Alcuni studenti tunisini avevano iniziato a programmare l’esperienza di studio in Italia già dallo scorso anno, prenotando con largo anticipo il volo per Roma o Milano, o addirittura fermando il posto in studentato per non ritrovarsi all’ultimo minuto senza un alloggio sicuro. Ma per centinaia di loro ogni sforzo organizzativo è stato vano perché sono bastati pochi minuti di colloquio con il personale dell’ambasciata italiana affinché venisse loro rifiutato il visto per studio e fossero stravolti i loro piani.

Le ragioni del diniego sono le più disparate e includono aspetti che in Italia non hanno nulla a che vedere con la scelta di intraprendere o meno una carriera universitaria. Leggendo le lettere di rifiuto mostrate dagli studenti a Ilfattoquotidiano.it, una delle discriminanti usate con più frequenza per giustificare il rigetto è quella dell’età: alcuni studenti tra i 26 e i 40 anni sono stati considerati troppo vecchi per rimettersi sui libri. “Ma da quando c’è un limite anagrafico per studiare?”, si chiede retoricamente Nidhal Barhoumi, il rappresentante del comitato studentesco che lunedì ha protestato davanti all’ambasciata tricolore per chiedere un confronto. “L’ambasciata italiana ha negato il visto entrando anche nel merito del percorso formativo che il candidato avrebbe iniziato in Italia, giudicandolo in alcuni casi ‘non coerente’ con gli studi precedenti e in altri casi invece troppo simile agli studi già effettuati. L’impressione di tutti noi è quindi che non esistano dei criteri chiari e che la concessione del visto dipenda da fattori del tutto arbitrari”.

Nella folla di circa un centinaio di studenti che lunedì si sono dati appuntamento per ottenere risposte, sono state molte le voci pronte a confermare l’ambiguità delle procedure del colloquio. “Alcuni candidati sono stati trattenuti per trenta minuti, altri per trenta secondi. Spesso le domande non avevano nulla a che vedere con lo studio, ma erano personali. A me, per esempio, è stato chiesto come mai fossi divorziata, quanti figli avessi, se progettassi di trovare un marito in Italia”, racconta una donna a Ilfattoquotidiano.it. Un’altra ragazza ha detto che le è stato chiesto “se fosse innamorata”, ad altri ancora sono state chieste opinioni sulla questione palestinese o domande sulla loro intenzione di restare o meno in Italia una volta terminato il ciclo di studi. “Ma è un trabocchetto. Se rispondi di sì ti viene negato il visto, se rispondi di no ti viene negato comunque perché insinuano che stai mentendo”, spiega ancora Nidhal. “La cosa assurda è che il governo italiano parla di voler fermare l’immigrazione clandestina, di voler facilitare gli ingressi regolari. E invece, nei fatti, ostacolano le persone che hanno investito tempo, soldi e impegno per fare tutto in modo corretto”.

Sentita da Ilfattoquotidiano.it, l’ambasciata ha negato che siano state poste domande personali o politiche durante i colloqui e ha assicurato che il confronto mirasse a esaminare la “coerenza del percorso di studio del candidato rispetto a quello che si intende affrontare in Italia, la veridicità dei titoli di studio richiesti per l’iscrizione alle Università in Italia, gli adeguati mezzi economici di sostentamento, per effettuare una valutazione del rischio di immigrazione illegale”. Non ha tuttavia chiarito come questi parametri vengano misurati, né perché il requisito dell’età sia stato usato per rigettare centinaia di domande nonostante un limite di anzianità non sia ufficializzato da nessuna parte e i candidati non potevano dunque esserne al corrente prima di investire tempo e denaro in questo percorso.

Gli studenti hanno detto che è il primo anno in cui si sono trovati ad affrontare questo tipo di colloqui. Anche l’ambasciata ha confermato che solo a partire dal 2023 l’intervista è stata estesa a tutti i candidati, “alla luce dell’aumentato rischio migratorio dalla Tunisia”. In passato, era opzionale per i casi in cui dalla “documentazione emergesse un quadro inequivocabilmente chiaro circa la coerenza del percorso di studio e la veridicità della richiesta”.

Fino al 2022 era sufficiente presentare l’elenco di documenti pubblicato sul sito ufficiale dell’ambasciata italiana, che include l’assicurazione sanitaria, la conferma di preiscrizione all’Università e la conseguente accettazione da parte dell’Ateneo, la prenotazione del biglietto aereo e la garanzia di un posto in cui alloggiare. “Per noi è una mancanza di rispetto da parte del governo italiano, ci sono persone che hanno smesso di lavorare per dedicarsi esclusivamente al perseguimento di questo obiettivo”, spiega un ragazzo di 26 anni, anche lui tra quelli che tra le cause di rifiuto si è visto menzionare il fattore dell’età. “Ero convinto che questo colloquio fosse una formalità. Ho speso 250 euro per il volo pensando che non ci sarebbero stati problemi. Invece ho buttato via un sacco di soldi”.

Ai soldi persi per l’aereo, vanno sommati quelli per i corsi e i test linguistici e quelli per effettuare la preiscrizione alle università. “I colloqui sono cominciati a settembre e sono in corso anche in questi giorni, ma le lezioni sono iniziate a ottobre. Calcolando che ormai in Italia mancano pochi giorni alle vacanze invernali, significa che anche gli studenti che sono riusciti a ottenere il visto hanno perso il primo semestre. Sono stati creati ritardi a catena. Diverse persone hanno dovuto rinunciare alla richiesta della borsa di studio perché nell’attesa del visto erano ormai scaduti i termini per farne richiesta – conclude Nidhal – Continueremo a protestare finché non otterremo un risarcimento che includa l’ottenimento del visto, la borsa di studio che non abbiamo potuto richiedere e la copertura dell’alloggio che abbiamo perso”. Sulla questione del ritardo l’ambasciata ha detto che gli studenti avevano la possibilità di presentare le domande di visto fino al 30 novembre, e che dunque “è assolutamente normale e fisiologico che una parte di essi si immatricoli a corsi iniziati”.

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Questo articolo è stato aggiornato l’8 dicembre 2023

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