Attiviste e attivisti di Greenpeace sono entrati in azione questa mattina a Roma, presso il quartier generale di Eni, per denunciare “le conseguenze in termini di perdite di vite umane derivanti dall’uso di combustibili fossili da parte di nove grandi compagnie dell’oil&gas europee, tra cui la stessa Eni”. Gli ambientalisti hanno compiuto il blitz, arrampicandosi sulla torre dell’Eni, mentre alla Cop28 di Dubai era in corso la presentazione del report “Emissioni di oggi, morti di domani. Come le principali compagnie petrolifere e del gas europee mettono a rischio le nostre vite”.
Gli approfondimenti sono stati pubblicati da Greenpeace Paesi Bassi – spiega la ong nella nota – e “dimostrano come, prendendo in considerazione soltanto le emissioni di gas climalteranti del 2022, le nove grandi aziende europee del settore dell’oil&gas analizzate (Shell, TotalEnergies, Bp, Equinor, Eni, Repsol, Omv, Orlen, e Wintershall Dea) si renderebbero responsabili di 360mila decessi prematuri entro il 2100”.

Alcuni attivisti hanno scalato entrambi i lati del palazzo di Eni e aperto due enormi striscioni con la scritta “Today’s emissions=tomorrow’s deaths” (Le emissioni di oggi=le morti di domani), mentre sulle facciate della sede dell’azienda sono stati proiettati diversi messaggi, tra cui: “I combustibili fossili uccidono” e “Giustizia climatica ora”. In contemporanea, altri attivisti hanno collocato nei pressi della sede di Eni un’installazione di 8 metri di lunghezza con il messaggio “Eni’s legacy=climate deaths” (L’eredità di Eni=morti per il clima)”.

La cifra complessiva delle morti stimate, spiega Greenpeace nella nota, “è stata ottenuta attraverso un modello statistico, accettato dalla comunità scientifica, che calcola i decessi che potrebbero verificarsi entro la fine di questo secolo a causa delle emissioni del 2022 delle principali aziende dell’oil&gas europee”. “Non vogliamo che le emissioni di oggi si traducano in morti domani, chi ha inquinato paghi“, spiega Chiara Campione di Greenpeace Italia.

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