarci, al di là delle domande su tubini, smoking e tabarri, alla scoperta del motivo che spinge un giovane studente, stagista o lavoratore ad appostarsi online per accaparrarsi i biglietti di un’opera lirica. Composta quasi duecento anni fa. Mentre tutti i ragazzi sono in coda per entrare al Piermarini, arriva con gli appunti delle domande, a sorpresa, sul taccuino a mano. Li ha scritti, ci spiega usando il ‘lei’ per scelta, sulla base di ciò che ritiene vogliano e possano dire i suoi coetanei. Sono domande spesse, che viaggiano oltre l’apparenza.

Ci intriga una coppia elegantissima, lei in cappotto nero con collo di pelo e lui con papillon. Sono Erika e Alex, studenti al Conservatorio Verdi di Milano, di 24 e 28 anni. L’impulso a chiedere informazioni sul guardaroba è automatico. Ma lasciamo la parola a lui. “Come si accorda il vostro interesse per la lirica con altri generi di musica che ascoltate?”, chiede. “Benissimo – rispondono – ascoltiamo soprattutto i classici della musica leggera italiana. Da Mina a Battisti fino a Vasco. Ma il melodramma è un’occasione speciale che richiede preparazione. Non puoi mica ascoltarlo in auto mentre viaggi”. Che significato ha riservare l’anteprima della stagione del Piermarini ai soli under 30? Marco, studente di lettere classiche ci dice: “E’ un modo importante di dire che anche i giovani contano qualcosa da un punto di vista culturale. Dedicare uno dei principali eventi musicali dell’anno ai più giovani è investire a colpo sicuro sul futuro”. Il gruppetto di ragazzi che sta per entrare nel foyer è affiatato. Devono essere compagni di scuola a giudicare dalla complicità. Sono tutti studenti della Cattolica di Milano in varie discipline, da economia a lettere.
“Come avete conosciuto l’opera lirica?” chiede Marcello. Risponde Gregorio, 19 anni: “Grazie a un lavoro svolto in classe alle superiori sul ‘Don Giovanni’ di Mozart”. Gli fa eco Davide: “Abbiamo saputo della primina dall’Università”. Aspettative? “Non ne abbiamo”. Poi aggiunge: “In verità l’unica aspettativa è poter vedere qualcosa dell’opera. Il posto che abbiamo ottenuto a fatica è in galleria”.

Ecco la nota dolente. L’accaparramento dei biglietti. Come si riesce ad averli? “Ci siamo messi online subito. Ma molti nostri amici sono rimasti esclusi. Sold out in pochi minuti”, conclude il gruppetto. Carola rivela: “Bisogna conoscere qualche trucco per riuscire ad accaparrarseli”. E aggiunge “E’ un peccato che non li vendano più fisicamente a teatro, si creava sempre una bella atmosfera facendo la coda fuori dalla biglietteria”. Sara e Davide, di 30 anni, lei impiegata nell’e-commerce e lui ricercatore universitario, si sfogano: “Vorremmo che la primina fosse estesa fino ai 35 anni. Per noi questa è l’ultima chance di assistere con soli 20 euro. Poi il biglietto costa troppo e oggi è difficile poter avere disponibilità economiche anche alla nostra età”.

Ci spostiamo nel foyer. Dove notiamo una coppia di ragazze un po’ timide. Mettono subito le mani avanti “Non siamo le persone giuste a cui fare domande”. Mi giro dall’altra parte per cercare altri spettatori ma Marcello si fa avanti: “Perché siete qui? Cosa vi porta alla Scala?”. Gli risponde Nausica, 24 anni, studentessa alla facoltà di medicina: “Questo non è solo un luogo di spettacolo. E’ l’occasione per scambiare idee e conoscere persone con cui si condividono interessi in un ambiente magico”. Le luci si abbassano, lo spettacolo sta per iniziare. C’è un’eleganza sobria, abiti da sera poco appariscenti e qualche smoking. Nessuno si fa i selfie. Marcello ci spiega che anche questo è un pregiudizio dei “più adulti”: pensare che i giovani siano tutti dipendenti dagli smartphone. Che vadano alla Scala per condividerlo sui social. In effetti ce lo conferma Marco, avvocato di 29 anni: “Altro che foto ricordo! Noi siamo qui per vivere un momento speciale non per fotografarlo. Anche solo entrare in questo teatro è un’esperienza”.

Preparazione sul “Don Carlo”? Ecco la risposta più frequente: “Ho letto solo la trama dell’opera”. Quando domandiamo quale genere contemporaneo possa avere lunga vita, come il melodramma ci risponde Tommaso, 22 anni: “Fatico a trovarne uno. Credo che gran parte della musica più ascoltata oggi sia asservita ai bisogni semplicistici del consumismo. Magari è banale ma vende”. Sul perché l’opera continui a suscitare passioni dopo secoli ci rispondono Cecilia e Francesco, studenti di lettere e comunicazione: “E’ unione di generi diversi, musica, canto e immagini. E’ arte senza tempo”. “Quindi non siete melomani in erba?”, chiedo. Sorridono: “Siamo solo curiosi”. Come Anna, avvocatessa appassionata di prosa per la prima volta alla Scala. Indossa un abito viola. Faccio notare che non è il colore perfetto per andare a una prima. “Non lo sapevo – spiega – sto facendo il trasloco ed era l’unico completo decente a portata di mano”. Poi specifica: “Di opera lirica non me ne intendo, mi concentrerò su regia e allestimento”. Cosa colpisce del “Don Darlo”? All’uscita tutti elogiano il dinamismo della scenografia, che trovano avvolgente ed evocativa, più tradizionale rispetto alle Prime degli anni passati. “Coerente con l’ambientazione e adatta ad asservire la musica” sostengono alcuni studenti di direzione d’orchestra del Conservatorio di Brescia. Martina, 23 anni, studentessa di storia, è entusiasta della scena dell’autodafé, la cerimonia del potere con tutto il coro presente: “E’ un vero e proprio tripudio di luci, suoni e colori”. Lunghi e scroscianti gli applausi. Argomentazioni ed espressioni pertinenti. Entusiasmo di aver partecipato all’anteprima di un evento internazionale. Marcello Lazzara aveva ragione: “Non siamo una generazione a cui chiedere da chi abbiamo preso in prestito il vestito”. Lanzichenecchi qui non ne abbiamo visti.

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