Nel 2022 ricorreva il 50esimo anniversario della Convenzione Unesco sul Patrimonio Mondiale e Italia Nostra ha pensato di approfittare dell’occasione per uno studio approfondito sulla situazione dei siti italiani inseriti nella World Heritage List (WHL). È stato promosso un rilevamento che ha coinvolto 28 sezioni, monitorato 33 siti Unesco e fornito un’analisi sia qualitativa che quantitativa sulle minacce alla tutela, gli impatti sociali e le ricadute dei Piani di Gestione. Quindici siti analizzati riguardano le città d’arte, sia i centri storici che significative buffer zone intorno a complessi monumentali inseriti nella WHL, e precisamente: Venezia, Roma, Firenze, Napoli, Genova, Palermo, Verona, Ferrara, San Giminiano, Pienza, Caserta, Modena, Pisa, Vicenza e Val di Noto.
Dall’analisi è emerso che le minacce più rilevanti per queste città sono l’urbanizzazione, la cementificazione e l’abusivismo che, combinate con l’assenza di pianificazione paesaggistica, fotografa in maniera plastica come gli interessi della rendita fondiaria siano il rischio maggiore per il Patrimonio culturale. In alcune aree del Paese, le speculazioni edilizie e il fenomeno dell’abusivismo continuano ad essere la principale minaccia: si pensi a Tivoli e ai tentativi di realizzare lottizzazioni in prossimità di Villa Adriana o gli abusi ad Agrigento a ridosso della Valle dei Templi. A queste si aggiungono l’occupazione del suolo pubblico con i dehors, le demolizioni e ricostruzioni di edifici anziché il restauro e i cambi di destinazione d’uso degli immobili. Altra minaccia è rappresentata dall’inserimento di impattanti infrastrutture trasportistiche: non solo la Metro C a Roma, ma anche la costruzione del devastante nuovo sistema tranviario di Firenze, o l’ampliamento dell’aeroporto di Venezia Tessera e una bretella di collegamento ferroviario proprio ai margini della laguna.
Spesso i cittadini non comprendono come sia possibile che i siti Unesco manchino di tutele capaci di conservarne e tramandarne i valori culturali alle future generazioni. Va ricordato, però, che il riconoscimento del Patrimonio dell’Umanità non ha valore prescrittivo/normativo, in quanto parere solo facoltativo non vincolante. L’Unesco non ha la titolarità della tutela dei beni iscritti nella WHL, che spetta unicamente agli organi di tutela degli stati membri: per l’Italia si tratta del Ministero della Cultura e, per quanto attiene alla gestione, agli Enti Locali attraverso. Il comitato Unesco, però, può esercitare una moral suasion significativa con la sua Lista dei siti in pericolo ma non sempre, per motivi di diplomazia, ottiene i voti necessari per l’iscrizione di un sito nella Danger List (si veda l’esempio di Venezia e la sua Laguna).
Si arriva così al paradosso dei centri storici delle città d’arte italiane che non hanno tutele specifiche, come il Centro storico di Roma. Il Piano Territoriale Paesaggistico Regionale del Lazio riconosce il sito Unesco di Roma come bene costituito dall’insediamento storico urbano ma non gli attribuisce la tutela del vincolo paesistico che invece viene attribuita a tutti gli altri centri storici della regione: un cortocircuito che determina la mancanza di tutela proprio per il centro storico Unesco. Anche a Napoli, sono recentemente scoppiate delle polemiche e i comitati cittadini hanno chiesto la rimozione della targa che ricorda l’istituzione del sito Unesco, denunciando l’incuria e lo stato di abbandono in cui si trova il Centro storico e l’inefficacia delle tutele. Eppure, i siti hanno tutti un Piano di Gestione, redatto a cura delle amministrazioni locali e finanziato dall’Unesco, che dovrebbe sovrintendere alla conservazione e definizione degli obiettivi strategici da attuare… peccato che, essendo privi di valore normativo, rimangano spesso sulla carta.
Appunto per segnalare questa discrasia, il 27 novembre, in occasione della riunione al Palazzo reale di Napoli dei Ministri della Cultura dei 195 stati membri dell’Unesco, dedicata al ‘Patrimonio Culturale nel XXI secolo”, Italia Nostra ha organizzato un evento “parallelo” dal titolo “L’altra faccia della medaglia: a cosa serve Unesco?” per ragionare sui centri storici di Napoli, Roma, Firenze, Venezia, etc. e proporre possibili soluzioni. Perché non basta vantarsi di essere una “superpotenza culturale”, come non mancano mai di sottolineare i politici succedutesi ai vertici del Ministero dalla Cultura. Italia Nostra propone di assorbire il riconoscimento nelle disposizioni di tutela del Codice dei Beni culturali e del Paesaggio (L.42/2004). Nel suo intervento dalla platea della giornata finale della riunione che si è svolta al Palazzo Reale, il Vicepresidente di Italia Nostra, Luigi De Falco, ha individuato nell’art. 142 (aree tutelate per legge) il dispositivo più semplice ed efficace.
La ricerca chiedeva anche di valutare gli impatti sociali. Il riconoscimento Unesco, soprattutto per i luoghi meno conosciuti, appare come una vera e propria azione di marketing territoriale che, spesso, è ben accolta dalle popolazioni locali nella speranza che il riconoscimento internazionale produca benefici economici. Per i cosiddetti grandi attrattori, per le città d’arte e per le mete turistiche consolidate, il bollino Unesco è, invece, quasi sempre ininfluente e gli impatti sociali inesistenti. Sicuramente negativa è invece la percezione di chi subisce l’overturism, come le città d’arte incluse nei circuiti turistici di massa, croceristici e Low Cost. Emblematico il caso limite di Venezia, dove la pressione turistica ha prodotto lo spopolamento drammatico della città, che nel 1951 contava ancora 174.808 abitanti mentre oggi è scesa sotto i 50.000 ufficiali (ma molto meno se non si considerano le residenze fiscali).
La questione dell’eccesso di turismo e della “gentrificazione” dei centri storici è stata affrontata anche dai delegati Unesco a Napoli, con la redazione di una carta dal titolo “Lo spirito di Napoli” che pare finalmente affrontare il rapporto tra patrimonio materiale e immateriale e la tutela della residenzialità. Affinché il bollino Unesco non sia un “bacio della morte” per le città d’arte italiane, occorre intervenire rapidamente introducendo una adeguata regolamentazione dell’accoglienza nei B&B e nelle case vacanze: nel centro storico di Napoli, per esempio, è in corso un processo di espulsione dei residenti legato alla bolla speculativa sugli affitti turistici, con 12mila sfratti nel 2022 e, specularmente, 10.00 appartamenti in offerta sulla piattaforma di Airbnb.