“Mi chiamo Ivan Costantino, ho 31 anni, di mestiere faccio lo chef. E vivo in Australia da quattro anni”. In attesa del visto permanente, “ci vorrà ancora un anno”, il giovane cremonese, nato a Pizzighettone, non ha dubbi sulla sua scelta di vivere nella terra dei canguri, dall’altra parte del mondo. “Cosa ci si può aspettare in Italia dopo l’università? Il massimo a cui puoi aspirare – racconta Ivan a ilfattoquitidiano.it – è un tirocinio pagato una miseria, se vuoi rimanere nel settore per il quale hai studiato, o fare tutt’altra cosa. In Italia sembra che ti facciano un favore a pagarti, quando dappertutto dovrebbe essere la normalità”. Oggi Ivan, dopo aver iniziato come sous chef in un raffinato ristorante di Sydney, ne ha preso in mano la pasticceria e da oltre due anni è capo pasticcere. Lui che fin da piccolo amava stare in cucina. “Ho studiato alla scuola alberghiera, poi ho intrapreso la carriera nel mondo della ristorazione, via via lavorando in vari ristoranti in giro per il mondo”.
Dopo gli studi, Ivan ha cominciato a mettere da parte qualche soldo guadagnato con lavoretti saltuari. “E così ho potuto lanciarmi – dice il giovane chef – nella mia prima esperienza all’estero, in Germania”. Ivan, allora, aveva 1.000 euro in tasca e non conosceva alcuna lingua straniera. Sapeva che in Germania non sarebbe stato facile adattarsi, ma se il desiderio è “mettersi alla prova e maturare, nella vita e sul piano professionale, sempre di più, non c’è nulla di impossibile”. Dalla Germania alla Spagna, con un bagaglio di vita più ricco. Tre cose su tutte: una nuova esperienza lavorativa, lo studio di una lingua (il tedesco) e la capacità di adattarsi a vivere da solo”. Dalla Spagna a Malta, poi in Inghilterra, infine in Australia. Lingue e cucine differenti. In Australia Ivan pensava di rimanerci poco, il ‘solito’ anno di working holiday, e poi cambiare di nuovo nazione. Invece no: Sydney è fantastica, lo ha stregato e così ha cercato il modo di restarci a vivere. Non è stato facile: i visti sono cari e difficili da ottenere.
Tre sono i visti più appetibili e più accessibili: Working Holiday Visa (“in un anno devi fare tre mesi di lavori specifici richiesti dall’Australia, di solito si lavora nei campi”; Student Visa (“devi seguire corsi universitari, i cui costi arrivano anche a 10mila dollari”; Temporary Skill Shortage (“La richiesta di uno sponsor, la scelta che ho fatto”). Avendo già in un certo senso una professione, racconta Ivan a ilfattoquotidiano.it, “non avevo intenzione di andare a fare un altro lavoro o di mettermi a studiare e spendere tutti quei soldi. Perciò, mi sono buttato sull’ultima opzione. Dopo aver trovato un ristorante, che mi piaceva, che fosse disposto a sponsorizzarmi, ho dimostrato di avere tre anni di esperienza come chef, passato un esame di lingua inglese e pagato all’incirca 7 mila dollari. In questo modo ho ottenuto un visto di quattro anni”. Una vacanza nelle Filippine che Ivan si è regalato in epoca Covid (2020), tuttavia, complica i programmi: il lockdown non gli ha permesso di tornare in Australia. “Gli aeroporti dell’isola erano chiusi, i confini australiani pure e senza prospettive di imminenti riaperture”. “Dopo quattro mesi bloccato a Palawan (isola della Filippine) – racconta – siamo riusciti tramite una barca a vela a salpare per Manila navigando per quattro giorni in mare aperto”. Da Manila tramite un volo dedicato ai rimpatri, Ivan è tornato in Italia in attesa di tempi migliori. L’anno successivo, giunto a Sydney, è costretto ad una trafila burocratica, ulteriori spese e altri esami di lingua straniera, necessari in quanto la pandemia aveva interrotto l’iter per il riconoscimento del visto permanente. Dove la vita è differente, spiega il giovane, rispetto a quella che si conduce in Europa. A partire dal clima: “A Sydney, in particolare a Manly beach dove passo gran parte del mio tempo, si va dai 10 gradi d’inverno ai 30 d’estate. Il top”. Racconta ancora Ivan: “In Australia, la maggior parte degli abitanti ha genitori o nonni europei; la terra un tempo apparteneva agli aborigeni. Il Paese è quasi privo di patrimonio culturale, a differenza dell’Italia dove ovunque puoi trovare arte, monumenti, cultura, storia. Però abbiamo in compenso ottimi servizi, una buona economia e un lifestyle invidiabile”.
E sulla fuga dei cervelli dall’Italia, anche alla luce della recente indagine Istat che certifica come il Belpaese non sia più attraente per i giovani, Ivan la pensa così: “All’estero, parlo principalmente di Germania, Inghilterra o Australia, è del tutto normale firmare un contratto in regola con uno stipendio adeguato, ferie e giorni di malattia. Se non hai esperienza nel settore, cominci con uno stipendio più basso ma poi le persone che ti stanno intorno ti insegnano il lavoro. In Italia non è così. Quindi è del tutto normale che gli italiani cerchino di crescere professionalmente altrove. Mi auguro vivamente che le cose possano cambiare, ma ci vorrà molto, molto tempo”.