“Mi rivolgo agli uomini perché per primi dobbiamo essere agenti di cambiamento contro la violenza di genere. Parliamo agli altri maschi sfidando la cultura che tende a minimizzare la violenza da parte di uomini apparentemente normali”. Nel giorno del funerale di Giulia Cecchettin, uccisa a 22 anni dall’ex fidanzato, il papà Gino ha deciso di lanciare un messaggio innanzitutto agli uomini. Un messaggio simile alle parole usate dalla figlia Elena nei giorni scorsi, quando per prima ha accusato il patriarcato che permea ancora la nostra società. Parole molto forti e lucide, rivolte a chi uccide le donne, ma anche a tutti coloro che sottovalutano la violenza degli uomini. “Ci sono tante responsabilità”, ha continuato, “ma quella educativa ci coinvolge tutti: famiglie, scuole, mondo dell’informazione”. Proprio mentre parlava, è arrivato anche il pensiero di Sergio Mattarella: “Il valore e il rispetto della vita vanno riaffermati con determinazione in ogni ambito, circostanza e dimensione”, ha detto dal Quirinale citando i funerali della ragazza. Per l’ultimo saluto a Giulia Cecchettin, a Padova sono arrivate migliaia di persone che hanno assistito alla cerimonia dal maxi schermo montato davanti alla basilica di Santa Giustina. Tra i presenti, oltre ad amici e famigliari, anche il ministro della Giustizia Carlo Nordio e il presidente della Regione Luca Zaia. Ad abbracciare il papà Gino, anche Vincenzo Gualzetti, la cui figlia Chiara è stata uccisa tre anni fa. Tanti i cartelli e i messaggi di saluto: “Un raggio di sole rapito alla vita” recitava un cartello. All’esterno della Basilica, campeggiava anche una gigantografia della ragazza seduta su una altalena verde con tulle e fiori e la scritta “ti vogliamo bene”.
Il feretro è stato salutato da un lunghissimo applauso e poi da grida, campanelli e chiavi scosse verso il cielo per “fare rumore” contro la violenza. Di fronte alla folla, Gino Cecchettin si è stretto in un abbraccio commosso con i figli Elena e Davide. La famiglia si è quindi spostata nella chiesa della parrocchia di Saonara, dove si è svolta una cerimonia intima. Qui ha parlato anche la sorella: “Guardo il cielo e ti vedo in mezzo alle stelle, che fai a metà di un gelato con la mamma. Prima o poi ci rivedremo, lo prometto, ma fino a quel momento so che sarai con me, perché sei il mio angelo custode, perché in fin dei conti lo sei sempre stato”.
Il discorso del papà Gino Cecchettin – “Che la memoria di Giulia ci ispiri a lavorare insieme contro la violenza, che la sua morte sia la spinta per cambiare”, ha detto Gino Cecchettin nell’ultimo saluto. “Mia figlia Giulia era proprio come l’avete conosciuta, una giovane donna strapordinaria, allegra e vivace, mai sazia di imparare. Ha abbracciato la responsabilità della gestione familiare dopo la prematura perdita della sua amata mamma”, ha raccontato. Nel suo discorso in chiesa, il padre ha voluto parlare della violenza di genere e delle cause che si annidiano nella vita quotidiana di tutti noi. “Il femmincidio è spesso il risultato di una cultura che svaluta la vita donne, vittime di coloro che avrebbero dovuto amarle”, ha detto, “invece sono state vessate, costrette a lunghi periodi di abusi, fino a perdere la loro libertà, prima di perdere anche la vita. Come può accadere tutto questo. Com’è può essere successo a Giulia?“. Ecco che allora Gino Cecchettin si è rivolto agli uomini, perché siano “agenti di cambiamento”. E ha elencato quelle che sono le responsabilità, a partire dallo sforzo educativo che “coinvolge tutti”. Innanzitutto quindi, la scuola. Che “ha un ruolo fondamentale nella formazione dei nostri figli. Dobbiamo investire in programmi educativi che insegnino il rispetto reciproco, l’importanza delle relazioni sane e la capacità di gestire i conflitti in modo costruttivo per imparare ad affrontare le difficoltà senza ricorrere alla violenza. La prevenzione inizia nelle famiglie, ma continua nelle aule scolastiche, e dobbiamo assicurarci che le scuole siano luoghi sicuri e inclusivi per tutti”. Poi, i media “giocano un ruolo cruciale da svolgere in modo responsabile. La diffusione di notizie distorte e sensazionalistiche non solo alimenta un’atmosfera morbosa, dando spazio a sciacalli e complottisti, ma può anche contribuire a perpetuare comportamenti violenti”.
