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Olimpiadi 2026, il bob resta in Italia? Previste 50 tonnellate di ammoniaca. Così il governo vuole riesumare (per poco) la pista di Cesana

Il destino della pista da bob per le Olimpiadi Milano-Cortina 2026, con il tentativo di far restare in Italia tutte le gare, è affidato a 50 tonnellate di ammoniaca. È questa la quantità richiesta per far funzionare l’impianto di Cesana Pariol, in provincia di Torino, che venne utilizzato per i Giochi invernali del 2006. Dopo neppure sei anni fu abbandonato non solo perché troppo costoso, ma anche perché localizzato in una zona non propriamente felice, con esposizione a sud, ma anche lontana dai grandi flussi di turismo. Un elemento che aveva pesato sulla gestione post-olimpica era proprio l’impianto di creazione del freddo, con l’ammoniaca contenuta nella centrale e nell’impianto primario di refrigerazione. Ad esempio, serviva la presenza di una guardia 24 ore su 24, per vigilare sulla sicurezza e permettere un intervento tempestivo in caso di perdite. Anche questo aveva contribuito a un deficit di esercizio superiore al milione di euro.

Eppure è alla semplice rimessa in funzione di quell’impianto che si aggrappa il ministro dello sport, Andrea Abodi, principale sponsor della soluzione Cesana, dopo che il progetto di costruzione di una nuova pista a Cortina d’Ampezzo è stato depennato, visto che nessuna impresa ha risposto ai bandi di Infrastrutture Milano Cortina (Simico), la società che ha come amministratore delegato il commissario governativo Luigivalerio Sant’Andrea. Si svolge a Palazzo Chigi nel pomeriggio del 5 dicembre la “cabina di regia” alla presenza di ministri e rappresentanti degli enti coinvolti nell’organizzazione. Verrà illustrata una relazione tecnica redatta da Simico, che ha dovuto correre ai ripari dopo il tramonto dell’ipotesi Cortina, troppo costosa (124 milioni di euro) e impattante sull’ambiente.

Abodi ha espresso recentemente la sua posizione, che si intreccia con il lavoro dei tecnici di Simico, per rispondere alle richieste del Comitato Olimpico Internazionale. “Dobbiamo dimostrare che Cesana non solo esiste, ma funzionerà e la dimostrazione deve essere nella direzione della capacità di rifunzionalizzare la struttura che esiste”. È proprio da qui che parte l’indagine tecnica: dimostrare che l’impianto può essere messo in funzione, anche se i serbatoi di ammoniaca furono svuotati e rimossi quando venne dismesso. Simico ha effettuato una prova di funzionalità della centrale di produzione del freddo e di tenuta delle condutture per portare l’ammoniaca, visto che non funzionano da 12 anni. Si tratta di un sistema diretto, con refrigerante sia in sala macchine che lungo la pista. Sulla base dei risultati, sono stati stimati i costi dell’intervento e i tempi di realizzazione, calcolando per ciascuno i fattori di rischio. È la soluzione sicuramente più economica e che richiede lavori meno impegnativi. Si tratta di vedere se è fattibile.

Il dossier di Simico valuta anche la possibilità di utilizzare sistemi indiretti di produzione del freddo, in cui il refrigerante si trova solo all’interno della sala macchine. La quantità di ammoniaca o di refrigerante naturale scenderebbe così da 50 a 1-5 tonnellate. Questa la quantità stimata nell’impianto di Cortina. La conversione dal sistema diretto a quello indiretto comporterebbe però problemi tecnici e lavori più impegnativi. Era stata Simico a scriverlo un anno fa in uno studio comparativo: “Un’eventuale modifica dell’impianto di refrigerazione, con l’utilizzo di altro fluido vettore in sostituzione della ammoniaca all’interno delle tubazioni esistenti, non offre garanzia sulla effettiva efficacia della misura. Una sostituzione delle tubazioni con altre dimensionate per un diverso fluido vettore comporterebbe una sostanziale demolizione della pista”. In questo caso i costi crescerebbero e i tempi dei lavori si allungherebbero, mentre rimane inderogabile la data di gennaio-febbraio 2025 per i test di collaudo richiesti dal Cio.

La cabina di regia si trova, quindi, di fronte a un ventaglio di rischi di fattibilità (e costi) per ognuna delle ipotesi proposte. Decidendo se dare il via libera a Cesana, va considerato anche il dopo-Olimpiade, ovvero che l’impianto non faccia la fine di Torino 2006. È uno dei requisiti chiesti dal Cio. Abodi ha spiegato: “C’è un tema che andrà risolto dopo, cioè l’alimentazione dell’impianto di raffreddamento che per il momento potrebbe essere accettato per come è”.

Dopo la “cabina di regia” toccherà a Fondazione Milano-Cortina, che si occupa della gestione delle Olimpiadi. Lì si svolgerà un’altra battaglia, che vedrà impegnato il governatore del Veneto Luca Zaia, il quale chiederà compensazioni per il fatto che Cortina ha perso le gare di bob. Ha detto di volere il trasferimento di qualche gara dalla Lombardia al Veneto, ma Attilio Fontana, leghista come lui, e Giuseppe Sala, sindaco di Milano, gli hanno risposto che non se ne parla. Il Veneto deve accontentarsi di sci femminile e curling. Assindustria di Belluno ha già minacciato cause per danni, una mossa che sostiene le richieste di Zaia, in un braccio di ferro tutto interno alla politica.