Le autorità israeliane stanno indagando sulla veridicità delle affermazioni contenute nello studio di due ricercatori statunitensi (Robert J. Jakson della New York University e Joshua Mitts della Colombia University) dal titolo “Trading on Terror?”. Stando alla ricerca alcuni investitori avrebbero potuto conoscere in anticipo il piano di Hamas per attaccare Israele il 7 ottobre 2023 e avrebbero quindi sfruttato tali informazioni per trarre profitto dai titoli israeliani, tramite vendite allo scoperto (ossia senza possederli, una tecnica che consente di guadagnare se le quotazioni scendono, ndr) configurando una sorta di reato di insider trading. “Giorni prima dell’attacco, alcuni trader sembravano muoversi anticipando quanto poi accaduto”, si legge nello studio in cui si cita l’estemporaneo interesse per l’MSCI Israel Exchange Traded Fund (ETF), un indice che replica la composizione della borsa di Tel Aviv, che “improvvisamente ha registrato un insolito picco di scambi” lunedì 2 ottobre con un calo di oltre il 7%.
“E subito prima dell’attacco, le vendite allo scoperto di titoli israeliani alla borsa di Tel Aviv sono aumentate sensibilmente”, si legge nel paper di 66 pagine. Per una società israeliana in particolare sono state vendute allo scoperto 4,43 milioni di azioni nei giorni antecedenti all’attacco, garantendo a chi ha mosso i titoli, profitti per 3,2 milioni di dollari. Le società che hanno registrato l’incremento più marcato di vendite allo scoperto nei giorni antecedenti all’attacco sono risultate essere Generation capital (+ 59% di vendite “naked”), Sella Real estate (+ 57%), la banca Leumi (+ 49%), Novolog (+ 39%) ed Energix (+ 30%). Va detto che lo studio non asserisce che a movimentare i titoli siano stati direttamente esponenti di Hamas né è in grado di fornire indicazioni sulla provenienza degli ordini ma si limita a tracciare una correlazione tra vendite ed informazioni privilegiate e riservati tra i successivi accadimenti.