Per Cecchettin, tutti devono sentirsi chiamati in causa: “Chiamarsi fuori, cercare giustificazioni, difendere il patriarcato quando qualcuno ha la forza e la disperazione per chiamarlo col suo nome, trasformare le vittime in bersagli solo perché dicono qualcosa con cui magari non siamo d’accordo, non aiuta ad abbattere le barriere. Perché da questo tipo di violenza che è solo apparentemente personale e insensata si esce soltanto sentendoci tutti coinvolti. Anche quando sarebbe facile sentirsi assolti”. Una battaglia che, ha detto, deve unire tutti: “Alle istituzioni politiche chiedo di mettere da parte le differenze ideologiche per affrontare unitariamente il flagello della violenza di genere”. Perché, ha detto, “abbiamo bisogno di leggi e programmi educativi mirati a prevenire la violenza, a proteggere le vittime e a garantire che i colpevoli siano chiamati a rispondere delle loro azioni. Le forze dell’ordine devono essere dotate delle risorse necessarie per combattere attivamente questa piaga e degli strumenti per riconoscere il pericolo”.
Come ripete da giorni, Gino Cecchettin chiede che dalla morte della figlia possano nascere spinte nuove per cambiare nel profondo la società: “In questo momento di dolore e tristezza, dobbiamo trovare la forza di reagire, di trasformare questa tragedia in una spinta per il cambiamento. La vita di Giulia, la mia Giulia, ci è stata sottratta in modo crudele, ma la sua morte, può anzi deve essere il punto di svolta per porre fine alla terribile piaga della violenza sulle donne”. E ancora: “Grazie a tutti per essere qui oggi: che la memoria di Giulia ci ispiri a lavorare insieme per creare un mondo in cui nessuno debba mai temere per la propria vita”, ha continuato.
Il padre ha quindi scelto di leggere una poesia di Khalil Gibran: “Il vero amore non è né fisico né romantico. Il vero amore è l’accettazione di tutto ciò che è, è stato, sarà e non sarà. Le persone più felici non sono necessariamente coloro che hanno il meglio di tutto, ma coloro che traggono il meglio da ciò che hanno. La vita non è una questione di come sopravvivere alla tempesta, ma di come danzare nella pioggia”. Quindi Cecchettin ha chiuso il discorso con un messaggio di amore alla sua famiglia: “Cara Giulia, è giunto il momento di lasciarti andare. Salutaci la mamma. Ti penso abbracciata a lei e ho la speranza che, strette insieme, il vostro amore sia così forte da aiutare Elena, Davide e anche me non solo a sopravvivere a questa tempesta di dolore che ci ha travolto, ma anche ad imparare a danzare sotto la pioggia”. E ha chiuso: “Sì, noi tre che siamo rimasti vi promettiamo che, un po’ alla volta, impareremo a muovere passi di danza sotto questa pioggia. Cara Giulia, grazie, per questi 22 anni che abbiamo vissuto insieme e per l’immensa tenerezza che ci hai donato. Anch’io ti amo tanto e anche Elena e Davide ti adorano”, ha detto ancora il papà. “Io non so pregare, ma so sperare: ecco voglio sperare insieme a te e alla mamma, voglio sperare insieme a Elena e Davide e voglio sperare insieme a tutti voi qui presenti: voglio sperare che tutta questa pioggia di dolore fecondi il terreno delle nostre vite e voglio sperare che un giorno possa germogliare. E voglio sperare che produca il suo frutto d’amore, di perdono e di pace. Addio Giulia, amore mio“.
“Trasformare il dolore in impegno per l’edificazione di una società e un mondo migliori” – A celebrare la messa è stato il vescovo di Padova, monsignor Claudio Cipolla. “Il sorriso di Giulia mancherà al papà Gino, alla sorella Elena e al fratello Davide e a tutta la sua famiglia; mancherà agli amici ma anche a tutti noi perché il suo viso ci è divenuto caro”, ha detto nell’omelia. “Custodiamo però la sua voglia di vivere, le sue progettualità, le sue passioni. Le accogliamo in noi come quel germoglio di cui parla il profeta”. Il vescovo a parlato dei lunghi giorni in attesa di trovare il cadavere della ragazza: “Abbiamo desiderato e sperato di vedere e sentire cose diverse. Ed invece ora siamo qui, in molti, con gli occhi, anche quelli del cuore, pieni di lacrime e con gli orecchi bisognosi di essere dischiusi ad un ascolto nuovo“. Per questo, ha detto, servono ora più che mai “parole e gesti di sapienza che ci aiutino a non restare intrappolati dall’immane tragedia che si è consumata, per ritrovare anche solo un piccolo spiraglio di luce”. Dal dolore, ha detto ancora Cipolla, è necessario costruire un sentimento positivo: “La conclusione di questa storia lascia in noi amarezza, tristezza, a tratti anche rabbia ma quanto abbiamo vissuto ha reso evidente anche il desiderio di trasformare il dolore in impegno per l’edificazione di una società e un mondo migliori, che abbiano al centro il rispetto della persona e la salvaguardia dei diritti fondamentali di ciascuno, specie quello alla libera e responsabile definizione del proprio progetto di vita”.